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Angolo del tifoso

ANGOLO JUVE – Mariomerolismi

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La profondissima fede bianconera di chi scrive prescinde dalla cultura partenopea, che per ovvie ragioni anagrafiche ha inevitabilmente contaminato e caratterizzato tutti i primi 31 anni di questa non più troppo giovane vita. La passione struggente per Del Piero, Zidane e Buffon non ha mai evitato che la mia mente e la mia anima potessero trarre beneficio da quella che più che una cultura è una filosofia di vita: posso recitarvi la Sceneggiata di Troisi, Arena e De Caro così come potrei raccontarvi la formazione della Juve nella sfortunatissima notte di Manchester del 2003. Spoiler: non c’era Nedved.

Ed è proprio di sceneggiate che questo cuore ferito vuole parlare oggi: perché qua si parla, si parla, ma non si mangia mai, recitava la Pupella di Totò e Scarpetta in Miseria e Nobiltà, mai titolo fu più azzeccato per andare a descrivere la miseria della situazione che da un paio di giorni la tifoseria juventina si trova a dover tollerare.

Non solo una stagione priva di titoli, con nessuna passeggiata in giacca e cravatta verso le teche dello J Museum. Alle lacrime, ai rimorsi, ai rimpianti per non aver dato tutto ciò che si poteva in quella partita con l’Inter in cui le sorti del campionato si sarebbero potute cambiare, si sono aggiunte due storie apparentemente collegate. Apparentemente, appunto.

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Le lacrime e l’addio in pompa magna di Capitan Chiellini, alla cui uscita la sottoscritta non ha saputo trattenere l’emozione, non che vi stia raccontando qualcosa di nuovo. Il giro di campo, l’applauso della squadra, lo speciale sui canali ufficiali. Il giusto omaggio a un uomo che è stato e che sarà per sempre la colonna portante, la testata d’angolo, il cacio sui maccheroni della Juve che conosciamo.

E poi lì, da solo, abbandonato dal mondo, uno scricciolo di argentino che non riesce ad ottenere nemmeno un post su Instagram. Il neo capitano Bonucci lo tira via, lascia che questa tifoseria distrutta da una scellerata gestione societaria (alert ironia) gli tributi l’ultimo, lunghissimo applauso. La nostra anima si squarcia alla vista di questo ragazzo disperato, sofferente nel lasciare i verdi campi della Continassa, alla quale più e più volte aveva giurato amore eterno, società brutta e cattiva che non lo ha rinnovato, mica lui che ha rifiutato il rinnovo per due volte.

Forse il principale interprete delle sceneggiate napoletane è stato Mario Merola. Sfido chiunque a fare un giro sulle tv locali campane e a non trovare nemmeno un suo film in onda a qualsiasi ora del giorno e della notte. Eppure noi non lo sapevamo, ma a quanto pare l’erede di Mario Merola non è napoletano.

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È argentino.

Otto di giugno, Jorge Antun si presenta bello fresco e pimpante agli uffici. Di via Druento direte voi. Eh no, le sceneggiate a quanto pare portano direttamente a Milano, sponda Inter, sponda Marotta, l’unica sponda che chi si permette di versare lacrime su quella maglia non dovrebbe mai e poi mai toccare. E che sarà mai, l’hanno fatto Davids e Ibra, l’ha fatto Vidal. Poco importa di questi. Dal momento in cui Paulo Dybala apporrà la sua firma sulla carta intestata che lo porterà a comprare un appartamento al Bosco Verticale, diventerà un Antonio Conte qualunque. Che per quanto mi riguarda è il più pesante degli insulti.

Tocca pure sciropparsi le stories di Materazzi con tanto di cuori nerazzurri. I cuori nerazzurri. A uno che ancora porta la maglia a strisce bianconere con il dieci sulla schiena nella profile pic. Con buona pace di mia madre dice che devo smetterla con il turpiloquio.

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Andiamo alle attribuzioni delle colpe. Di chi sono? Di chi non ha saputo consigliarlo? Del presidente Agnelli, che si era permesso di dire che non era tra i top 5 al mondo? Di Arrivabene addirittura, che aveva osato dire che alcuni calciatori provano più amore per i loro procuratori che per la maglia?

Ma siano benedetti loro, fischiati e criticati per aver lasciato andare chi evidentemente di Juve non ci ha capito davvero un immane nulla. Mi risulta da fonti verificate che se una cosa la vuoi, te la prendi. “Chi vuole restare alla Juve lo fa anche per un tozzo di pane”, e come darle torto Avvocato. Qui pare non basti più nemmeno il companatico, ma a livello di lacrime artificiali sembra Cinecittà.

Se l’amore non sapete meritarvelo, per favore, non fate finta. Non abbiamo bisogno di dichiarazioni plateali, lasciate la buonanima di Mario Merola ai suoi tradimenti e giuramenti: non giurate, e non ci tradirete.

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Che qua gli unici autorizzati a baciare e piangere sulle maglie siamo noi.

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