Approfondimenti
CORNER CAFE’ – La lettera del Re
Immaginate due calciatori, due che hanno fatto la storia. Immaginate che, come spesso accade nelle umane questioni, si cerchi di quantificare il loro genio. Immaginate ne nasca una contesa: su chi sia il migliore, su chi sia il più forte, su chi abbia dato di più all’oppio dei popoli laici. Il tempo passa e i due appassiscono, come ogni cosa umana; ciò che rimane di loro è il ricordo, estemporanea icona di un tempo prossimo al concetto di eterno, e quella contesa che, ormai, ha assunto le sembianze di una battaglia di Pirro, dove vincitori e vinti si mischiano senza una reale logica al solo scopo di far chiacchiera.
A Maradona e Pelè non è mai importato delle umane questioni. Forse, non ne hanno mai nemmeno tenuto conto. Ma il tempo umano, per uno dei due, si è fermato. E, forse brutalmente, la bilancia ha raggiunto il suo naturale equilibrio. O Rey ne ha scritto una lettera. Ha vergato parole per il suo sempiterno rivale. No, di più: per un amico con cui ha condiviso la fama, la gloria. Soprattutto un pallone. Un amore che entrambi hanno contribuito a rendere eterno. Del resto, a loro non è mai importato d’altro. “Un giorno, in paradiso, giocheremo insieme nella stessa squadra”, dice: “E sarà la prima volta che alzerò il pugno al cielo non per celebrare un goal. Sarà perché finalmente potrò abbracciarti di nuovo”. Rivali, nella storia; amici, nella vita. E forse tra chi ha sofferto di più per la dipartita del Pibe c’è da annoverare anche O Rey. Perché, da quel maledetto giovedì scorso, non ha più avuto qualcuno con cui ridere delle questioni umane. Pelè scrive, e il pensiero fugge alle parole dello scrittore argentino Roberto Fontanarrosa: “Non importa quello che Maradona ha fatto della sua vita. Importa quello che ha fatto della mia”. Pare anche di quella di un Re.