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IO RESTO #ACASACONVLAD – Realtà e finzione cinematografica: da un Papa a un altro

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In questi giorni sospesi e incerti che ricorderemo sempre, siamo costretti a fare i conti con tante cose. Con le restrizioni, con la paura, con la rabbia, con le regole e con una nuova forma di quotidianità alla quale ci siamo dovuti frettolosamente abituare.

Le nostre giornate sono dilatate in un tempo che ruota attorno a pochi momenti fissi: i pasti, i tg, il bollettino delle diciotto e le varie dirette di Conte. Molti lavorano da casa, molti non lavorano. E, comunque, ciascuno deve rimanere nella propria abitazione, perchè l’unica forma di contrasto a questo virus pare essere il distanziamento sociale.

Tutto è fermo. Siamo in pausa. Eppure, mai come adesso, possiamo essere più attivi. Siamo lontani. Eppure mai come adesso, possiamo essere più vicini. Forse, mai così tanto.

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Molti si ritrovano da soli ad affrontare queste che non sono più solo singole giornate ma che stanno diventando settimane, mesi. E tanti sono abituati a gestire la propria solitudine. Soprattutto chi ha avuto modo di sceglierla e non subirla.

Una solitudine “piena” che è stata così fortememte evocata dall’immagine del Papa, solo in una piazza immensa. Un’immagine impattante, non solo per i credenti ma forse ancor più per chi, come me, non crede. Un’immagine che ci obbliga a fare i conti con la dimensione del vuoto. Un’immagine che, inizialmente, amplifica la sensazione negativa di smarrimento di ciascuno di noi ma che poi, osservandola bene, trasmette positività perchè intrisa di speranza.

Il vuoto può essere bellezza. Dipende da come si decide di riempirlo. E la forza di questa immagine sta proprio qui. Nel fatto che Papa Francesco questo vuoto abbia scelto di non nasconderlo ma di sottolinearlo. Lui, solo come noi, lontano come noi, a ricordarci di avere fede. Ossia di non smettere di sperare e di credere. In qualcosa. Perchè il concetto va molto al di là di un discorso specificatamente religioso.

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Avere fede è credere. Assecondare la vita per come va, in alcuni momenti. Accettare le nostre contraddizioni, la nostra luce e la nostra ombra, la nostra inadeguatezza e la bellezza della nostra fragilità.

Accogliere un vuoto che consente di trovare nuove forme e nuovi significati di pieno e che ci porta a comprendere che l’unica forma di salvezza, oggi, è vivere questa attesa come un momento non passivo ma attivo. Con la curiosità e il desiderio di riempire di senso e di bellezza ogni singolo momento.  In una ricerca che, forse, mai come adesso possiamo sperimentare davvero.

E dunque, se dobbiamo restare dove siamo (quindi a casa), guardare un film, leggere un libro o ascoltare musica ci daranno sempre un posto diverso dove andare.

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Così, dalle immagini reali di Papa Francesco, passiamo alle immagini cinematografiche di un altro Papa. E parliamo di “The New Pope” di quel genio di Sorrentino che ha la capacità di lasciare, dopo ogni sua produzione, cinematografica o letteraria che sia, un’infinità di sensazioni ed emozioni. E in un finale così intenso, estremo, dissacrante, ironico, romantico, vero, come quello di questa serie, per un attimo, riusciamo a non pensare a tutto quello che c’è intorno.

Perchè Sorrentino ha la capacità di scorgere bellezza anche dove pare non essercene affatto. Perchè nella sua evoluzione costante ci insegna che non esistono verità assolute ma possibilità e, soprattutto, che la perfezione stanca.

Per questo, forse, ci regala personaggi così diversi fra loro, costruiti in modo magistrale sui dettagli e sulle sfumature psicologiche e caratteriali. Concreti, goffamente poetici, attratti dal potere, ambiziosi (“come tutte le persone intelligenti” dirà uno di loro), manipolatori, furbi, anche banali ma, soprattutto, fragili e imperfetti: dunque, umani.

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In un trionfo estremo di bellezza di dialoghi, di fotografia, di musica, di scenografia, di estetica, di sensi, Sorrentino cede a quelle che il suo Papa definirà le due tentazioni più grandi: l’estasi e la follia. Il tutto in una profondità emotiva senza pari che non consente alle nostre parti oscure di nascondersi ma che le fa emergere e con le quali, in fondo, ci fa riappacificare.

E così, in tanta bellezza, emerge ancora la grande passione di Sorrentino (non solo sua, a onor del vero) per il Napoli.

Come dimenticare il ringraziamento a Maradona nel corso della premiazione agli Oscar del 2014 per “La grande bellezza“. Maradona cui, poi, farà riferimento anche nel film “Youth“.

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Ma il retroscena più singolare è legato proprio alla serie “The New Pope“. Pare infatti che il regista napoletano abbia deciso di tagliare una scena nella quale il cardinale Voiello festeggiava lo scudetto della sua amata squadra. Semplicemente per scaramanzia, perché non voleva portare sfortuna agli azzurri.

Anche Voiello, come Silvio Orlando che lo interpreta, è tifosissimo del Napoli e sarà proprio lui a dichiarare: “Non ho molta familiarità per le dipendenze, a parte il Napoli“. Del resto, come dargli torto: l’amore è così, ci fa perdere il controllo. Anche il San Paolo ha omaggiato il Cardinale Voiello, esibendo uno striscione con scritto: “Voiello uno di noi” che, a detta dello stesso attore napoletano, per lui varrebbe più del Nobel per Dylan.

Voiello, che Silvio Orlando definisce come “un’emanazione del cervello malato di Sorrentino“, è probabilmente il personaggio più bello perchè, nella sua imperfezione e nei suoi contrasti, è incredibilmente vicino a tutti noi: è un uomo comune. “Lui non fa la cosa giusta ma la cosa necessaria“.

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Voiello riesce a farti credere in Dio e a tifare, per simpatia più che altro, per il Napoli. Lui che, davanti ad un miracolo, ha una sola domanda da porre, se il Napoli ha speranza di vincere la Champion o il Campionato“.

Perchè, in fondo, come sottolinea nel corso di un’intervista lo stesso Silvio Orlando: “il calcio è sempre incarnazione di un sentimento popolare che a volte ci indica un modo diverso di stare al mondo“.

Ma perchè Sorrentino è tanto tifoso del Napoli e di Maradona? “Il Napoli e Maradona mi hanno salvato la vita“, dirà in diverse interviste. A 16 anni, quando aveva finalmente ottenuto il consenso di seguire la sua squadra in trasferta ad Empoli nel weekend, invece di recarsi coi genitori nella casa di Roccaraso, fu avvisato dell’incidente che provocò la morte accidentale dei suoi nel sonno, a causa di una stufa. “Certi dolori condizionano la vita. Il dolore porta ad una trasformazione intelligente: da un lato toglie, dall’altro dà“.

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Trasformazione che sicuramente subiremo alla fine di questo tempo di quarantena.

Da un Papa a un altro. Da un estremo all’altro. Dalla realtà alla finzione cinematografica. Con la consapevolezza che “l’esperienza del vuoto è la tentazione mistica del non credente, la sua possibilità di preghiera, il suo momento di pienezza“.

 

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