Angolo del tifoso
ANGOLO NAPOLI – Napule é… solo Hirving Lozano
Da qualunque lato lo si guardi, Atalanta – Napoli è match che manda segnali.
Perché solo chi non vuole coglierne, può etichettare la partita di ritorno della semifinale di Coppa Italia semplicemente come una meritata vittoria della squadra di Gasperini, che ha sofferto un po’ nella ripresa, ma alla fine ha conquistato abbastanza agevolmente la seconda finale in tre anni.
C’è sicuramente tutto questo nel confronto di mercoledì sera tra la squadra di Gattuso e l’undici orobico guidato da Zapata e Pessina, ma anche molto di più.
Perché un tifoso qualsiasi può prendersela a ragione per il pallone regalato sul primo gol avversario, in cui l’attaccante colombiano tocca quattro volte indisturbato la palla senza che nessuno gli vada davanti, per la distanza tra i reparti e l’incapacità di leggere le giocate in velocità, invero pregevoli, degli avanti atalantini, ma per alzare il livello di consapevolezza e provare a metabolizzare la sconfitta traendone insegnamento, c’è altro su cui soffermarsi.
Deve, ad esempio, parlarsi necessariamente della pigrizia con cui la squadra reagisce alle provocazioni tecnico-tattiche avversarie e della incapacità di reagire ai gol presi a freddo o – come il terzo – nel momento di maggiore sforzo offensivo.
Deve, poi, necessariamente farsi cenno alla disarmante incapacità di gente come Hisaj e Maksimovic (con la testa già altrove da tempo) di essere all’altezza e del totale scoramento – finanche psicologico – che pare aver la squadra quando manca Demme a centrocampo.
E’ andata meglio, non c’è dubbio, nel secondo tempo, quando s’è cambiato modulo e s’è cercato meglio nello spazio un attaccante che ha ancora tutto un repertorio da mostrare, ondeggiando per il momento tra accentuate cadute e reazioni troppo evidenti.
Il calcio che si gioca senza tifosi e che obbliga ad andare in campo ogni tre giorni diventa ancor più duro se gli infortuni non danno tregua ed i contagi ricominciano, ma il Napoli formato 2020/2021 ha solo attenuanti generiche in un quadro dove – senza dubbio – a prevalere sono le aggravanti specifiche.
E quando la sensazione complessiva è quella di avviare, senza se e senza ma, una rifondazione che dia nuovo smalto ad un gruppo che pare ormai prigioniero di se stesso, come tutti i viaggi che si rispettino è dal primo passo che bisogna partire.
Sul punto dubbi non ce ne sono, poiché la pietra angolare su cui edificare qualcosa di nuovo e diverso è il numero 11 messicano che, da solo, avrebbe potuto – se adeguatamente supportato – portare il Napoli in finale di Coppa Italia.
Lozano è la nota migliore della stagione altalenante azzurra, la scoperta più grande ed allo stesso tempo il punto fermo da cui ripartire.
Velocità, dinamismo, reattività, determinazione e fiuto del gol. Il Chucky messicano è una luce che illumina, scandaloso sarebbe costringerlo a giocare ancora a lungo con Lobotka, Mario Rui e Bakayoko.
Vederlo inseguire chiunque, prender palla nella propria metà campo e lanciarsi alla conquista di qualsiasi cosa sembri utile alla causa è da libro Cuore, esempio per tanti che – al contrario – paiono non farsi toccare dalla vittoria o dalla sconfitta, incapaci di trasmettere emozioni perché forse addirittura inidonei a provarne.
La Coppa Italia 2020/2021 va in archivio con una meritata sconfitta in semifinale.
Continua male, dopo la brutta sconfitta di Genova, un febbraio decisivo e caotico che tante cose dovrà dire su presente e futuro.
Arrabbiarsi avrebbe pure un senso, non reagire – però – sarebbe peccato mortale.