Approfondimenti
FIELD & STATS – Tokyo verdeoro
Il Brasile si conferma medaglia d’oro nel torneo olimpico di calcio come già avvenuto cinque anni fa nell’edizione casalinga dei Giochi Olimpici di Rio de Janeiro del 2016, diventando la quinta nazione a vincere due edizioni consecutive dei Giochi Olimpici insieme con Gran Bretagna, Uruguay, Ungheria, e Argentina.
La vittima in finale è ancora una volta un’europea, vale a dire la Spagna (cinque anni fa fu la Germania) che il Brasile di André Jardine ha superato per 2-1 dopo i tempi supplementari con le reti di Matheus Cunha allo scadere del primo tempo di gioco, e di Malcom nel secondo tempo supplementare. Nel mezzo il momentaneo pareggio spagnolo firmato da Oyarzabal.
A completare il podio olimpico c’è il Messico (eliminato dal Brasile in semifinale ai calci di rigore) che nella finale per il bronzo ha superato i padroni di casa del Giappone per 3 a 1 grazie alle reti di Cordova, Vasquez e Vega, di Mitoma la rete giapponese.
IL TORNEO OLIMPICO
Nella grandezza del programma olimpico il calcio perde la leadership di sport iconico così come lo conosciamo, complice anche la strutturazione del torneo che prevede la partecipazione di squadre under 23 con l’utilizzo di massimo tre giocatori fuoriquota.
Questo unito alla contemporaneità con due grandi tornei continentali come gli Europei e la Coppa America pregiudica di fatto la partecipazione dei top player nazionali.
Secondo alcuni il torneo andrebbe riformato, secondo altri addirittura abolito e sostituito con discipline tipo Futsal o Beach Soccer, sta di fatto che il torneo si è disputato e come sempre il campo ha parlato, offrendo spunti interessanti sul piano tattico-organizzativo e mostrato prospetti tecnici individuali di valore.
Al torneo hanno preso parte 16 squadre (assente l’Italia) suddivise in quattro gironi con le prime due di ogni girone a superare il turno per formare il tabellone ad eliminazione diretta a partire dai quarti di finale.
Nella fase a gironi le sorprese maggiori sono negative e riguardano l’eliminazione della Francia di Sylvan Ripoll nel gruppo A con Giappone (unica squadra a chiudere a punteggio pieno la fase a gironi) e Messico (miglior attacco generale con 17 reti e 8 diversi giocatori a segno), quella della Germania di Stefan Kuntz nel gruppo D con Brasile e Costa d’Avorio, e quella dell’Argentina di Fernando Batista nel gruppo C con Spagna ed Egitto (migliore difesa del torneo con 0,5 reti subite in media a partita). Situazione più omogenea nel gruppo B dove emergono l’effervescenza della Corea del Sud (miglior attacco del torneo con 3,5 reti in media a partita) e la solidità della Nuova Zelanda.
FASE AD ELIMINAZIONE DIRETTA
Gli accoppiamenti della fase ad eliminazione diretta mettono di fronte il Giappone e la Nuova Zelanda nell’unico quarto di finale terminato a reti inviolate con i calci di rigore che premiano i padroni di casa (decisivi gli errori dal dischetto di Cacace e Lewis).
Partita scoppiettante invece quella che vede opposte le nazionali di Messico e Corea del Sud che termina con il successo ampio dei campioni olimpici di Londra 2012 per 6 a 3 sui coreani.
Soffre più del previsto il Brasile nel proprio quarto di finale contro l’Egitto che ha mostrato per tutto il torneo un’ottima organizzazione difensiva che capitola soltanto per mano del trequartista dell’Herta Berlino Matheus Cunha.
Quarto di finale thrilling quello tra Spagna e Costa D’Avorio che termina ai supplementari con la vittoria degli iberici per 5-2. E dire che la nazionale di Luis De La Fuente è stata ad un passo dall’eliminazione per via del gol del 2-1 di Grandel al minuto 91 ad alimentare il sogno qualificazione degli ivoriani proprio quando la partita sembrava approdare ai supplementari sul punteggio di 1-1.
Con poco più di tre minuti da giocare la mossa della disperazione di De La Fuente è l’ingresso di Rafa Mir per il capitano Mikel Merino, ed è proprio l’attaccante del Wolverhampton l’uomo del destino che mette in rete in primo pallone toccato dopo un’ingenuità della difesa ivoriana al 93’, per poi chiudere la pratica nei tempi supplementari con altre due reti che gli valgono la tripletta personale (quarto giocatore del torneo a realizzare una tripletta insieme al brasiliano Richarlison, al francese Gignac e al coreano Hwang) e la qualificazione di squadra alle semifinali.
