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ZONA CESARINI – Auguri Piccolo “Fiocco” olandese
Facciamo gli auguri a Justin Kluivert, piccolo folletto olandese in forza alla Roma, meno bello di Justin Timberlake e più basso di Justin Bieber, il “nostro” sembra comunque un predestinato come i suoi omonimi.
Il ragazzo, classe ’99, esordisce a inizio 2017 nelle file dell’Ajax di Ten Hag, un Ajax lontano dai fasti della sua storia ma che, con un miracoloso mix di gioventù, entusiasmo e bel calcio, negli ultimi anni li porterà a fare una finale di Europa League e a vedersi soffiare all’ultimo secondo una finale di Champions.
Il piccolo “fiocco”, così si traduce kluiver in olandese (alla faccia tua Timberlake “Lago di Legno”!), arrivato a casa Kluivert crea ovviamente grandi aspettative, seppur con le dovute differenze che sono tante. A parte il viso, che sembra staccato di netto dal collo di Patrick, il resto è evidente: 1,87 il padre contro 1,71; fianchi da portaerei contro fisico brevilineo.
Differenze che portano a un diverso tipo di calcio. Entrambi attaccanti ma Patrick sarà il classico bomber. Alto, pesante, spalle alla porta, mentre Justin è di fatto un’ala o una seconda punta, velocissimo e imprendibile sullo scatto. Prolifico il primo, più devoto agli assist il secondo.
Patrick Kluivert esordisce anche lui giovanissimo nei lancieri, l’ultimo grande Ajax, dove vincerà tutto segnando più di cento gol in un solo triennio, uno proprio nella finale di Coppa dei Campioni contro il Milan, diventando il più giovane marcatore in una finale di quella competizione.
Il suo passaggio al Milan non sarà memorabile. Meno di un anno dopo finirà al Barcellona dove macinerà gol e trofei. In Nazionale sarà capocannoniere a Euro 2004, pur non conquistando nulla con gli Oranges (se non due pali a porta vuota contro gli azzurri nel famoso match del “cucchiaio”).
Anche la sua vita privata non sarà esente da riflettori, con un’accusa di stupro (poi archiviata) e una condanna per omicidio colposo per un incidente d’auto, ma soprattutto per aver chiamato il suo terzetto di pargoli come una banda di jazzisti americani: Justin, Quincy e Ruben.
Paragoni se ne possono far pochi. Justin compie ventuno anni e di strada ancora ne deve fare. Arriva alla Roma nel 2018 portato da Monchi, innamoratosi di lui dopo la finale di Europa League e le caratteristiche sembrano perfette per il 4-3-3 di Di Francesco. Esterno velocissimo che può giocare su entrambi i lati a supporto di Dzeko.
Tralasciando le dichiarazioni d’esordio, “spero di andare al Barcellona”, cosa che gli si perdona poichè è dichiarazione inelegante di quasi tutti i giovani talenti che arriveranno in giallorosso (tranne Perez che, venendo da lì, può dire tranquillamente “spero di restare a Roma”), Justin esordisce in un Torino -Roma alla prima giornata: entrato nei minuti finali fa un numero antologico e sforna un cross perfetto su cui Dzeko confeziona il gol capolavoro da tre punti all’ultimo secondo. Negli occhi dei tifosi giallorossi già scorrono immagini di nuovi fasti, dopo la bella corsa Champions dell’anno prima.
Purtroppo la stagione della Roma, di Dzeko e di Justin terminerà praticamente lì. Sesta in classifica la squadra, pochissimi gol per il bosniaco “svogliato” dallo smaltimento della squadra e campionato più che anonimo del folletto olandese.
Il campionato successivo (questo, che auspicabilmente non si chiuderà) vede però un Kluivert diverso. L’arrivo di Fonseca e il ridimensionamento della squadra dopo le rovine “monchiane” fanno spiccare il ragazzo che, infortunio a parte, farà vedere le sue caratteristiche.
Segna più gol del suo solito ed è più attivo in fase offensiva. Rimane un ragazzo tatticamente indisciplinato ma, con un pò di inquadratura in più, mostra piedi importanti, sicuramente meno pesanti del padre, e una velocità, col pallone tra i piedi, impressionante. Non eccelso nel dribbling ono to one, ma pronto a scappare su difese alte. Ragazzo generoso, pronto a rientrare anche a fare il terzino per aiutare la squadra e veloce nel contropiede, soprattutto determinato e anche quando perde palla si danna per recuperarla. Non un gran tiratore, poco potente, ma in area un vero pericolo proprio per la velocità di gambe, sempre a rischio rigore.
I piedi del campione ci sono, la personalità è ancora lontana, ma ci sarà tempo. Credo sia un ragazzo su cui investire se si riesce a rendere più determinato e determinante. Bisogna togliere quella fumosità nelle giocate e renderlo più efficace, coinvolto in un progetto tattico può aprire le difese e far far molti gol, farli lui in Italia è difficile, troppo piccolo e leggero e in difficoltà con gli assembramenti in area.
Auguri piccolo Fiocco.