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NUMERO 14 – Quando Maradona era Diego

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Diego Armando Maradona
Tempo di lettura: 3 minuti

Quando Maradona era Diego.

Buenos Aires, Dicembre 1968. Un vecchio furgoncino sta percorrendo le strade della periferia della capitale argentina. A bordo c’è Francisco Cornejo, l’allenatore della squadra giovanile dell’Argentinos Juniors.

A suo fianco un ragazzino da indicazioni all’autista per raggiungere Villa Fiorito, il quartiere dove risiede la famiglia Maradona.

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Lo chiamavano Pelusa

La loro meta è uno dei barrios più degradati della città. Un agglomerato di baracche abitato da famiglie povere. Il posto dove i ragazzi crescono prendendo a calci un pallone fatto di stracci.
Un luogo dal quale solo chi ha talento va via, per diventare un calciatore professionista. Cornejo sa bene che chi è nato da quelle parti può avere le qualità per sfondare. Non si è stupito quando Goyo Carrizo, un ragazzo originario di Villa Fiorito, gli ha parlato di un suo amico descrivendolo come un fenomeno.
Con il mestiere che fa sente parlare ogni giorno di presunti campioni. Può essere vero nella stessa misura in cui può non esserlo.

In ogni caso un provino non si nega a nessuno, l’unica verità la stabilisce il campo da gioco. Ha detto a Carrizo di presentarsi con questo tizio al campo di allenamento della sua squadra.

I due ragazzi sono stati puntuali all’appuntamento, Goyo ha presentato il suo amico Diego Maradona a Cornejo.
Viene organizzata subito una partitella otto contro otto. Diego, meglio conosciuto come “El Pelusa” per la folta capigliatura nera, si piazza al centro del campo e, appena in possesso del pallone, lascia tutti a bocca aperta.
Dribbling, possesso palla, finte, accelerazioni. Fa ogni cosa con una naturalezza disarmante, come se fosse nato solo per fare quello.
Cornejo, dopo averlo visto in azione, ha un solo dubbio: può un fuoriclasse del genere avere davvero soltanto otto anni?

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Restare se stesso

Per fugare ogni dubbio viene subito organizzata una spedizione diretta verso casa Maradona. Dio voglia che Diego non sia un nano che tenta di spacciarsi per bambino.

Non sarebbe la prima volta che Don Francisco si trova davanti tipi del genere, c’è chi farebbe di tutto per diventare qualcuno.

A fare gli onori di casa è Dalma, la madre. Gli viene spiegata la situazione, suo figlio è un ragazzo fuori dal comune, potrebbe avere un futuro radioso nel calcio. Bisogna solo essere certi della sua nata di nascita.
Salta fuori l’agognato certificato: è tutto vero, è nato il 30 Ottobre 1960.

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Cornejo è raggiante: Diego è stato benedetto dagli Dei del calcio, le sue doti sono un dono del cielo. Sarà il più grande di tutti i tempi e lui, come suo allenatore, ha soprattutto il dovere di assicurarsi che rimanga se stesso.
A farlo diventare quello che il Destino ha stabilito che sia provvederà il suo immenso talento, Cornejo deve soltanto assicurarsi che l’uomo Diego sia all’altezza del campione Maradona.

Cebollita Maradona

Da quel giorno Diego diventa il numero 10 della squadra giovanile dell’Argentinos Juniors, alle dirette dipendenze di mister Cornejo.

Don Francisco, reduce da una mediocre carriera da calciatore, ha sempre avuto un grande sogno: allevare un campione. E adesso, quando vede Diego scorrazzare per il campo e lasciarsi tutti alle spalle mentre dispensa meraviglie, pensa che si stia realizzando.

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Non ci sono dubbi, quel ragazzo è un diamante purissimo. E’ ancora allo stato grezzo, certo, c’è da lavorarci su. Soprattutto sotto il profilo fisico: è ancora troppo basso e magro per la sua età. Cornejo lo porta dal Dottor Palladino, un medico sportivo specializzato in pugili e glielo lascia in consegna.

La dieta consigliata dal medico e alcuni medicinali aiuteranno il suo fisico ad irrobustirsi. Al termine del ciclo di cure, Diego è, secondo le parole del sanitario, un “autentico puledro da corsa”.
Il suo nuovo vigore atletico, abbinato alle strabordanti doti tecniche, lo rende irresistibile. I compagni di squadra, ammirati dalla sua classe, lo eleggono subito leader.

Lui ricambia conducendo Le Cebollitas (adesso così si  chiamano) alla vittoria in innumerevoli trofei giovanili, con una striscia di imbattibilità di 136 incontri consecutivi.
La sua ascesa è cominciata, il traguardo dell’ingresso nel professionismo sembra già profilarsi all’orizzonte.

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La fine dell’infanzia

Nel frattempo Don Francisco è diventato per il ragazzo molto di più di un semplice allenatore. Tanto severo e rigoroso sul rettangolo verde quanto dolce e comprensivo in tutto il resto.
Diego ha qualche problema a scuola per le ripetute assenze? Cornejo si assume l’impegno di andare a parlare con gli insegnanti. Diego ha litigato con qualche vicino nel quartiere? Cornejo si offre come mediatore per risolvere la questione.

La famiglia Maradona apprezza la sua dedizione nei confronti di Diego e gli lascia carta bianca.

Valutando positivamente, nel contempo, anche il suo comportamento, del tutto privo di interesse. Don Francisco, anche se di fatto ha la completa gestione di un futuro asso del calcio, non ha mai chiesto un documento che gli assicuri la procura di Maradona.  Ritiene che non ce ne sia bisogno, basta una stretta di mano tra lui e i genitori del ragazzo.

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Che, comunque, ha già espresso alla sua famiglia il suo desiderio di rimanere accanto al suo mister, l’uomo che l’ha scoperto. E che lo dovrebbe preparare per il debutto nel calcio dei professionisti, come ricorda a Cornejo la dirigenza dell’Argentinos Juniors nella primavera del 1976.
Inutili le proteste di Don Francisco, restio a privarsi prima del tempo del suo gioiello. A neanche 16 anni l’infanzia di Diego finisce, è tempo che diventi Maradona.

(Foto: Depositphotos)

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