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ANGOLO DEL TIFOSO JUVE – Belli dentro
Non ho mai amato le mezze misure, in nessun ambito della vita. Sarà per questo che sono juventina, o è bianco o è nero, o è giorno o è notte, o è bello o è brutto. E questo, signori miei, non è brutto. Questo fa quasi schifo.
Ci vediamo all’Olimpico, sessantamila cuori caldi dentro e congelati dalla notte romana fuori, tra di loro ottomila juventini che non aspettano altro che di rivedere lo spumeggiante atteggiamento visto la scorsa settimana contro il Cagliari. Temerari loro.
In effetti abbiamo bisogno di un paio di minuti per metter dentro il primo goal della partita: Merih Demiral, ormai fido scudiero di Leo Bonucci davanti alla porta di Szczesny, allunga la gamba e mette dentro il goal, prolungando la punizione tirata da Dybala. Nulla di strano fin qui, due minuti e goal, siamo già proiettati verso Istanbul e niente ci fermerà, nemmeno i Power Rangers.
E che dire invece del rigore che lo stesso Dybala si procura, trasformato dal solito Cristiano che ormai si è abituato a saltare con la giravolta all’Olimpico, manco fosse il salotto di casa sua? Stiamo già bevendo lo champagne dalla Coppa, ridiamo in faccia a mezza Europa, ebbri della gioia che solo dieci minuti e due goal sanno regalare.
Peccato per i restanti ottanta e rotti minuti. Non otto, ottanta.
Come posso spiegarvi in maniera figurata: certo, la Roma non dà minimamente problemi, se non quando Dzeko decide di svegliarsi, ma ciò accade solo verso il settantesimo abbondante.
La caratura dell’avversario al momento non ci preoccupa. Ciò che ci preoccupa è che, al posto di undici – facciamo dieci giocatori – (escludendo Szczesny che pure ha le sue colpe su un paio di rinvii che veramente mi fanno credere in un principio di presbiopia), io vedo undici birilli. Immobili, slegati, ognuno per fatti suoi, che si accendono solo se qualcuno gli sbatte contro, letteralmente.
Unica nota di gioia: Paulo Dybala anche stasera mi fa godere del suo puro e cristallino talento nell’utilizzo dei piedi, che definirei un aspetto fondamentale per l’avvio della carriera di calciatore. Cosa da suggerire all’ottimo Alex Sandro che, in forza del rientro di De Ligt, si sente autorizzato ad un bel bagher in area che permette a Perotti di fregarci il clean sheet, mai una gioia.
Che poi ci vorrebbe mettere il marchio anche il mio cuore infinito che risponde al nome di Higuain Gonzalo Gerardo, peccato per il fuorigioco di mezza Goleador. E te la potevi mangiare Gonzalone mio.
Intanto, note di dolore. Che poi sono ragazzi, hanno un anno di differenza. Demiral e Zaniolo a terra in lacrime, dopo un goal l’uno e dopo aver dribblato non so quanti giocatori l’altro, mi fanno ancora di più innervosire nei confronti di chi, in quel campo, ci ha comodamente camminato per novanta minuti.
Rabiot: che cosa vogliamo fare figlio mio? Due cose buone e tre cattive non sono affatto una buona media. Tentiamo almeno di pareggiare, restiamo amici fino a fine stagione e poi vediamo con chi parlare.
Mister Sarri: la settimana scorsa volavo sulle ali della libertà, questa sera ho sonno, sono stanca e sfinita come se avessi appena terminato il veglione di Capodanno sui tacchi 12. Noi abbiamo delle coronarie che vorremmo portare quantomeno alla prossima finale di Champions, ma di questo passo penso che possiamo stare tranquilli perché a Maggio ci saremo già fatti dieci giorni di Dubai, o Seychelles, fai tu, va bene pure Poggibonsi.
Comunque, cinque anni di Allegri mi hanno insegnato che brutto non è sempre così brutto se alla fine porti a casa il risultato. E in questo marasma in cui, dopo mesi e mesi, ancora non riusciamo a capire quale faccia abbiamo e di che pasta siamo fatti, facciamo che mi tengo volentieri gli insegnamenti di mister Allegri, e un sorrisetto in questa fredda serata romana riesco a tirarlo fuori lo stesso, alla faccia dell’altro Mister che allena alla Pinetina.