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ESCLUSIVA #LBDV – Di Napoli a ‘#ACasaConVlad’: “L’Inter tra i rimpianti della mia carriera. Messina e Salernitana piazze che sono nel mio cuore”

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Ospite d’eccezione quest’oggi nel corso di #ACasaConVlad, appuntamento social de Le Bombe Di Vlad.

Trattasi di Arturo Di Napoli, ex Napoli ed Inter tra le altre, che ha rilasciato alcune dichiarazioni nel corso della diretta Instagram.

Di seguito riportiamo l’intervista completa.

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Come stai vivendo questo momento così difficile per tutti?

Non benissimo, la quarantena dalle mie parti è iniziata molto prima. Spero che questo momento passi quanto prima, soprattutto per quelle persone che non riescono ad arrivare a fine mese, per le quali mi auguro lo Stato faccia qualcosa di più concreto. In momenti come questi è importante la generosità delle persone: bisogna aiutare le persone che hanno più bisogno. È assurdo pensare che ci siano addirittura bambini che fanno fatica a mangiare; è una cosa che non sopporto. Per il resto, sto in quarantena come gli altri e non ho contatti con nessuno per godermi mio figlio, evitando quindi ogni rischio per lui. Il non vedere i propri cari è una cosa che inizia a pesarmi, è angosciante. Poi, le cose che mi hanno reso orgoglioso di essere stato parte del calcio italiano sono state le iniziative delle tifoserie del Sud in favore di quelle del nord: tutto ciò rappresenta un gran bel segnale”.

Sui suoi attuali progetti:

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Seguo una squadra di ragazzi, e questo rappresenta l’essenza del calcio. Questo tipo di movimento mi ha completato, perché è sentimentale. Questi ragazzi mi hanno trasmesso un senso favoloso”.

Debutti nei professionisti con la maglia dell’Acireale in Serie B. L’anno successivo l’esperienza al Gualdo e poi il grande salto al Napoli.

“Pagai sicuramente, all’inizio, lo scotto del grande calcio. Ricordo ancora che in quel Napoli c’erano grandi calciatori: Taglialatela, Policano e Pecchia. In quel periodo, c’era un problema nello spogliatoio, amplificato da risultati che non arrivavano sempre. Ma Napoli è una piazza a cui sono molto legato ed è la squadra della mia famiglia d’origine. Ricordo che sbagliai un gol a Parma: la mia famiglia non mi parlò per due settimane (ride ndr)”.

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In panchina c’era un certo Boskov: puoi raccontare un aneddoto legato a lui?

“Una volta perdemmo a Milano contro l’Inter per 5-0. Lui ci disse in maniera pacata: ‘Meglio perdere 5-0 una partita che 5 partite 1-0”. Cercò di prenderla con filosofia, ma a Soccavo ci fu comunque una grande contestazione dei tifosi”.

Il ricordo più bello in azzurro?

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Senza dubbio il rigore contro la Sampdoria: avevamo poche speranze per un campionato che sembrava ormai compromesso. Nessuno ci andava su quel dischetto e ci andai io con tutta l’incoscienza dei miei venti anni. Quel gol fu una liberazione, ed abbracciare la curva fu una grande emozione”.

Su Imbriani:

È stato un grande amico e lo è ancora, anche se oggi non è qui tra noi. Passavamo molto tempo insieme; era sempre a casa mia. Ho un grandissimo ricordo e la sua scomparsa prematura è una ferita che ancora fa male”.

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Nella seconda stagione in azzurro, con Simoni in panchina, non hai trovato molto spazio:

Ci fu questo cambio di guida tecnica e poi gli azzurri, quell’anno, presero in attacco Caio, quindi aumentò la concorrenza nel reparto offensivo”.

L’Inter può essere definito il tuo grande rimpianto?

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“All’epoca c’erano Oriali e Mazzola che facevano il mercato nerazzurro e mi chiesero se volessi fare la quinta punta. Con la testa all’epoca dissi che volevo giocare e fare le mie esperienze. Sono errori che si fanno e che si pagano. La vita ti mette davanti a certe scelte. Ho sbagliato, ma la cosa bella è che non me la posso prendere con nessun altro se non con me stesso”.

La tua è un’epoca in cui c’erano le grandi famiglie del calcio nelle società di Serie A: quanto trovi cambiato il movimento tra ieri ed oggi?

Si è perso proprio quel senso di appartenenza che prima il calcio aveva. Ho conosciuto persone che hanno arricchito il nostro calcio e che erano uomini di altri tempi, persone che il calcio di oggi sogna. Credo che abbiano una valenza storica nel calcio italiano e non solo. Oggi si prende tutto alla leggera, molti giovani si perdono. Ai miei tempi, il livello era molto più alto”.

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Su Ronaldo:

È pazzesco. È un calciatore che aveva una potenza ed una progressione difficile da contenere. Ho giocato con uno dei difensori più forti mai avuti con me in squadra che era Vierchowod: gli diede due legnate ma non ne risentì. Inoltre una persona umile e allegra, davvero di grande spessore”.

