Approfondimenti
ZONA CESARINI – Nakapito Nakaponzio
È dura articolare un discorso di senso compiuto, partendo dal titolo.
NACAPITO
In slang romanesco è contrazione di Anacapito che letteralmente significa “non hai capito”. In verità, viene spesso usato in tono aggressivo durante concitata discussione, come a significare: “Guarda, temo tu non abbia compreso le mie ragioni, indi ragion per cui fai maggiore attenzione o dovrò passare alle percosse“, anche se spesso al Nacapito le percosse sono già in stampa.
NACAPONZIO
Non ha alcun significato letterale. Venne usato chissà quando per rafforzare il Nacapito, in un detto romanesco, atto a distinguere il vero romano dai cosiddetti “burini”: Nacapito nacaponzio, sò de Roma e no de Anzio. Quindi semplice assonanza.
Ma da lì si è esteso e di solito serve ad ammorbidire il Nacapito. Per intenderci, se un romano ti dice “Nacapito Nacaponzio” la frase è tipo: “Guarda, temo tu non abbia compreso le mie ragioni, indi ragion per cui dovresti fare maggiore attenzione e dovrei passare alle percosse, ma siccome capisco che tu madre per farti capire le favole te doveva fà vedè le figure, ti perdono”.
NAKATA
A Roma, in quel mercato di riparazione, gennaio 2001, arriva l’oggetto più misterioso del mondo. Un funambolico giapponesino, sorpresa del Perugia: Hidetoshi (Hide) Nakata, classe ’77. Il suo arrivo è permesso da un ampliamento della regola sugli stranieri, di pochi giorni prima, tanto che la Juventus si lamenterà spesso del fatto che la legge fosse fatta per i giallorossi. Forse sentirli lamentare vale più dello scudetto, vi dirò.
Classe cristallina, numero dieci come oggi ce ne sono pochi, arriva a fare la riserva di Totti e cambia la storia. Il 6 maggio del 2001 la Roma è sotto 2 a 0 a Torino e il titolo è in pericolo. Nel secondo tempo, il piccolo Shogun subentra al Capitano e, in pochi minuti, prima infila sotto l’incrocio un fendente da fuori area e poi costringe Van Der Sar all’errore, con Montella a ribadire.
Per sempre il giapponese rimarrà nei cuori giallorossi, per la sua bravura, le sue giocate, ma anche la sua serietà e spensieratezza. Giocava a calcio non perchè lo amasse più di altro, ma perchè lo sapeva fare e gli procurava i soldi per le sue altre passioni, come i viaggi e la moda, infatti lascerà presto i campi per seguirle.
Leggenda racconta che nello spogliatoio dopo Roma-Parma, lui fosse lì seduto, rapito a guardare il delirio che si stava scatenando, sempre calmo e salomonico, tanto da costringere SuperMarco Del Vecchio a gridargli: “A Hide! Scusa se abbiamo vinto lo scudetto!”
Tanto amato che la curva gli dedicherà un coro inarrivabile, per poesia e gioco di parole, degno di quello che siamo, figli di Pasquino e di Trilussa:
NAKAPITO NAKAPONZIO, NOI C’AVEMO NAKATA
sublime