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Politica vs Calcio: the show must go “off”?

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Il calcio italiano ne esce nuovamente a pezzi. Non è pleonastico pensare che quella messa in scena di domenica sera, all’Allianz Stadium di Torino, sia l’ulteriore passo indietro di un movimento che negli ultimi anni ha respirato una sorta di decadentismo identitario.

Come se non bastasse, il Covid-19 sta condizionando le nostre vite e sta mettendo la Serie A ancora più a rischio. L’emergenza sanitaria ha colpito l’intero mondo del calcio, così come ampiamente dimostrato nel corso di questi mesi di calciomercato. Ciò però non deve fare da alibi per giustificare situazioni grottesche.

PARTITA A SENSO UNICO

Parliamo ovviamente dell’episodio che ha rimesso in discussione un protocollo che sembrava non ammettere uscite a vuoto. Eppure Juventus – Napoli è la goccia che fa traboccare il vaso, stracolmo più che mai. E’ l’ago che fa scoppiare la bolla, quella anti-Covid tanto invocata da Andrea Agnelli nel post – partita.

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Il protocollo, in ogni caso, non si è dimostrato pronto dal momento in cui si è presentato un focolaio – di ben 22 positivi – all’interno del Genoa, reduce dalla trasferta al San Paolo in piena incubazione virale. Ed in questo imprevisto si apre la voragine regolamentare, nella quale il calcio e la politica cercano di intrufolarsi. Senza esclusioni di colpi, s’intende.

In questa lotta, nella quale appaiono evidenti due posizioni che poi sono due facce della stessa medaglia, chi ne fa le spese è l’intera Serie A, commercialmente e sentimentalmente parlando (perchè, fino a prova contraria, il calcio è anche dei tifosi, e quindi di chi lo ama). All’alba del bando per i diritti tv, un colpo basso come quello dello ‘spettacolo’ andato in onda in più di 60 Paesi di tutto il mondo non fa sicuramente bene, per un prodotto che comunque ha subìto una sensibile valutazione al ribasso.

POLITICA VS CALCIO: UNA ROYAL RUMBLE DAGLI INVISIBILI VINCITORI E VINTI

La guerra di nervi tra il mondo della politica e quello del calcio non fa altro che rendere più intricate le dinamiche, che dovrebbero consegnare normative limpide.

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Da una parte la politica, che in parte cerca di giustificare il potere – menzionato in maniera poco chiara all’interno del protocollo – della sanità, che sabato sera ha bloccato la trasferta del Napoli verso Torino. Dall’altra, il mondo del calcio, che si riserva la legittima volontà di salvaguardare ad ogni costo il regolare svolgimento del campionato.

Al momento, la disputa si è tradotta in un frullato di idee e tanta confusione. E’ il caso del ministro Spadafora, che veste i panni del Ponzio Pilato e non si schiera in nessuna delle due correnti. E’ il caso della classe istituzionale del calcio, che prima sottolinea l’importanza superiore delle disposizioni delle autorità sanitarie e poi ritratta.

Tutti parlano, tutti si contraddicono e nessuno assume comportamenti di rigore e responsabilità, giusto per mantenere viva la tradizione tutta italica. Gli interessi da tutelare sono ovviamente molteplici e disparati, creando discussioni contraddittorie che rendono lo scenario più nebuloso.

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La realtà dei fatti, al netto di eventuali fazioni dovute al tifo, consegna a noi tutti un’amara verità: ad oggi non ci sono nè vincitori nè vinti. Tutti sono sconfitti di fronte all’evidente muso contro muso che le parti hanno deciso di inscenare, alla faccia di chi fruisce e CONTRIBUISCE al mantenimento della quarta industria del nostro Paese.

Il rischio è che il peggio possa non essere finito qui. “The show must go ‘off’” verrebbe da dire, servendosi di una licenza musicale. Che ciò sia un monito, per chi i problemi dovrebbe risolverli senza crearne nuovi. Prima che sia troppo tardi e che a fare un completo switch off sia l’intero calcio italiano, la nostra Serie A.

 

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(foto: profilo Twitter Serie A)

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