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Napoli, Gattuso: “La chiama di De Laurentiis mi ha sorpreso”
Il tecnico del Napoli, Gennaro Gattuso è stato partecipe ad uno speciale su Sky Sport. Ecco le sue parole nell’intervista:
“Vincere dei trofei? Mi interessa avere un mio stile, una coerenza e credibilità. Voglio che i miei giocatori mi seguano”,
Il Gattuso allenatore: “La carriera da centrocampista mi aiuta nelle dinamiche di ogni giorno, ma fare il coach è un lavoro completamente diverso. Non basta aver giocato e neanche averlo fatto a certi livelli, perché il calcio è cambiato molto, come anche la metodologia. La grinta resta, quella sì: è una mia caratteristica, ma ora è una grinta diverse, perché bisogna anche essere riflessivi e conoscere i singoli giocatori caratterialmente. All’inizio sbagliavo, perché pensavo che i calciatori fossero tutti uguali: non è così, ognuno è diverso ed ha una diversa chiave di lettura. Inoltre, negli staff ci sono quindici persone, più tante altre da gestire. Le rose sono di venticinque giocatori, senza dimenticare le decine di fisioterapisti. L’allenatore, ormai, deve dare una linea guida a 70-80 persone: non è facile, bisogna essere bravi a farsi capire subito. La squadra non è solo quella che scende in campo la domenica”.
Su Carlo Ancelotti ha invece affermato: “E’ sempre stato un punto di riferimento per me: sia quando giocavo sia quando ho iniziato ad allenare. Tra noi due c’è profondo. Ho preso il suo posto? E’ successo un qualcosa di strano, ma il rispetto resta. Carlo mi ha lasciato una grande squadra, tuttora ci sentiamo. L’amicizia tra noi non è cambiata. Nel calcio purtroppo è sempre l’allenatore a pagare, quando i risultati non arrivano. Seguirlo? Uno come Carlo non lo si può seguire, si fanno solo danni se si vuole imitare qualcuno così. Carlo ha dentro di sé una grande dote nel gestire gli spogliatoi, è da vent’anni che riesce ad entrare nella testa dei giocatori. Eravamo padre-figlio ad un certo punto, non giocatore-allenatore e, se ho fatto quello che ho fatto, tanti meriti vanno a lui”.
Sull’avventura a Napoli: “Sapevo che stavo approdando in un grande club, una società che negli ultimi otto anni è diventata uno delle prime al mondo. La chiamata di Aurelio De Laurentiis mi ha colpito, devo ammettere che non me l’aspettavo. Conoscevo ben il valore di Carlo e per me è stato un orgoglio venire ad allenare qui. Ne sono sempre stato contento, seppur conscio delle difficoltà. Allenare questi giocatori e lavorare in una città come Napoli mi trasmette grande carica e soddisfazione. Quando andrò via, un giorno, vorrò essere ricordato per la mia serietà, per la voglia e per aver fatto qualcosa di importante. Gli idoli devono però essere i giocatori, perché sono sempre loro che vanno in campo”.