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NUMERO 14 – Maradona contro il Resto del Mondo

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Buenos Aires, 25 Giugno 1979. Allo stadio “Monumental” è in programma un’amichevole di prestigio: la Nazionale argentina, campione del mondo in carica, affronta una selezione del Resto del Mondo, formata dai migliori giocatori europei e sudamericani. I padroni di casa, guidati dal c. t. Luis Menotti, sono chiamati a confermare la bontà del titolo conquistato dodici mesi prima. Una vittoria considerata dai più come la logica conseguenza di un torneo disputato in casa e sotto lo sguardo severo di un regime militare che non avrebbe digerito un risultato diverso. Inevitabile pensare che l’atmosfera opprimente in cui si è giocato abbia intimidito più di una squadra avversaria. Naturale anche ritenere che il clima pesante abbia condizionato anche qualche direttore di gara. Logico persino ritenere che qualche giocatore abbia tirato indietro la gamba pur di non infastidire i favoritissimi della vigilia. Che hanno vinto, sì, ma non convinto. E quel ragazzino dal volto corrucciato chi è? Una faccia nuova, dato che nel gruppo vincente dello scorso anno non c’era. Qualcuno sussurra il suo nome con ammirazione. Lui, 19 anni neanche e una manciata di partite con l’albiceleste, ha finalmente l’occasione per prendersi la sua rivincita. Diego Maradona lancia il suo guanto di sfida al Resto del Mondo.

Esclusione all’ultimo momento

In patria è già un idolo: i tifosi guardano a lui come un profeta, i compagni di squadra si aggrappano alle sue invenzioni, per gli allenatori è il grimaldello che risolve ogni partita. Tutti pensano sia il futuro del calcio argentino, lui smania per prendersi il presente. Il c. t. Menotti lo conosce e l’apprezza: l’anno prima, alla vigilia del Mondiale, l’ha inserito nel gruppo da cui avrebbe scelto i 22 selezionati per il torneo. Tutto lasciava credere che anche lui avrebbe partecipato. E, invece, Menotti aveva deciso, all’ultimo momento, di lasciarlo fuori. Per dare la preferenza a giocatori, a suo dire, “più esperti”. Una spiegazione non del tutto plausibile, al punto che si erano moltiplicate le voci secondo cui Maradona era stato fatto fuori non tanto dal tecnico quanto dai veterani della squadra. Troppo incline a fare di testa sua, Diego, troppo poco ossequioso nei confronti dei senatori del gruppo. Il capitano Daniel Passarella, libero vecchio stampo,  non rinuncerebbe per nulla al mondo a far pesare la sua autorità ai compagni. Per lui Maradona è solo un ragazzino presuntuoso che deve ancora dare prova del suo valore. A cominciare da stasera, visto che la Coppa del Mondo l’ha vissuta da spettatore. Il caudillo Passarella comanda una difesa composta da Galvan, Tarantini ed Olguin, oltre il portiere Fillol.  A centrocampo ci sono Gallego, Houseman ed Ardiles. In attacco, con Maradona, Valencia e Luque.

Una multinazionale del calcio

Di fronte c’è quanto offre di meglio il panorama calcistico. Il selezionatore è l’italiano Enzo Bearzot, l’allenatore che ha mostrato il miglior gioco al Mondiale dell’anno precedente. Per costruire la squadra si è affidato, soprattutto, ai suoi uomini. Quasi tutti hanno risposto al suo appello, l’unico assente è l’attaccante Bettega. La sua formazione vede in porta il brasiliano Leao, una difesa orchestrata dal libero olandese Krol (anche con la fascia di capitano) con il tedesco Kaltz e l’austriaco Pezzey in marcatura e l’azzurro Cabrini a spingere sulla fascia sinistra. A centrocampo c’è il raffinato regista francese Platini, affiancato dal mediano Tardelli e dall’elegante mezzala spagnola Asensi. In attacco il centravanti è Paolo Rossi, le ali sono Causio e il polacco Boniek. Nonostante le numerose defezioni (l’austriaco Krankl, il polacco Lato, l’ungherese Torocsik) è un gruppo di tutto rispetto, impreziosito dalla presenza, tra le riserve, del campione brasiliano Zico.

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Amichevole solo di nome

In campo non c’è sicuramente aria di esibizione amichevole. Entrambe le formazioni vogliono vincere e si vedono spesso tackle decisi ed entrate vigorose. C’è una iniziale supremazia territoriale da parte dell’Argentina, i ragazzi di Menotti hanno scelto di assaltare all’arma bianca la porta avversaria. Maradona si prende subito la scena: veroniche d’alta scuola alternate a cambi di passo e verticalizzazioni improvvise. Il suo marcatore Tardelli ingaggia con lui un duro ma leale duello. Verso la mezz’ora del primo tempo il Resto del Mondo si rende pericoloso più volte: Platini innesca Causio e Boniek che si involano sulle fasce e mettono al centro degli invitanti traversoni. Rossi è una minaccia costante anche se la miglior occasione per gli ospiti è un tiro da fuori area di Platini. Ma sono gli argentini a passare: Passarella lancia in profondità Valencia che riesce a smistarla verso il vertice sinistro dell’area di rigore. Sul pallone si fionda Maradona che lo tratta poi da par suo. Controllo morbido, finta a sbilanciare il marcatore e poi un imprendibile sinistro a giro che manda il pallone  poco sotto l’incrocio dei pali. Niente da fare per Leao, l’Argentina è in vantaggio. Maradona urla a tutto lo stadio la sua esultanza.

Pareggio e sorpasso

La selezione di Bearzot non si scompone. C’è una reazione immediata, affidata ai lanci sapienti dalla retroguardia di Krol, ai suggerimenti di Platini e alle cavalcate in profondità di Cabrini, Causio e Boniek. Il ventenne terzino sinistro è propositivo, più volte tenta di servire il sodale Rossi in area. Cosi come cerca di fare il fulvo Boniek, in perfetta sintonia con il guizzante centravanti. All’inizio del secondo tempo Platini lascia il posto a Zico mentre Cabrini viene sostituito dal difensore brasiliano Toninho. L’Argentina si affida alle invenzioni di Maradona, sempre più padrone del centrocampo e sempre affidato alla guardia di Tardelli che, spesso, deve ricorrere al fallo per fermarlo. Alla fine, l’ennesima irregolarità gli costa il cartellino rosso. Ma l’inferiorità numerica non frena il Resto del Mondo che può contare sulle invenzioni del duo Causio-Zico. L’ala italiana lancia in profondità il fantasista brasiliano che, con una finta, sbilancia il suo marcatore e mette al centro un pallone che Galvan devia nella sua rete nel tentativo di anticipare Rossi. Dopo pochi minuti ancora una giocata di Causio libera Toninho sulla fascia. Il terzino crossa al centro per Zico che insacca il pallone del vantaggio.

Beffa al regime

Il risultato non cambia più e il Resto del Mondo vince l’incontro che doveva celebrare la vittoria dell’Argentina nel Mondiale dell’anno prima. I gerarchi del regime, in tribuna, faticano a mascherare la stizza. La premiazione è diventata una fastidiosa formalità da sbrigare in fretta. Una ruvida stretta di mano e nessun complimento, neanche di circostanza.  I vincitori sembrano dei bambini discoli che sghignazzano dopo aver interrotto per dispetto una festa dei grandi. L’unico argentino che sorride è Maradona. Ha chiuso i conti in sospeso, si è misurato con onore con il calcio che conta, ha siglato la sfida con il suo sinistro già in grado di esaltare la folla. Lui non ha perso la sua partita.

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