Approfondimenti
SILENT CHECK – 17 anni fa era… Fantantonio
Arthur Schopenhauer è stato un filosofo tedesco ed ha affermato, tra le altre cose, che “un talento colpisce un bersaglio che nessun altro può colpire, mentre un genio colpisce un bersaglio che nessun altro può vedere”. Non sembri dunque troppo audace citare uno dei più grandi pensatori dell’800 nel giorno in cui si celebrano i 17 anni dall’esordio (con gol) in Nazionale di Antonio Cassano.
Tra Danzica (città natale del filosofo) e Varsavia (sede di quell’amichevole tra Polonia e Italia) ci sono 350 Km, distanza troppo breve per evitare di collegare il pensiero del Nostro alla vita, sregolata ed eccentrica, di uno dei più grandi talenti del calcio italiano degli ultimi venti anni.
Perché se per Schopenhauer “la realtà che ci si para davanti è nient’altro una ‘fotocopia mal inchiostrata’ celante la verità delle cose”, il 12 novembre 2003 ciò che si svelava dinanzi agli occhi attenti di tutti gli appassionati di calcio era innegabilmente vero: quel diciassettenne che il 18 dicembre 1999 aveva incantato uno stadio intero segnando un gol memorabile negli ultimi minuti di un Bari – Inter finito 2-1, era diventato grande e, pur essendo ancora giovanissimo, era ormai pronto a conquistare il mondo.
Dovunque si chieda di lui (Roma, Madrid, Genova sponda Sampdoria, Milano rossonera o nerazzurra, addirittura Parma), la risposta sarà sempre la stessa: un genio, nonostante tutto.
Ed è sintetizzata nel “nonostante tutto” la storia di un ragazzo che – ovunque sia stato – ha portato con sé le abitudini dei vicoli di Bari Vecchia, dove Antonio Cassano passava pomeriggi interi a regalare tunnel a chiunque si parasse davanti.
E poco importa se si trattasse di San Siro, del Santiago Bernabeu, dello stadio Olimpico o del Luigi Ferraris: irriverenza, sfuriate, reazioni scomposte o giocate da superstar sono state il marchio di fabbrica, quelle “cassanate” entrate a buon diritto nell’Enciclopedia Treccani.
Se non ci fosse stato quel Bari-Inter del dicembre 1999, a suo dire, sarebbe diventato “un rapinatore, uno scippatore o un delinquente” perché Cassano, assolutamente indisponibile all’idea di crescere e diventare qualcuno, capì solo in quel sabato d’inverno che sarebbe stato calciatore.
Contrario a compromessi e diplomazia, 17 anni fa il campione barese convocato per la prima volta dal CT Trapattoni rubò la scena anche in una giornata infelice per i colori azzurri.
Era il tempo della coesistenza amore/odio con Francesco Totti alla Roma, imitato in occasione del gol alla Polonia realizzato con un pallonetto a mò di cucchiaio sul portiere in uscita.
Per la Nazionale provata dalla figuraccia dei Mondiali 2002 in Corea, Cassano rappresentò immediatamente una speranza di ripresa e rinascita. L’avventura in azzurro, però, non si è rivelata negli anni troppo fortunata, con 39 presenze in tutto ed appena 10 gol ufficiali.
Perché, tornando a Schopenhauer, “Genio e follia hanno qualcosa in comune: entrambi vivono in un mondo diverso da quello che esiste per gli altri”. E per Antonio Cassano è andata proprio così.
Mentre gli altri si allenano per vincere scudetti, io gioco per essere felice
è una delle sue affermazioni più note e può essere, a buon diritto, la copertina di una vita trascorsa solo in parte su un campo di calcio.
Ad Antonio Cassano, infatti, le cose facili non sono mai piaciute.
Troppo semplice dare sfogo al talento e diventare uno dei più grandi di sempre.
Meglio accontentarsi, meglio essere Fantantonio e meglio alternare momenti indimenticabili a comportamenti sopra le righe.
Quel 12 novembre 2003, adesso che Cassano non gioca più a calcio, sembra lontanissimo, più distante di quel che è davvero.
Ma se ad un genio nulla deve essere spiegato, perché tutto egli sa, si ricordi – con Schopenhauer – che “il genio abita semplicemente al piano di sopra della follia” e che forte è il rischio, talvolta, di far confusione.
Sia di monito, dunque, il ricordo. Perché nella vita di ciascuno possa arrivare come è arrivato nella vita di Antonio Cassano il 18 dicembre 1999 ed il 12 novembre 2003: l’importante è farsi trovare pronti e poi… magari… evitare colpi di testa.
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