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Junior Walter Messias: redenzione e fantasia
A volte è proprio il fato ad essere il più sognatore di tutti. Capace di traiettorie imprevedibili, come montagne russe che ti sballottolano da una parte all’altra in un nulla. Dall’avere poco fino ad avere tutto, in maniera impronosticabile e incredibile. Perché nella vita puoi metterci tutto l’impegno del mondo, e sarai premiato. Ma se hai dalla tua parte la penna magica del destino, la vita è capace di regalarti sorprese nemmeno lontanamente pensabile.
Ce lo insegna Junior Walter Messias, per tutti semplicemente Messias. Un ragazzo di ‘appena’ 30 anni – che nel calcio non sono pochi – presentatosi in Serie A con l’alone di anonimato, di chi doveva essere spettatore non protagonista ad un copione già scritto. Cosa può fare un calciatore che arriva nel calcio che conta a 30 anni, con una squadra relegata ai latifondi della classifica?
Con gli almanacchi alla mano son bravi tutti a parlare di calcio, e guai a mettere di tanto in tanto in primo piano i sentimenti, in un mondo che man mano sta imparando sempre più a farne a meno. Ma la storia di Messias ci riconcilia con il lato tenero del calcio, che si palesa a sprazzi ed in maniera subdola, ma pur sempre presente.
Proprio la lettera presa in affidamento da Le Cronache di Spogliatoio ci fa capire quanto il calcio non possa fare a meno di certe storie. Perché con i soldi si va lontano, con la fama si arriva a livelli di notorietà altissimi. Ma ancor più nella vita che nel calcio, senza certi valori si fa il giro di appena un isolato. Non di più.
“Ho aperto gli occhi e ho capito”: questo il titolo della lettera. Già soltanto questo sarebbe indicativo sulla redenzione a cui Junior Walter si è prestato nel corso degli anni, forse nemmeno tanto volontariamente – tanto per tornare a parlare di destino.
Il flashback del narratore parte da un incidente, figlio di sbronza e sregolatezza dopo il matrimonio di suo fratello.
“E invece acceleravo, sempre di più. La macchina era un rottame, un pezzo di ferro arrugginito che sbuffava ogni volta che spingevo il piede sull’acceleratore. (…) Ho chiuso gli occhi per un istante, uno solo, non me ne sono nemmeno accorto. Poi un tonfo, sono finito fuori strada in mezzo ai campi. Potevo essere morto, ma qualcuno mi ha salvato”.
Qui il destino inizia a tracciare il suo volo pindarico verso l’altro. Ma secondo Messias, quell’ascesa è più semplicemente opera del Signore, al quale ha imparato a dare sempre più credito nel tempo. “Misi la mia storia nelle mani di Dio”, ammetterà in seguito.
Non per questo la sua scalata verso il successo è stata semplice e scontata. La passione, quella per il calcio, è stata da sempre presente. Fin dai campetti di periferia del suo paese di origine, dove a contare è più l’amore per il pallone che i sogni di gloria. Per quelli non c’è spazio in certi angoli della terra; per molti i sogni sono fin troppo preziosi da percorrere.
Ragion per cui è arrivato in Italia, lasciando moglie e figlio in Brasile. “Torino, quartiere ‘Barriera di Milano’. Mille culture, abbastanza opportunità. Lavoravo nel cantiere di un italo-argentino, pulivo i mattoni che i suoi carpentieri staccavano dagli uffici demoliti. Io li rimettevo a nuovo, uno a uno. Mi dava 20 centesimi per ogni mattone tirato a lucido. (…) A me piaceva andare a lavorare. Credo che il lavoro sia una di quelle non cose che ci salva, niente arriva a caso”.
E non si è aperto per caso nemmeno lo spiraglio che lo ha catapultato su un campo da calcio. Un’opportunità, quasi insperata, che ha risvegliato in lui l’amore verso il calcio. Che lo ha fatto tornare quel sognatore che respirava la polvere nei campetti del tutto improvvisati della periferia brasiliana.
Non prima però del suo secondo lavoro, da fattorino. “Questo lavoro trovarono i miei amici peruviani, che poi erano i miei compagni di squadra nello Sport Wariqe, nel campionato UISP di Torino. Il momento più bello della giornata era quando qualche anziano mi chiedeva di entrare per parlare o prendere un caffè. Non consegnavo solo in città, ma un secondo e facevo le consegne anche nelle zone limitrofe: Chieri, Pino Torinese, tutti posti dove l’età media è più alta. E gli anziani si sa, molto spesso si sentono soli.”
E così, arriva il colpo di scena che non ti aspetti, che gli ha spalancato le porte del calcio, inteso come vera e propria professione. E ancora grazie all’intervento del Signore: “Voglio dire basta, ma voglio che sia il Signore a darmi un segnale. Non voglio farlo di mia spontanea volontà, voglio che ci sia qualcosa che mi faccia dire: ‘Ok, Junior, basta.’. Da quel momento si sono aperte tutte le porte.”
Chissà quanto sia stato illuminato da Lui mister Ezio Rossi, all’epoca tecnico del Casale. Fu lui a notarlo nel 2015, offrendogli l’opportunità della vita. Insomma, un vero e proprio angelo custode sceso in terra. ” ‘Senti Junior – gli disse Rossi -, vieni qui. Fai qualche giorno di prova e, se va tutto bene, parlo io col presidente’. Non trascorsero neanche due giorni che mi disse: ‘C’è un contratto da 1500 euro al mese per te. Non dovrai pensare a nient’altro, solo al calcio’.”
Da qui, la scalata dall’Eccellenza fino alla Serie A, al fianco di calciatori come Cristiano Ronaldo e di stadi che hanno fatto la storia di questo sport. Tutto, con la stessa ed immutata umiltà che da sempre lo ha contraddistinto. Anche quella nell’ammettere i propri errori, nel riconoscerne i conseguenti danni e nel trovare ad essi la soluzione più complicata: smettere.
Smettere con i cattivi vizi e non, per fortuna, con il calcio. Pur non dimenticando da dove lui arriva e sempre dalla parte di chi è in secondo piano. “Anche per questo, nel calcio, ho sempre avuto maggiore rapporto con i magazzinieri. Specialmente con uno, Max, il mio primo magazziniere al Casale. Adesso è alla Pro Vercelli: è una buona società e sono contento per lui.”
Infine: “Volevo lasciare il calcio per predicare la parola di Dio. Ma lui mi ha dato un segnale. Quello che aspettavo”. Un segnale a cui noi siamo anche noi grati e che ci ha consegnato la storia – umana, ancor prima di quella professionale – di Junior Walter Messias. Un uomo tutto redenzione e fantasia.
(foto: instagram Messias)
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