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NUMERO 14 – Avere vent’anni

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Tokyo, 8 Dicembre 1985. E’ in corso la finale della Coppa Intercontinentale tra Juventus e Argentinos Juniors. Partita dura, tiratissima. I sudamericani si sono rivelati più ostici del previsto, ad inizio ripresa il punteggio è fermo sull’1 a 1, Platini su rigore ha appena replicato al gol di Ereros. Il capitano Scirea si ferma, zoppica vistosamente, è costretto a chiedere il cambio. L’allenatore Trapattoni sfoglia la margherita: il giocatore è l’anima della squadra, sostituirlo non è semplice, ogni soluzione sarebbe un azzardo. Arretrare il mediano Manfredonia nel cuore della difesa, contando sui suoi esordi da libero? Spostare il terzino Favero al centro della retroguardia e puntare tutto sulla sua esperienza? Alla fine il tecnico bianconero decide di mandare in campo, al posto di Scirea, il giovane Stefano Pioli.

A scuola dai campioni

Il nuovo arrivato è un ventenne tutto grinta ed entusiasmo. L’anno prima aveva compiuto un doppio salto di categoria, dalla Serie C del suo Parma alla massima serie con la Juventus Campione d’Italia in carica. Un ottimo campionato disputato da titolare gli aveva portato in dote il trasferimento a Torino. Un assegno da un miliardo aveva strappato quel ragazzo cosi promettente all’Inter, la squadra cui era destinato. Le sue doti avrebbero fatto comodo ad una squadra bisognosa di innesti: Claudio Gentile, il terzino che aveva ingabbiato gente come Maradona e Zico al Mondiale di Spagna, aveva già fatto le valigie con destinazione Firenze. E anche gli altri baluardi della difesa, come Sergio Brio o Antonio Cabrini, avevano le loro brave primavere sulle spalle. Cosi come il neocapitano Gaetano Scirea,  ormai più che trentenne. Il compito di Pioli è quello di prepararsi a raccogliere la loro eredità in un futuro molto vicino. Il che vuol dire andare a lezione da questi campioni: stargli vicino in allenamento, carpire i loro piccoli segreti, assimilarne i comportamenti.

Primo impatto

Il ragazzo è sveglio, si presenta puntualissimo al ritiro estivo, esattamente quello che ci si aspetta da un novellino con tanta voglia di imparare. Ad accoglierlo c’è il presidente Boniperti, pronto a dargli le prime indicazioni, anche su come ci si muove fuori dal campo. I capelli vanno tenuti sempre in ordine, l’abbigliamento non può prescindere dalla giacca e cravatta. Nello spogliatoio è Scirea a fare gli onori di casa, rientra nei suoi doveri di capitano. Pioli viene accolto come se facesse parte da sempre di quel gruppo, è importante che si senta subito a suo agio. Mister Trapattoni si prende cura di lui in modo particolare, come è abituato a fare con tutti i giovani. Al termine dell’allenamento non si nega mai per una mezz’ora di esercizi supplementari per affinare la tecnica. E’ scontato che, data la giovane età e la caratura dei titolari, lo aspetta un anno di apprendistato con tanta panchina. Eppure riesce a ritagliarsi un suo spazio nel corso della stagione, con esordio sia in campionato che in Coppa dei Campioni.

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Tragica finale

Il giorno della finale di Coppa, allo stadio Heysel di Bruxelles, Pioli è in tribuna. Un infortunio gli impedisce di far parte dei convocati, vedrà la partita dagli spalti. Allo scoppio dei primi tafferugli nel settore Z gli viene detto di rientrare immediatamente negli spogliatoi. La situazione è drammatica, confusa. Non ci sono notizie certe, si parla di scontri e di feriti. Dopo cominciano ad apparire i primi tifosi, molti sanguinanti, tutti terrorizzati. Ormai è chiaro che la situazione è sfuggita di mano alle forze dell’ordine, si pensa che la partita verrà rinviata. Alla fine viene chiesto alle squadre di scendere in campo per cercare di tranquillizzare l’ambiente e dare modo ai poliziotti di dividere le tifoserie. Il match si svolge in una atmosfera irreale, i giocatori vagano per il campo con la mente altrove. La vittoria finale ha il sapore amaro di una tragica beffa. Nessuno avrebbe voluto essere Campione d’Europa in quel modo, tanto meno un ragazzo di neanche vent’anni.

Battesimo del fuoco

In ogni caso la sofferta vittoria di Bruxelles da alla Juventus il diritto di disputare la Coppa Intercontinentale contro i campioni del Sudamerica, l’Argentinos Juniors. La partita si gioca in Giappone, Pioli deve sostituire Scirea. E’ il suo primo, grande match internazionale, una partita difficile, una finale secca dove non si può sbagliare nulla. L’allenatore ha scelto lui, a dispetto dei suoi vent’anni, perché sa di potersi fidare. E ha fatto bene: si sistema alle spalle di Brio e Favero, dietro ha Tacconi, al suo fianco c’è il nuovo capitano Cabrini. Gli avversari minacciano l’area bianconera con improvvise accelerazioni, ispirati dagli smarcanti lanci dello scatenato fantasista Borghi. Alla fine è parità, 2 a 2. Si va ai supplementari e poi ai calci di rigori. Alla lotteria dei tiri del dischetto Pioli viene iscritto come sesto, in caso di prosecuzione ad oltranza sarà il primo a tirare. Altra attestazione di stima da parte del suo allenatore. Ma non ci sarà bisogno del suo apporto, le parate di Tacconi e il quinto rigore messo a segno da Platini consegnano la vittoria alla Juventus. Anche quel ragazzo di vent’anni può posare nelle foto con la Coppa.

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