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NUMERO 14 – Là dove sei felice, sei a casa
“In Sardegna? Non ci vengo. Piuttosto smetto di giocare. Mi dispiace, Lei ha fatto il viaggio inutilmente”. Andrea Arrica, dirigente del Cagliari, è completamente spiazzato. L’espressione di quel ragazzo è decisa, il suo tono è perentorio. La sua società ha già firmato il contratto con il Legnano, tornare sull’isola senza di lui sarebbe un problema. E’ sicuro che Gigi Riva sia un futuro campione, vuole farlo crescere nella sua squadra ma il suo interlocutore non è di questo avviso. E pensa al quel posto come ad una prigione, un luogo privo di prospettive, lontano centinaia di chilometri dai suoi affetti. I due si lasciano accordandosi sull’idea di un sopralluogo preliminare a Cagliari, se al ragazzo non garba l’ambiente non se ne farà nulla. Arrica ha giocato l’ultima carta, Riva pensa ad una toccata e fuga. Esclude la possibilità di realizzarsi in questo modo, la Sardegna lo inquieta, pensa di non riuscire a viverci. Non sa che là dove sei felice, sei a casa.
Il ragazzo del lago
La sua storia è quella di un orfano. Suo padre Ugo, sopravvissuto a ben tre guerre, è morto a causa di un incidente sul lavoro. Un pezzo di ferro, staccatosi da una pressa della fabbrica dove lavorava, gli ha perforato lo stomaco con la violenza di un proiettile. Pochi anni dopo una malattia gli ha portato via anche sua sorella Candida. Infine, sua madre Edis, stroncata da un tumore. A 16 anni Gigi è già un uomo. Per forza di cose: lascia il collegio dove è cresciuto e si impiega come operaio per sostenere quello che resta della sua famiglia. Non può più essere lo spensierato ragazzino che giocava in riva al lago, adesso nella sua testa c’è solo spazio per il dolore e i rimpianti. Oltre che a una voglia di rivalsa contro la sorte che, per lui, passa attraverso un pallone. E’ robusto, è coraggioso e ha un sinistro che non perdona. Gioca nei tornei amatoriali di Leggiuno, il suo paese d’origine, e ottiene un ingaggio dal Laveno: per metà giornata lavora in fabbrica, poi in campo ad allenarsi. Le caterve di gol segnati nel campionato dilettantistico gli valgono il passaggio al Legnano, in serie C. E’ ormai un semiprofessionista, anche se continua ad alternare il lavoro di meccanico al calcio. Sogna di andare all’Inter, la sua squadra del cuore ma andrebbe bene anche giocare altrove, purché non sia troppo distante da Leggiuno. Non vuole recidere i suoi legami, ritiene indispensabile sentirsi in famiglia. Là dove sei felice, sei a casa.
Quel volo per Cagliari
Arturo “Sandokan” Silvestri e Omero Tognon, allenatore e vice del Cagliari, si scambiano uno sguardo d’intesa. Hanno visto la gara del Legnano, quell’ala sinistra è un potenziale fuoriclasse. Arrica è d’accordo con loro e chiude in fretta l’accordo con i lombardi: Riva vestirà la maglia rossoblu per 37 milioni di lire. E’ una somma impegnativa per le casse dei sardi, l’affare va concluso ad ogni costo. Per vincere l’ imprevista resistenza del ragazzo gli organizza una visita guidata alla città. Riva, scortato dal suo allenatore Lupi e dalla sorella Fausta, si imbarca a Milano su un aereo che fa scalo prima a Genova e poi ad Alghero ed infine lo porta a Cagliari. L’interminabile viaggio lo rafforza nelle sue convinzioni, è finito in esilio in un posto sperduto. Ben poco possono fare i sorrisi rassicuranti dei dirigenti sardi, la cordialità dei nuovi compagni di squadra, le buone sensazioni di Fausta. Gigi si sente fuori posto, solo un discreto stipendio e la prospettiva di un intero campionato di B da titolare lo convincono a rimanere, almeno per un anno. Per dodici mesi Cagliari sarà casa sua, ci sarà il mare al posto del suo adorato lago. Non sarà la stessa cosa ma ci si può accontentare, persino esserne contento. Là dove sei felice, sei a casa.