LA CORSA PER IL PODIO
Le semifinali che andranno a definire la contesa per il colore delle medaglie finiranno per essere le gare più soporifere del torneo dove l’attenzione tattica e la paura di perdere hanno il sopravvento sul tanto talento presente in campo.
La prima semifinale è un rematch della finale per l’oro di Londra 2012 tra Brasile e Messico con la nazionale verdeoro che consuma la propria rivincita ai calci di rigore al termine di una partita a reti inviolate fino al 120’. Decisivi gli errori dal dischetto di Aguirre e Vasquez che mandano i messicani a giocarsi la medaglia di bronzo, ed il Brasile a difendere il titolo di Rio 2016.
Stesso destino sembra attendersi dall’altra semifinale tra Spagna e Giappone con gli iberici che non transigono dalla propria filosofia e dalla fisionomia tattica del 4-3-3 e dal dominio del palleggio che trova pochi sbocchi nelle maglie della difesa nipponica che mostra organizzazione eccellente e rapidità in ripartenza.
L’equilibrio in campo che sembrava condurre anche questa gara ad una risoluzione dagli undici metri è spezzato da una magia del madrileno Marco Asensio che al minuto 115 riceve palla da Oyarzabal all’altezza del lato corto di destra dell’area di rigore e con un pregevole sinistro a giro supera l’incolpevole portiere giapponese Tani sul palo lontano e spedisce la Spagna in una finale olimpica 21 anni dopo Sidney 2000.
LA FINALE PER L’ORO
A giocarsi il gradino più alto del podio sono dunque le due grandi favorite della vigilia: la Spagna di De La Fuente che annovera tra le proprie fila sei giocatori già presenti ad Euro2020 (Unai Simon, Eric Garcia, Pau Torres, Pedri, Dani Olmo, Oyarzabal), ed il Brasile di Jardine che affida ai tre fuoriquota (il portiere Santos, Dani Alves, Diego Carlos) il compito di blindare la difesa e dare maggiore spensieratezza ai talentuosi attaccanti.
La fisionomia di entrambe le squadre è stata molto chiara fin dall’inizio del torneo. Il Brasile è sempre sceso in campo con un sistema base 1-4-2-3-1 con Santos tra i pali, il capitano Dani Alves e l’ex atalantino Arana sugli esterni e la coppia centrale di difesa composta da Nino e da Diego Carlos che hanno sempre curato l’inizio azione con la compartecipazione alternata dei due mediani Douglas Luiz e Bruno Guimaraes, anche se tra i due è il centrocampista dell’Aston Villa a scendere più spesso sotto linea mentre Bruno è un centrocampista più verticale. Davanti due esterni larghi a piede invertito vale a dire Antony dell’Ajax a destra e Claudinho del Red Bull Bragantino a sinistra, Matheus Cunha alle spalle dell’attaccante dell’Everton Richarlison, con i ruoli che spesso si sono invertiti nel corso delle gare.
Dal canto proprio la Spagna si è sempre affidata ad un 1-4-3-3 con Unai Simon tra i pali, l’inizio azione con E. Garcia e P. Torres a provocare il pressing avversario con l’ausilio del vertice basso del centrocampo a tre, Zubimendi della Real Sociedad, e i terzini Oscar Gil e Cucurella già alti sulla linea dei centrocampisti. Le mezzali Mikel Merino e lo stacanovista Pedri (giunto alla 73° partita disputata in stagione) oltre a contribuire allo sviluppo della manovra nell’ultimo terzo di campo, andavano spesso ad attaccare la profondità centralmente senza palla nello spazio lasciato libero dal movimento a venire incontro della punta centrale che quasi sempre è stata Oyarzabal. Sugli esterni d’attacco Dani Olmo e Marco Asensio liberi di cambiare spesso la fascia di competenza con il giocatore del Lipsia che partiva da sinistra e il madrileno da destra.
La gara è un po’ bloccata in avvio come è lecito attendersi in una finale, a maggior ragione se si considera che entrambe le squadre si trovavano ad affrontare per la prima volta un avversario che voleva il possesso del pallone per poter dettare i ritmi della partita.