Poi il passaggio al Vicenza e all’Empoli:

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L’Empoli è una realtà che stimo molto: ha questa grande cultura di valorizzare i giovani, e lo fa tutt’oggi. C’è spirito di grande sacrificio e lungimiranza, oltre che competenza nella società capitanata dal presidente Corsi. Credo che, insieme all’Atalanta, siano una delle belle realtà del nostro calcio. La loro prerogativa è di valorizzare i giovani e prepararli per il grande calcio, hanno una grande struttura e spesso riescono nel loro intento. Tanti sono calciatori e allenatori che ha lanciato la squadra toscana, tra cui proprio Sarri, ma potrei citarne molti altri ancora”.

Come nasce il soprannome Re Artù?

“Nasce nella mia esperienza a Napoli. Mi ricordo ancora uno striscione bellissimo con scritto “Arthur I Re di Napoli”. E da lì fu Re Artù. È anche piacevole e divertente, perché poi entri nell’immaginario collettivo di tutti”.

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Sulle esperienze a Vicenza e Palermo con Zamparini presidente:

Zamparini quando voleva una cosa se la prendeva, su questo era fantastico. Mi dispiace davvero tanto per gli ultimi eventi successi a Palermo. È una persona che stimo molto ed è uno dei più preparati del mondo calcistico: di ogni calciatore conosceva ogni minimo particolare. E poi ha fatto del bene a tanti giocatori”.

Il più forte attaccante con cui hai giocato?

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Ne ho incontrati tanti ma con Pippo Maniero ho avuto modo di formare una vera e propria coppia”.

C’è stato un periodo in cui sei stato in prova al Besiktas: com’è andata?

Ci fu un accordo importante ma poi ritornai in Italia. Fu difficile anche trovare una squadra per me”.

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Una situazione che ti ha aperto uno spiraglio sul mondo Messina:

Credo che scrivere pagine importanti di una piazza, per un calciatore, sia la cosa più appagante di tutte. A Messina ritengo sia successo e ne vado orgoglioso. Mutti? Ho grandissimi ricordi di lui, c’era uno staff davvero molto unito. Era un uomo pacato nello spogliatoio, non alzava mai i toni. Attraverso il dialogo ti faceva capire tante cose ed era il classico papà di famiglia. La sua idea di calcio era il 4-4-2, molto lineare ma con lui ci togliemmo le soddisfazioni, sfiorando addirittura l’Europa”.

Sul rapporto con Zampagna:

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Con lui in passato non c’è stato quel grande rapporto che c’era in campo. Eravamo caratterialmente un po’ distanti, erano tanti i contrasti, ma mi ha fatto fare tanti gol. Durante la partita, il mister ci chiamava addirittura in momenti diversi e ci ‘punzecchiavamo’ a distanza. Finita la partita, eravamo praticamente degli estranei. Negli ultimi tempi però l’ho sentito ed è stato un grande piacere”.

27 novembre 2005: in quel Messina – Inter ci fu il famoso episodio di Zoro che si ribellò ai mugugni razzisti: cosa ci puoi dire in merito?

Io sinceramente non sentii nulla, lui era sotto la curva, io no e quindi non posso entrare nel merito. Lui si prese il pallone ed era determinato a non far giocare la partita per protesa. Per un calciatore, episodi del genere sono umilianti. Abbiamo dovuto superare guerre e periodi difficili nella nostra storia ma dobbiamo registrare purtroppo ancora questi sfottò sgradevoli”.

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Sull’esperienza alla Salernitana:

Salerno è una città che ricordo con grande piacere, è una bella realtà che mi è rimasta nel cuore. Negli ultimi anni mi hanno dato un’emozione pazzesca. Andai via da Salerno perché ci furono problemi in società. Essere tornato lì dopo anni ed essere apprezzato ancora è un qualcosa che mi ha legato ancora di più alla città”.

Sul futuro dei campionati:

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Sono forse la persona meno indicata ad esprimere pareri in merito. La salute è il futuro dei nostri figli, dei nostri cari e di noi stessi. Nello stesso tempo, però, dobbiamo ripartire. Il calcio è una delle migliori aziende del nostro Paese: ci sono tante famiglia che vivono grazie al calcio. Il tutto va ripreso con le precauzione del caso. Se si riparte, significa che il nostro Paese riprende a camminare ed è un bene per tutti”.

Squadre che hanno fatto una stagione importante, come il Benevento, rischiano di vedere infranti i propri sogni di gloria. Cosa ne pensi?

Non vorrei essere nei panni di chi, oggi, ha tanti punti di vantaggio, proprio come il Benevento. Ciò che ha fatto Pippo è un qualcosa di eccezionale e per i campani va fatto un discorso a parte, perché hanno meritato sul campo la promozione”.

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Juventus, Lazio ed Inter: quale la favorita per la lotta Scudetto?

Credo che la Juventus sia la squadra più forte e che abbia comunque un qualcosa in più rispetto alle altre. L’Inter di Conte è altrettanto forte, ma manca ancora qualcosa. L’applauso più grande, però, va alla Lazio: è una squadra che ha ceduto poco negli anni e che oggi rappresenta una grande realtà. È un peccato che si sia interrotta questa lotta scudetto ma ci sarà da divertirsi fino alla fine”.

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