I nostri Social

Angolo del tifoso

ANGOLO JUVE – Dove vogliamo andare

Pubblicato

il

Tempo di lettura: 3 minuti

Stasera è meglio scrivere. Perché tanto lo dicono tutti, professionisti e non, che tenersi dentro le proprie emozioni fa male, è controproducente, che le arrabbiature tocca sfogarle parlando, alzando pesi con gli Iron Maiden nelle orecchie, ballando dentro casa come Meredith e Cristina in Grey’s Anatomy. E stasera in tutta onestà il fastidio è veramente insopportabile, come quando la pizzeria si perde il tuo ordine e tu resti a bocca asciutta, guardando dalla finestra nell’attesa di una cena che non arriverà mai.

Come del resto non è mai arrivata questa sera la Juve a Oporto. Voglio convincere me stessa che in realtà siamo ancora a Torino, e che quella andata in scena questa sera è solo una delle versioni in cui questa partita sarebbe potuta andare, ma non è mica quella definitiva.

Contro il Porto di Conceicao, in questo primo ottavo di finale di Champions League della sua era, Pirlo non può ancora contare su Dybala, e Morata non è affatto nelle migliori condizioni, allora si torna a Cristiano e Kulusevski davanti. Arthur neanche a dirlo è ai box, in cabina di regia ci va Bentancur, con Rabiot, McKennie e Chiesa. Retroguardia pesante con Chiellini e De Ligt, con Danilo e Alex Sandro a fare la spola nelle fasi offensive.

Pubblicità

Ma quali fasi offensive? L’unica offesa stasera sono io. Insieme a una decina di milioni di altri tifosi, che hanno dovuto assistere ad una prova di assoluto non orgoglio e non amore per questa maglia. Una su tutte: primo minuto, Bentancur effettua un retropassaggio verso Szczesny senza rendersi conto della pressione di Taremi, che aggancia il pallone e segna l’uno a zero per il Porto. Ora questo è un errore che potrei permettermi io, allenatrice da divano e tubo di patatine alla paprika. Non è un errore che può permettersi un centrocampista della Juventus.

Errore che tra l’altro è recidivo, ma se fino ad ora ha sempre avuto qualcuno che tamponasse la situazione beh, i miracoli sono miracoli perché non accadono sempre. Il primo tempo è un totale assolo del Porto che per carità, non che si proponga in maniera particolare davanti a Tek Szczesny, ma è in grado di neutralizzare totalmente il giropalla bianconero mettendo pressione su ogni singolo giocatore e non facendo mai mancare il muro davanti a Marchesin. Questa fantomatica costruzione dal basso in cui ci impegniamo come io mi impegnerei in un contest di astrofisici è semplicemente scellerata. Perché non c’è proprio la materia prima necessaria a questo tipo di gioco. Bonucci che ci sta guardando dalla panchina, convocato e non disponibile, lo sa bene.

Siccome non c’è mai sfortuna che viene da sola, la partita di Chiellini dura mezz’ora: al suo posto entra Demiral, riproponendo la coppia difensiva che aveva neutralizzato l’Inter in Coppa Italia. È un crescendo di errori, la cui massima espressione forse si concretizza anche negli scontri tra i nostri in campo – e non parlo di scontri verbali. Vanno proprio addosso l’uno all’altro, il che è probabilmente anche peggio. Unico spiraglio di luce: una rovesciata dell’insospettabile Rabiot verso la porta di Marchesin: il portiere non si fa affatto cogliere impreparato.

Pubblicità

Ma cosa volete che vi dica di come si torna dagli spogliatoi. Cosa volete che vi spieghi del secondo goal preso al primo minuto di una frazione di gioco nella stessa partita, Marega è solo, Demiral non ci arriva e allora Szczesny è battuto per la seconda volta. Il problema più grave è che non si ha mai e poi mai la sensazione di poterla recuperare, ma solo di peggiorarla. Complice lo studio accuratissimo fatto dal Porto nel difendere la propria area, ma complice soprattutto un atteggiamento che non ho sinceramente mai visto in questa squadra, francamente inspiegabile quando sei in corsa per giocarti un posto in Champions.

Pirlo ci prova con i cambi, dà una chance a Morata ed effettivamente la situazione sembra sbloccarsi in positivo, quantomeno in tema di corsa. Tocca aspettare gli ultimi dieci minuti per veder premiato l’unico che da quando ha messo piede alla Continassa sta mostrando e dimostrando ai suoi compagni di classe quanta fame ci voglia per vivere in questa squadra: Federico Chiesa su assist di Rabiot salva capra e cavoli, e salva le speranze di questi tifosi ormai abituati a dover rimontare delle sberle storiche per poter andare avanti in Europa.

Ultimi secondi, Cristiano lanciatissimo verso la porta fino a che Zaidu non lo atterra. Rigore? Macché. Magari l’arbitro ci pensa anche, ma meglio fischiare la fine di questo scempio. Fallo per noi tutti, che almeno andiamo a riposarci. Una speranza c’è. Magari, se ci mettessimo la testa, anche più di una.

Pubblicità

in evidenza