Approfondimenti
LEVA CALCISTICA – La vita è sempre meravigliosa
Un caleidoscopio di emozioni, gioie, sorprese e dolori. Un percorso che ognuno decide di affrontare nella propria maniera, consapevole delle responsabilità delle proprie scelte o, al contrario, trincerandosi dietro pirandelliane maschere, utili alla dissimulazione del proprio essere, omologatrici di masse.
Chi decide di non indossare quelle maschere avrà in dote la gioia e la sofferenza. Come l’esultanza dei ragazzi danesi nella Finale degli Europei del 1992 al gol di Kim Vilfort.
Gioia e sofferenza.
Due a zero contro la corazzata Germania e, trofeo in mano, tutti felici a casa, o in vacanza. Tutti tranne uno, lui, l’Hombre del Partido.
E dire che la Danimarca a quegli Europei nemmeno avrebbe dovuto esserci. Erano tutti in costume i giovanotti quando, dieci giorni prima, venivano chiamati per partecipare al posto della Jugoslavia, calcio e poesia gitana, il cui Stato praticamente non esisteva più e per il qual motivo l’ONU, con una risoluzione del 30 maggio, aveva vietato la partecipazione a qualsivoglia evento sportivo.
Fortunatamente per i Danesi quegli Europei si disputavano nella dirimpettaia Svezia e lo stretto del mare di Oresund, con i suoi quotidiani traghetti, era il tragico compagno di viaggio di Kim. Dove oggi campeggia il bellissimo Ponte, all’epoca il vichingo si immergeva nei suoi pensieri guardando il cielo basso tinto di arancio e viola fino al punto dove iniziavano le gelide acque del Mar Baltico.
Aveva accettato di prender parte all’improvvisata spedizione per non abbandonare i compagni, già orfani del loro asso, a patto di avere la possibilità di prendere quel maledetto traghetto ogni giorno per tornare al capezzale della figlioletta Line che combatteva una partita molto più importante, quella contro una forma di leucemia fetente e aggressiva.
In barba ai soloni ed esperti di calcio internazionale, la Nazionale Danese arrivò fino in fondo. I Vichinghi superarono Inghilterra, Francia e Olanda e si presentarono alla resa dei conti di fronte ai tedeschi sempre contro i favori del pronostico.
E quel giorno Kim, come il pagliaccio di un circo il cui spettacolo deve obbligatoriamente continuare, seppur con la morte nel cuore, si infarina il volto, indossa la sua casacca bianco rossa e scende in campo. Lui era il classico mediano, lancia in resta e scudo in mano, sempre pronto a respingere gli assalti dei nemici, e con quello spirito di sempre quel giorno mostrò alla piccola Line che bisognava sempre combattere senza arrendersi mai.
E dopo che Jensen aveva portato in vantaggio la Danimarca nel primo quarto d’ora di gioco, il concetto di “combattente” di Kim Vilfort fu chiaro a tutti. Lo sbattè in faccia al mondo intero, anche a me. E quando, dopo aver respinto ogni genere di tentativo di attacco degli avversari, lo vidi raccogliere un assist di testa a un quarto d’ora dalla fine, mi alzai in piedi, manco fossi nato a Copenaghen, e con me, credo, migliaia di persone, spingendolo a compiere il suo destino. Controllo di destro e tiro di sinistro, un tiro pieno di tutta la sua rabbia contro la vita. Due a zero: Germania in ginocchio e Vichinghi sul tetto d’Europa.
No, quella non fu un’esultanza. Il team, la Danimarca ed il mondo del Calcio intero, si riversarono su Kim e il suo dramma, dimostrandogli tutto l’affetto possibile e chi, come me, lo conosceva, aveva il volto rigato dalle lacrime, in piedi davanti al televisore.
Anche, se per qualche istante, Kim aveva sorriso e gioito, dopo qualche giorno, purtroppo, fece i conti con il dolore: la sua piccola Line non ce la fece.
Emozioni, gioie, sorprese e dolori.
Infame e perfida, ma meravigliosa comunque, come solo la vita può essere, senza maschera.
Quasi trent’anni dopo la Danimarca si ritrova a vivere un dramma legato ad uno dei suoi simboli. Questa volta però con il lieto fine. Ma un nome, un volto, uno sguardo resterà scolpito nella memoria dei tifosi di tutto il mondo: quello del ragazzo con il numero quattro e la fascia di capitano della Nazionale.
Simon hai fatto vedere al mondo intero cosa vuol dire essere Uomo, Amico, Capitano. Riprendi il tuo destino tra le mani, una sconfitta non può scalfire lo spirito vichingo, anzi, sono certo che ne uscirete più forti di prima, come nel 1992.
Forza Danimarca.
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