Ambientamento difficile
I primi giorni l’allenatore Silvestri si offre come guida per fargli conoscere meglio l’ambiente cittadino. E’ un uomo sanguigno e schietto, l’ideale per fare breccia nel muro di diffidenza eretto dal ragazzo lombardo. In fondo Gigi è solo un 19enne alla sua prima esperienza: non è mai uscito fuori dalla provincia di Varese, non sa nulla del resto del mondo. Il primo impatto con lo stadio “Amsicora” è uno shock: neanche un filo d’erba, da una porta all’altra solamente terra battuta. Gigi non ha neanche il tempo di storcere il muso, il vice allenatore Tognon lo impegna subito in una dura sessione di allenamento. La società ha investito parecchio sul ragazzo ma ora è compito dei tecnici metterlo in condizioni di rendere al massimo. Quindi il buon Omero gli rinforza il fisico a furia di esercizi, poi tocca a “Sandokan” Arturo di rifinirlo nei fondamentali e dargli un mucchio di dritte, anche extrasportive. Gigi forse pensa di essere finito nei pressi dell’Africa? Cagliari è un luogo accogliente, l’ideale per diventare un grande calciatore. E anche per vivere bene. Là dove sei felice, sei a casa.
Promozione in Serie A
I risultati del lavoro di Silvestri e Tognon si vedono subito: Gigi debutta in Serie B segnando il suo primo gol con la maglia del Cagliari. Lui è pazzo di felicità, i compagni lo festeggiano ma il pubblico ancora non è dalla sua parte. Ha addosso la maglia numero undici, ha tolto il posto a Tonino Congiu, cagliaritano verace e idolo della curva. I tifosi lo guardano storto, Gigi la prende come l’ennesima sfida. Silvestri sa come gestirlo per farlo maturare in fretta, lui vuole solo gonfiare la rete a ripetizione. Una doppietta al Napoli serve a raffreddare i bollori della tifoseria, l’amicizia di alcune persone è la pialla per smussare i suoi spigoli caratteriali. Ha conosciuto dei pescatori: gente umile, sa badare al sodo e rispettare gli spazi altrui. Lo invitano a condividere i frutti del loro lavoro, gli insegnano a mangiare il pesce con le mani. Pian piano il ragazzo venuto dal Nord impara che non sono molto diversi dalla gente delle sue parti mentre i sardi scoprono che questo tizio taciturno gli somiglia davvero tanto. Chiuso sì, ma onesto ed orgoglioso esattamente come loro. Si può fare affidamento su Gigi Riva, sempre e comunque. La squadra crede in lui, la città anche. E, a fine campionato viene ripagata con la prima, storica promozione in Serie A. Naturalmente Gigi ha segnato il gol decisivo per il salto di categoria. Sono 8 in totale, su 26 presenze. Ora si sente tra amici, non pensa più di andarsene. Là dove sei felice, sei a casa.
Verso grandi traguardi
Il Bologna contatta il Cagliari per informarsi sul prezzo del suo cartellino ma Arrica non vuole neanche iniziare la trattativa. Ormai Riva è un punto fermo della squadra che si appresta ad affrontare la massima categoria. Il primo campionato è di assestamento ma il Cagliari riesce a salvarsi mentre lui firma 9 reti in 32 partite. Per un esordiente è un bottino di tutto rispetto. Che aumenta esponenzialmente nei campionati successivi: nel torneo 1966 – 67 Riva arriva a segnare 18 gol, la squadra scala la classifica fino al sesto posto. Ormai l’isola intera si identifica nella travolgente ascesa del club rossoblu, capace di impensierire gli squadroni del Nord. E Gigi si ritrova, come simbolo della squadra, ad ascoltare le grida dei tifosi continentali, sempre pronti a fischiare i giocatori del Cagliari al grido di “pecorai” o “banditi”. Non è rimasto altro alle curve avversarie: i luoghi comuni sono stati sgretolati dalle prodezze pallonare, è meschino aggrapparcisi e dipingere la Sardegna come ritrovo di poveri pastori o rifugio per latitanti. Riva, il fiero figlio adottivo dell’isola, offre la rivincita a quella che ormai è la sua gente a suon di reti. Non potrebbe fare altro per un luogo che l’ha accolto come se ci fosse nato. Là dove sei felice, sei a casa.