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EDITORIALE #LBDV – Un po’ di Timo per il piatto azzurro

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“Timo Werner è del Napoli”. Questo è uno dei titoli che potremmo ritrovarci a leggere nella prossima sessione di calciomercato. O almeno se lo augura chi, come me, vede delle enormi potenzialità – in parte già dimostrate – nel centravanti tedesco.

Una prima punta o una seconda, un falso nueve o un centravanti di razza: tutto questo passa in secondo piano. In un calcio dove il ruolo dell’attaccante si sta assottigliando sempre più per lasciare spazio alle fantasie degli allenatori, il diktat resta lo stesso da oltre un secolo: metterla dentro. E se si aiuta la squadra, se si servono assist non si fa altro che aggiungere caratteristiche importanti ad una prerogativa inscindibile dal ruolo dell’attaccante, la ciliegina su una torta che deve essere buona già di suo, un esaltatore di sapidità di una ricetta di ingredienti già ben amalgamati tra loro.

E Werner è, inconsapevolmente, quell’esaltatore ancor prima di nascere; da quando mamma Sabine e papà Günter – ignari di ciò che la propria decisione potesse scatenare – decisero di affidargli quel nome ben ventiquattro anni fa.

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Proprio come la pianta aromatica che in cucina si usa per dare quel qualcosa in più alle proprie ricette, ai propri piatti; Werner è quel tipo di calciatore che può ben insaporire ogni qualsivoglia tipo di squadra.

E il Napoli potrebbe essere tra queste.

Ritorniamo al calcio.

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I centodue gol segnati in carriera in appena sette anni – da quando ne aveva solo diciassette – fanno del tedesco un vero e proprio cane da porcini. Un fiuto per il gol che pochi attaccanti possono vantare, soprattutto se si considera che negli ultimi quattro anni al Lipsia ne ha siglati ottantotto, di cui – con una stagione da portare a termine – ventisette solo quest’anno. Milik, di cui sono un grande estimatore e che ritengo davvero un ragazzo sfortunato, ad esempio, negli stessi ultimi quattro anni – complici anche due infortuni che avrebbero abbattuto un cavallo di razza e un campionato, quello italiano, molto più complesso di quello tedesco – ne ha portati a casa poco più della metà. Se si volesse considerare esclusivamente questo aspetto, Werner sarebbe già da prendere.

Ma andiamo avanti.

Timo è un classe ’96 e, da appena un mese, ha compiuto ventiquattro anni ed ha dinanzi un futuro – tra i più rosei tra quelli calcistici – ancora da scrivere. Prenderlo adesso significherebbe assicurarsi un attaccante che, nei prossimi anni, possa esprimere tutto il suo potenziale ai massimi livelli. Senza escludere un’eventuale cessione con annessa super-plusvalenza. Ma non parliamo di divorzio ancor prima del matrimonio.

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E se non siete ancora convinti parliamo di numeri, o meglio, di milioni. L’attaccante della nazionale tedesca ha una clausola rescissoria – che per il valore e le potenzialità del calciatore fa sorridere – da 60 milioni di euro. Ciò significa che basterebbe prendere – non appena l’emergenza da coronavirus lo consenta – il primo aereo per Lipsia con una valigia contenente quella cifra e, senza neanche sedersi a trattare, portare il ragazzo alle pendici del Vesuvio. Anche se mi viene da pensare che il presidente De Laurentiis si siederebbe comunque a quel tavolo e, dopo un’abbondante cena, con un Jägermeister nella mano destra, chiederebbe uno sconto, e non sul conto – che comunque pagherebbe il presidente del Lipsia, Oliver Mintzlaff – bensì sul cartellino, ovviamente.

Passiamo al calcio giocato.

Timo, nel Lipsia, si ritrova in una visione di calcio che prevede due punte. Lui e Poulsen, sostanzialmente. Mi verrebbe da pensare che sarebbe azzardato spostarlo in un attacco, quello napoletano, che prevede un unico attaccante coadiuvato da due ali. Così come sarebbe piuttosto assurdo pensare di dover cambiare nuovamente modulo dopo gli acquisti dei vari Demme ed uno scheletro azzurro ormai perfetto per il 4-3-3. Ma un attaccante, quello vero, non può cambiare in base al sistema di gioco; soprattutto in un calcio moderno dove sono ormai datati quei moduli statici che non consentono fluidità ed imprevedibilità, caratteristiche proprie di questo calcio. E allora quello del modulo, del sistema di gioco rappresenterebbe un ostacolo – che vero e proprio ostacolo non è – facilmente sormontabile.

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Ma dopo tutti i buoni propositi c’è sempre un però.

E in questo caso il però è rappresentato dall’ingaggio del tedesco: ben sei milioni di euro netti all’anno. Cifra che, tra le fila partenopea, percepisce il solo Koulibaly. E considerato che ci sono squadre pronte a fare follie per l’attaccante, disposte soprattutto a far lievitare notevolmente il suo conto in banca, la buona riuscita dell’operazione si comprometterebbe. Ma ciò non significa che non si possa almeno provare.

Tentar non nuoce.

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Soprattutto in questo caso. Per tutti i motivi precedentemente elencati, provare a portare a casa l’attaccante del Lipsia sarebbe il minimo sforzo da fare. Età, fiuto del gol, potenza fisica, qualità tecniche, abilità sia nel dribbling che nel gioco aereo. Insomma, Timo Werner è davvero un attaccante completo, peculiarità sempre più rara ma ricercata in questo calcio. E individuare nello stipendio l’unica scusa possibile di una mal riuscita dell’affare è da veri perdenti. Un solo sforzo, quello vero, che porterebbe benefici, tanti. Inoltre, l’affare – prendendo in considerazione le varie cessioni a cui il Napoli dovrà far fronte – si pagherebbe da solo. E se si pensa che a salutare potrebbe essere proprio quel Koulibaly – che percepisce lo stesso stipendio del calciatore tedesco – o Milik – che del tedesco rappresenterebbe il predecessore – con annesse plusvalenze, anche quello dell’ingaggio non rappresenterebbe più un ostacolo.

Ora ci sono tutti gli ingredienti per la ricetta perfetta. Senza nascondersi dietro al dito dell’ipocrisia, che troppo spesso ha accompagnato gli affari ‘made in Naples’, e senza tanti giri di parole; quello di Werner al Napoli è un sogno che si può realizzare, un matrimonio che s’ha da fare. Un po’ di Timo per insaporire il piatto azzurro e servirlo al popolo partenopeo e non solo, per ottenere la tanto agognata terza ‘Stella Michelin’.

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