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CORNER CAFE’ – Questione di rispetto

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Mia madre, tra il lancio olimpionico di ciabatta e il mezzofondo da rincorsa col mattarello a portata di mano, mi ha insegnato che se si entra in un locale, che sia una casa – persino la propria – o altro, è corretto dare il buongiorno o il buonasera, all’occorrenza. Questione di buona usanza, di rispetto. Allo stesso modo, durante una conversazione non mi azzarderei a voltar la faccia al mio interlocutore, intrattenendomi poi con altre persone e lasciando lui in balia del caso – e dell’imbarazzo.

Forse, a qualcuno in Francia certe cose non le hanno insegnate. Strano, vero? Eppure, è la patria dell’étiquette. Ma cosa ci si può fare: il globo è tanto vasto che ogni tanto qualcosa sfugge, alle pedagogiche percosse genitoriali. E dunque, D’Avila s’è messo a parlare con altri. Con il Liverpool, per la precisione. Non che gli inglesi avessero mostrato interesse; forse però il luccichio della Coppa che si portano dietro ha attirato l’attenzione dell’agente. Che nel mentre stava per stringere la mano a Giuntoli. Cose fatte, ormai non fatte più. Ovviamente il Napoli si è imbufalito, ha chiesto il cartellino di Osimhen in tempi brevi o la testa – metaforicamente – del suo procuratore. A giusta ragione: nessuno vorrebbe essere sedotto e abbandonato, piantato in Nasso. Quantomeno, per chiarezza, D’Avila avrebbe potuto accennare al fatto che, nel caso avesse trovato un’offerta più allettante – che non esiste, ma se l’è andata a creare, avrebbe voluto giocare anche su quel tavolo. Non un bel modo di fare, ma almeno rispettoso. Invece, ha preferito rimanere in silenzio, prendere la procura di Osimhen e, all’occasione giusta, compiere il suo fantomatico coupe de theatre. E’ mercato, queste sono cose all’ordine del giorno. Forse nel suo campo sono anche ben viste; mia madre, invece, tirerebbe una ciabatta anche a lui.

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