Approfondimenti
ROSSETTO E CAMPIONATO – Più bella tu
L’invidia è donna. Certo, lo avrà detto un uomo. Un uomo a sua volta invidioso di non essere titolato a provare questo sentimento a causa del cromosoma Y che nel grembo materno lo ha condannato al tuttodunpezzismo imperante nella popolazione maschile. Poi però c’è chi è in grado, per fortuna di tutte noi, di essere altrettanto infastidito alla vista della più attraente della festa col suo stesso abito, che ovviamente, drappeggiato sulle sue statuarie fattezze quasi costringe il povero malcapitato a pregare tutti gli dei per una immediata mimetizzazione tra i vassoi di vol-au-vent.
Abito, maglietta, siamo lì.
Lo abbiamo accompagnato in America con lacrime e abbracci, Gonzalo Higuain. Volubile come pochi, ma in grado di appropriarsi del cuore dei tifosi bianconeri come ancora meno. In tempi non sospetti, Gonzalo al Milan ci è andato perché alla Juve era arrivato CR7, questo non è un mistero. E con lo stesso Ronaldo, poi è tornato a Torino, dopo aver convissuto con lui anche ai tempi del Real Madrid. Insomma, dalla East Coast ai microfoni di ESPN Gonzalo parla dei suoi preferiti, dei più forti, cita Haaland, cita Lewandowski e Benzema. Grande assente: Ronaldo.
Cristiano però, non il Fenomeno, quello c’è.
Nemmeno il connazionale Leo Messi è incluso, ma ovviamente Ronaldo fa più rumore. Più o meno quello di un vassoio di tartine che piomba su un pavimento fatto di incertezze alimentate da noie di mercato, più che da reale e manifesta incapacità. Anche perché in fatto di attaccanti, Gonzalo Higuain ed il termine incapacità non possono mica stare nella stessa frase. Di certo però, all’argentino qualcosa non è andato giù, e vuoi per forzature di stampa, vuoi perché davvero avesse l’intenzione di tralasciare quel nome così pesante, a nessuno è sfuggita l’assenza di Cristiano nella top 3 del Pipita.
Che poi, facile prendersela con il portoghese. Cosa vi avrà fatto mai oltre ad avere un fisico di ferro, cinque Palloni d’Oro, un palmarès più lungo della Salerno-Reggio Calabria? Il salotto tv della settimana offre il buon zio Bergomi, che ritiene poco determinante Cristiano, è molto più determinante Ibra. Per carità, lungi da me mettere in discussione lo svedese, ma definire CR poco determinante è quantomeno pretestuoso.
E da invidiosi, aggiungerei. Ma si può essere invidiosi quando il tuo allenatore guadagna la bellezza di dodici milioni e il tuo centravanti è Romelu Lukaku? Mi dicono dalla regia che si può, si può. Perché del resto l’erba del vicino è sempre più verde, ma a volte sarebbe così bello e così elegante evitare di darsi in pasto ai malpensanti. Che poi stiamo parlando di un banalissimo parlar male dei colleghi: si esula dal diritto di critica e cronaca, quando ci si spoglia di certi colori, per darsi al libero eloquio e magari anche togliersi dei sassolini grandi quanto Giove dalle scarpe, pardon, scarpini.
Mi perdonerete se vi parlo ancora di Cristiano, ma sembra proprio essere il topic di conversazione preferito dei suoi colleghi, appunto. C’è Arturo Vidal, fresco di espulsione in Champions League, che svestita la maglia bianconera (ma non quei tatuaggi che tutti noi conosciamo molto bene) e indossata quella milanese sponda Pinetina, ricorda al mondo la sua preferenza in fatto di best in class, come Leo Messi non c’è nessuno. Spalleggiare il suo ex compagno a scapito della gallina dalle uova d’oro della Serie A se non altro è un ottimo metodo per ingraziarsi una nuova fetta di tifoseria.
Che bel mondo sarebbe se ognuno sapesse fare la propria parte al meglio delle sue possibilità. Se pensassimo all’erba del vicino solo quando si tratta del rettangolo di campo in cui c’è il tuo compagno a cui passare il pallone. Probabilmente parleremmo a vuoto per ore, ma torniamo a Higuain. Uno come lui, perché mai dovrebbe sentirsi inferiore a Cristiano Ronaldo? Perché Gonzalo forse non riesce a vedersi con gli occhi innamorato con cui lo hanno guardato i tifosi napoletani prima, e gli juventini poi. Che bello sarebbe se riuscissimo a guardarci come ci guardano gli altri. Magari non tutti, ma di certo alcuni. E allora sapremmo alzare lo sguardo, puntare gli occhi esattamente dove vogliamo noi, e potremmo svettare. Nonostante le nostre debolezze, i nostri dubbi, a brillare sarebbe solo la magnificenza dei nostri difetti. E a quella festa nessuno avrebbe occhi per altri, se non per noi.
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