Approfondimenti
ÇA VA SANS DIRE – L’asino con le corna
Una rosa non ha bisogno di predicare. Si limita a diffondere il proprio profumo. Il suo sermone è la sua stessa fragranza.
-Mahatma Gandhi-
Sono inciampato nella favolaccia del bue inzallanuto. Salito su un piedistallo di cartapesta, prese a dispensare sclerotici sermoni ad una platea di quadrupedi raglianti. I quali, ahìloro, disconoscendo l’uso della parola, accompagnavano l’ascolto ciondolando il capo in avanti. Ebbe ad alzar la zampa un asino, azzardando l’obiezione alla predica. La boria del bue prese il sopravvento:
Ma stai zitto tu, cornuto.
Nel pronunciar l’offesa sprofondò col culo a terra, eppure l’asinello si tacque: meritava silenzio tanto ardire. Il bue aveva chiamato cornuto l’asino.
Mi è stato riferito della Reggiana: afflitta da una sfilza infinita di positivi al Covid, rischia di perdere a tavolino la prossima gara. Sul punto, sferzante la chiosa del Presidente del Monza: immorale mancanza di fair play, quella degli avversari di turno. La Salernitana se non erro, indegna approfittatrice dell’altrui disgrazia.
I pensieri si sono attorcigliati come la chioma di Medusa.
Correva l’anno 1991.
Gli Stati Uniti hanno preso a calci Saddam Hussein, vincendo la Guerra che contribuì a creare il Medio Oriente come lo conosciamo: bel casino, complimenti! Rifondazione Comunista inaugura la stagione della disgregazione della sinistra italiana: per ogni due iscritti tre correnti. Pino Daniele restituisce dignità alla categoria degli Scarrafoni, pure belli a modo loro.
Ma soprattutto, il Milan di Sacchi. Quintessenza del calcio totale, ha rivoluzionato il modo di pensare i Novanta Minuti. Difesa schierata a centrocampo, pressione che asfissia l’avversario, palla al Cigno e ci abbracciamo. Ha spazzato via la Nobiltà PanEuropea del pallone, ventiquattro mesi di trionfi che hanno mortificato chiunque si sia frapposto al carrarmato. Due CoppeDeiCampioni due – consecutive! – oltre a SuperCoppe eventuali e varie. Il dominio del bello.
Idea visionaria del Cavaliere, il Milan ha in Adriano Galliani il Ministro degli Interni e pure degli Esteri, capofila di un team che non conosce altra declinazione, se non quella del verbo Vincere.
Poi arrivò il 20 marzo e con l’inverno finì l’epopea.
Quarti di Finale: a SanSiro gli Invincibili hanno pareggiato subendo un gol. Quale sfrontatezza, ‘sti francesacci dell’OM! Al Vélodrome non c’è nessuno che dubiti del risultato: i Fenomeni se l’andranno a prendere. Primo tempo: zero a zero, non basta. In Tribuna s’attorciglia uno strano garbuglio nello stomaco dell’Eminenza RossoNera. Self Control, manca un tempo. Parte la ripresa, l’Armata non sfonda le linee nemiche. Ansia, affanno, tachicardia: Galliani si fa più pallido ogni minuto. Settantacinquesimo: per i Francesi segna un Inglese. L’insulto alla Storia è firmato Chris Waddle, che beffa Rossi e spalanca le porte dell’Inferno. Galliani ha il Ballo di SanVito, sbatte le spalle contro i vicini di poltrona, pian piano scivola colle terga in avanti, il collo giù per le scapole ed il gargarozzo che s’imbroncia. La partita è quasi finita, il Milan è praticamente eliminato ma è un ossimoro che non si può accettare.
Minuto Ottantasette, fai pure Ottantotto. Waddle scarta tutto il Milan ma non la chiude. Un istante dopo è il Caos. Salta l’impianto di illuminazione, sul Vélodrome cala improvviso il buio. Come sempre accade, qualcuno fa partire una rissa, che si spande dal terreno di gioco agli spalti. Ramaccioni controlla nel taschino, chè a Marsiglia son lesti di portafoglio: è scomparso Galliani. La scena ispirerà Steven Soderbergh dieci anni dopo: pure quella, se ci rifletti, è la storia di undici uomini che tentano un furto. Quando la luce riappare, ci si ritrova Galliani in campo, passato per chissà dove: si sbraccia nel suo trench nocciola chiaro, sbraita ai suoi, ha le convulsioni. Tutti fuori, fuori!
La luce tornerà, i Campioni Milanisti vorrebbero giocarsela ma la partita finisce lì.
Negli spogliatoi Galliani preannuncerà un ricorso che Berlusconi avrà il buon gusto di non depositare mai. Sconfitta a tavolino, esclusione dall’Europa per un anno, ma sopra ogni cosa: figura di merda colossale.
Quella notte la Cavalcata delle Valchirie si interruppe, sublimando al contempo in leggenda. Altro epilogo avrebbe meritato il Poema Epico Sacchiano che non la speculazione su due minuti scarsi di penombra. Ma tant’è.
A quasi trent’anni di distanza, a prescrizione abbondantemente maturata, quello di Adriano Galliani può esser derubricato a disperato atto d’amore per il suo Milan: come in guerra, tutto è lecito. Ma la memoria è una carogna!
L’ex addì del Milan, ormai demansionato dirigente in Brianza, s’è permesso di fare la morale a Lotito, proprietario a tempo perso della Salernitana. Che, a suo dire, avrebbe dovuto chiedere il rinvio della gara contro la Reggiana, anziché ricavar tre punti senza giocare.
Ora, chi ha la pazienza di sopportare la lettura di quest’umile scrivano sa cosa pensi di SorClaudio, di Fabiani e della multiproprietà. Non sono cose belle. Eppure la favolaccia del bue mi pare azzeccata. No, non sto dicendo che Fabiani è un asino o che Lotito tiene le corna.
Mi pareva solo un grottesco j’accuse, quello di Galliani. Tutto qui.
Ah, dimenticavo. L’asinello aveva alzato la zampa non già per zittire il bue, chè per quanto rincoglionito ognuno ha diritto alla parola. Voleva solo dirgli che quel piedistallo di cartapesta non avrebbe retto alla sua pesantezza.
Ora è davvero tutto.