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LEVA CALCISTICA ’68 – Euro’ 80: El Pichichi Quini

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Il 15 giugno al tramonto si sfidarono Belgio e Spagna. San Siro si presentò mezzo vuoto. Il popolo di fede rossonera era ancora sotto choc per poter pensare di sostenere l’una o l’altra squadra. Ma poco più di diecimila spettatori, quel giorno, videro la nascita dei Diavoli Rossi del Belgio che avrebbero caratterizzato il decennio che iniziava.

“Caja” Ceulemans fu padrone assoluto del campo e, con strappi e lampi di classe, mostrò il suo enorme talento nello stadio che avrebbe potuto essere suo. Duettò di eleganza con Van der Elst per tutto il tempo, facendo passare un brutto pomeriggio ad Asensi & Co. Servì due assist su piatti d’argento a Gerets e Cools per i due gol che misero in ginocchio la Spagna. La difesa alta e la feroce applicazione del fuorigioco fecero il resto.

In realtà, ad un certo punto gli spagnoli avevano anche pareggiato, ma Ceulemans aveva deciso che quella gara si doveva vincere e così fu.

Quel momentaneo pareggio era stato siglato da Enrique Castro Gonzales, uno dei più grandi attaccanti della storia del calcio spagnolo. Più di duecento gol nella Liga. Cinque volte Pichichi, bandiera dello Sporting Gijon e quell’anno ingaggiato dal Barcellona, dove ebbe anche la fortuna di giocare con l’Extraterrestre. Il nome completo forse non dirà niente ai più, ma in molti lo possono ricordare col nome di Quini.

El Brujo aveva il killer istinct dei grandi nove, si muoveva in area di rigore come fosse nel salotto di casa sua e, nonostante i 175 centimetri di altezza, era molto dotato nello stacco aereo. A parte i cinque titoli di capocannoniere in Spagna e i tre o quattro trofei alzati in blaugrana, Quini sali’ agli onori della cronaca – invero nera – nel marzo dell’anno seguente.

Era il primo marzo del 1981 quando, dopo poche ore dal match del Nou Camp (all’epoca si chiamava così) contro l’Heracles vinto sei a zero dal Barca – e dove El Brujo aveva messo una doppietta a referto – venne rapito da due uomini.

Vista la situazione sociale spagnola di quei tempi, si pensò al rapimento con rivendicazione politica. Un sedicente “Battaglione Catalano” emulo dell’ETA che non voleva che il Barcellona, simbolo di separatismo, vincesse il campionato spagnolo.

I blaugrana in quel momento duellavano con l’Atletico Madrid ed avevano anche due punti di vantaggio sui rivali che avrebbero dovuto affrontare il turno seguente, ma il sequestro – con conseguente assenza – del suo goleador (18 reti su 26 partite fino a quel momento) rallentarono molto la loro corsa e pesó molto anche sul rendimento e sul morale dei compagni.

Dopo venticinque giorni Quini viene trovato e liberato a Saragozza. Nessuna matrice politica ma delinquenti comuni, forse tifosi dell’Atletico, con una richiesta di riscatto di quattro miliardi che furono pagati solo in parte. Arrestati tre dei componenti della banda. El Brujo viene trovato molto dimagrito e con una folta barba ma il giorno dopo era di nuovo ad allenarsi.

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Ricordo la mia gioia per il ritrovamento e il dispiacere per la mancata rimonta blaugrana. Impazzivo per Shuster e Simonsen e la meravigliosa maglia a bande larghe.

Ma dato che ‘o Patatern è grosso, il titolo non andò nemmeno all’Atletico Madrid quell’anno ma alla Real Sociedad di Arconada e Zamora, il primo degli unici due titoli vinti nella storia dallo squadrone basco, formato quasi esclusivamente da calciatori di quella regione. Ma questa è un altra bella storia e non c’è tempo. Già rimbombavano nella mia mente “palo”, “testa”, “gomito”, “nuca” di una leggendaria scena del solito Fantozzi.

Era la sera di Italia – Inghilterra.

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