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SI POTEVANO MANGIARE ANCHE LE FRAGOLE – Il Romanzo del Tabaccaio
La sigaretta è il piacere perfetto. È deliziosa e lascia insoddisfatti. O. W.
Nei pomeriggi di settembre il vento olandese si fa vispo, e mescola salsedine all’aroma di aringhe affumicate. Di sabato a Deventer sono tutti allo stadio. Con la birra. La scalcagnata curva dell’Adelaarshost saluta il portiere dei GoAheadEagles: l’omone ricambia alzando la sinistra. Senza il guanto, non li ha mai usati. A quarantaquattro anni, Jan ha ancora voglia di difendere i pali: senza tuffarsi, per carità. Sporcandosi poco: del resto, ci ha preso gusto tardi. Da giovane preferiva andare a pesca.
La partita è cominciata quando qualcuno lascia la tribuna, raggiunge la panchina e sussurra la notizia. Jan Jongbloed viene immediatamente sostituito: non passa per gli spogliatoi, di corsa in auto ad Amsterdam. Seduto dietro, poggia la fronte sul finestrino: il respiro appanna il vetro ed i pensieri si confondono. Devastato, si lascia catturare dai ricordi.
È la primavera del ‘74 ed Amsterdam brilla: non tanto per i diamanti – beninteso, le gioiellerie traboccano – quanto per l’apertura mentale più cristallina del Vecchio Continente. Il benessere è diffuso e s’abbina ad una convinta democrazia sociale. Jan il tabaccaio svetta al bancone: capelli capricciosi, gambe tozze ed il piccolo Erik attaccato ai pantaloni. Parla con un tale che esagera sul peso del lucioperca tirato su ieri: saranno stati quindici – che dico – venti chili! Certo, edificheremo una società nuova conciliando realtà e razionalità: Hegel ha gettato le basi ma è Marx ad indicare la strada. Nelle tabaccherie di Amsterdam è un attimo e dalla pesca stai filosofeggiando politica.
Erik ascolta il gigante dal basso, quando il campanello della porta in legno vecchio cattura la sua attenzione. È entrato un signore sulla cinquantina, fronte alta e sguardo sicuro. Toglie il borsalino e saluta il papà.
Ma allora è vero, fai ancora il tabaccaio?
Jan Jongbloed ha già 34 anni e gioca per il DWS, la squadra degli scapestrati di Amsterdam: l’acronimo sta per Forza di Volontà, ma solo se non hai fumato. È bravo, Jan: tecnicamente intendo. Non è che stia in porta perché scarso, più che altro è carattere. L’attitudine alla solitudine lo conduce tra i pali. Ma è bravo, davvero: gioca quasi solo coi piedi, non si tuffa mai, detesta indossare i guanti. Non fosse per la maglia diversa, lo prenderesti per un calciatore di movimento. Mezzo anarchico e squinternato, è l’idolo degli Olandesi di colore: il Suriname ne ha restituiti un sacco. In passato ha vinto un Campionato ma non è mai passato al professionismo. Vive della tabaccheria, nel tempo libero va a pesca. Tutto qua.
A cosa devo l’onore, Rinus?
Eh già, il tizio che s’è tolto il cappello è il genio che ha trasformato il calcio in arte: ha raccolto un nugolo di scapigliati, ha restituito al mondo un’orchestra sinfonica in pantaloncini. Rinus Michels, l’allenatore dopo il quale nominare l’Ajax è impossibile stando seduti. Dopo anni in cui l’anarchia ha coinciso col bello ed il bello è sublimato in gloria, il gruppo s’è disgregato ma ora allena la Nazionale e c’è l’ultima tournée che riunisce la band.
Ai Mondiali di Germania Cruijff è il leader tecnico, carismatico ed economico – ha sposato una miliardaria, vorrei vedere – di un mosaico bell’e fatto, cui manca solo il portiere. Lo sceglie lui: Jongbloed è bravo coi piedi, è funzionale ma la verità è che vanBeveren, designato ai pali dell’Arancia Meccanica, ha fatto uno sgarbo al suocero di Joan, che commercia in calciatori oltre che diamanti. Il peccato è mortale. Jongbloed non ci crede, la notizia lo inebetisce ma come fai a dir di no? Michels esce dalla tabaccheria senza sigari in tasca ma con un nuovo numero uno.
Anzi. Nello spogliatoio dove le regole s’inchinano alle eccezioni, i numeri si danno secondo altri criteri, a parte il Quattordici ma stiamo sempre là. Il portiere senza guanti veste la numero 8 ed alle spalle del mosaico fa la differenza. Quell’Olanda resta un dipinto ad olio su tela calcistica, utopia visionaria ai limiti del concepibile. Avesse vinto sarebbe rimasta agli annali: ha perso, la Storia la tramanda opera d’arte. Forse è meglio così. Tra quei capelloni con le basette lunghe e le modelle nel letto fece un figurone il più improbabile dei portieri, che a 34 anni assurgeva con merito al gotha del pallone.
Tornato a casa, Jan diventa finalmente professionista, meglio tardi che mai. Lascia la Nazionale ma siamo nulla nelle mani del destino. Alla vigilia dei Mondiali di Argentina si fa male Schrijvers e chi chiami, se non il tabaccaio? Quell’estate l’Arancia Meccanica mette in scena il canto del cigno. Guidata da Ernst Happel, approda nuovamente in finale per arrendersi soltanto nei supplementari ai padroni di casa Argentini. Che quel Mondiale lo dovevano, dovevano, dovevano vincere. La ripetizione è tanto triste quanto amara. Jongbloed partecipa ai tre gol che, per quanto inutili, scriveranno a modo loro la Storia Recente di Scozia e se Dio vuole ne parleremo. L’avventura in Nazionale finisce al Monumental: non la sua carriera in Patria, dove distrugge ogni record di presenze in giro per i Paesi Bassi. Fino a quel maledetto giorno di settembre.
Jan sta colle labbra chiuse e la faccia schiacciata nel finestrino: solo lui sa cosa passi nella testa di un uomo, di un padre, di un portiere in quel momento. Il piccolo Erik lo guardava dal basso e sognava d’esser come lui. S’è fatto grande, s’è messo in porta, proprio nel DWS dove giocava il papà. Serie minori, è solo passione. Sotto il nubifragio di settembre, la palla finisce in fallo di fondo. Non ha un gran rinvio Erik, di solito lo lascia a Rob. I due sono amici. Chissà com’è che quella volta volle rimetterla lui. A farsi troppe domande si rischia d’impazzire. Eupalla, dolce e maledetto a giorni alterni, lancia una cicca verso il figlio del tabaccaio. Un fulmine lo trafigge prim’ancora che la rilanci col collo del piede. Il ragazzo muore sul colpo, con la divisa da portiere che fu di Jan.
Il quale, sebbene straziato, non smise di difendere i pali, finché un infarto non colse il suo cuore, già scoppiato di dolore.
Non è un romanzo, no. È soltanto Calcio.