La prima chance clamorosa di sbloccare la gara è sui piedi di Richarlison che poco dopo la mezz’ora manda sopra la traversa un calcio di rigore assegnato dall’arbitro australiano Beath. Buon per lui e per i suoi che prima di rientrare negli spogliatoi, in pieno recupero, Matheus Cunha riesce a controllare tra i due centrali spagnoli uno spiovente di Dani Alves e battere di destro l’incolpevole Simon.
Ad inizio ripresa De La Fuente tiene in panchina Merino e Asensio e manda in campo Carlos Soler e la stellina ex Siviglia (lo scorso anno in prestito all’Eibar) Bryan Gil appena passato al Tottenham di Fabio Paratici.
Sono proprio i due neo entrati intorno al 60’ ad orchestrare una buona combinazione sull’out di destra con Soler che serve al centro un gran pallone che Oyarzabal insacca alle spalle di Santos con un sinistro al volo impeccabile.
Il gol che vale la medaglia d’oro arriva in avvio del secondo tempo supplementare sugli sviluppi di un corner a favore della Spagna Bruno Guimaraes mette fuori un pallone su cui arriva per primo Antony che dalla fascia destra opera un cambio gioco per Malcom (entrato al 90’ al posto di Cunha) che nell’uno contro uno in velocità brucia Vallejo (subentrato ad Oscar Gil) e di sinistro supera Unai Simon.
Bis iridato quindi per il Brasile capitanato da Dani Alves che con questo successo aggiorna il proprio albo personale a 44 titoli, che vince con pieno merito questo torneo olimpico per quanto fatto vedere in campo, non essendo mai andato sotto nel punteggio e portando a casa anche lo scettro di capocannoniere del torneo con Richarlison (6 reti).
I TALENTI IN EVIDENZA
Tra le individualità, oltre al bomber dell’Everton e capocannoniere del torneo Richarlison, tutto il reparto avanzato del Brasile si è messo in grande evidenza, da Claudinho (Red Bull Bragantino) a Antony (Ajax) passando per Matheus Cunha (Herta Berlino), ma se c’è da spendere un solo nome nella selezione brasiliana, quello che ha maggiormente abbagliato per qualità di tocco e posture è senza dubbio il centrocampista dell’Olympique Lione Bruno Guimaraes che ha mostrato una capacità di andare in verticale davvero eccellente.
Nella Spagna oltre ai volti noti Pedri, Olmo e Oyarzabal, ha ben figurato come metronomo di centrocampo Martin Zubimendi della Real Sociedad. In quanto a talento sembra aver poco da invidiare ai sopracitati anche Bryan Gil, classe 2001 passato dal Siviglia al Tottenham e autore di 4 reti e 3 assist nella scorsa Liga con il retrocesso Eibar. Ultima nota di merito tra gli iberici per il terzino sinistro del Getafe Marc Cucurella dotato di gran corsa e buoni tempi d’inserimento.
Hanno brillato molto le stelle del Giappone padrone di casa, su tutti il madrileno rientrato dal prestito al Getafe Takefusa Kubo trequartista autore di tre reti in questo torneo olimpico. Tra gli “europei” bene anche Ritsu Doan esterno destro d’attacco della nazionale di Moriyasu di proprietà del PSV Eindhoven rientrato dal prestito all’Arminia Bielefeld con cui ha realizzato 5 reti e 3 assist nella scorsa stagione.
Altri due nomi della nazionale nipponica meritano di essere citati, l’attaccante centrale Daichi Hayashi appena passato ai belgi del Sint-Truiden, molto bravo nel legare il gioco e decisamente rapido, deve certamente migliorare in fase di finalizzazione. Infine un ottimo centrocampista dotato di quantità e qualità come Ao Tanaka, classe 1998 prelevato dal Fortuna Dusseldorf dalla squadra giapponese del Kawasaki Frontale con cui nell’ultima stagione ha segnato anche un gol e fornito 4 assist.
Tra i mattatori di questo torneo olimpico c’è senza dubbio il centrocampista messicano classe 1997 del Club America Sebastian Cordova che in questo torneo olimpico ha messo a segno 4 reti e servito 3 assist.
Non sarà stata una parata di stelle, ma questo torneo olimpico ha fornito tanti spunti per gli addetti ai lavori e mostrato ottimi talenti. La qualità generale del torneo, considerato il periodo altamente inflazionato in cui si è disputato, dopo un anno e mezzo di pandemia, è stata tutto sommato buona.
La speranza per noi italiani è quella di essere presenti e magari recitare un ruolo da protagonisti tra tre anni per i Giochi di Parigi 2024.
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