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NUMERO 14 – La voce del Destino

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Bologna, 1 Gennaio 1933. Allo Stadio Littoriale c’è l’amichevole Italia – Germania. Poco prima dell’inizio dell’incontro un ragazzo, vestito all’inglese con tanto di cappello e sciarpa, si accomoda a bordo campo su una sedia con un microfono davanti. Anche se è emozionato, non lo da a vedere; si schiarisce la gola e scandisce: “Signori e signore all’ascolto, buonasera. Vi parla Nicolò Carosio”. E’ l’esordio del più celebre cronista del nostro calcio, la voce che accompagnerà il pubblico per quasi quarantanni, raccontando i principali eventi sportivi. Una voce calda, pastosa, avvolgente, capace di catapultare direttamente l’ascoltatore nel cuore della partita. Una inconfondibile mistura di competenza tecnica ed enfasi teatrale era la sua ricetta per dar vita a un racconto coinvolgente, in cui gli avvenimenti non erano solo raccontati ma interpretati. La voce del Destino.

Calore mediterraneo e aplomb inglese

Era nato a Palermo il 15 Marzo 1907 dall’unione di un ispettore delle dogane siciliano e una pianista di origini inglesi. Il lavoro del genitore prevedeva sovente delle trasferte in Inghilterra, la patria del football. Il giovane Nicolò ebbe, così, modo di ascoltare delle radiocronache di alcuni incontri di calcio fatte dai giornalisti della BBC, l’emittente di Stato britannica. Ne rimase folgorato: rigore, tecnica, competenza. Era tutto perfetto, tranne che per un dettaglio. Per antica tradizione, da quelle parti la partita si commentava soltanto dopo che l’arbitro aveva fischiato la fine. Era un’analisi postuma dell’incontro, ineccepibile ma fatta a freddo. Il suo intuito gli fece intravedere una strada nuova: perché non provare a parlare del match commentando quello che avveniva sul campo da gioco in diretta? E mescolare, quindi, la geometrica obiettività anglosassone con un pizzico di senso del dramma tipicamente mediterraneo?

Un derby immaginario

Tornato in Italia, diede corpo alla sua idea. Scrisse una lettera all’E. I. A. R. (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche), la radio di Stato, proponendosi come cronista sportivo. Venne convocato in sede a Torino per un provino e gli fu chiesto di mimare il resoconto di una partita. Il giovane siciliano non si scompose e, davanti alla commissione, improvvisò su due piedi la cronaca di un immaginario Derby Juventus – Torino, dando un primo, memorabile sfoggio delle sue qualità di intrattenitore. Andò avanti per mezz’ora, inventandosi azioni e marcature finchè venne bloccato dai suoi stupefatti interlocutori quando il Derby della sua fantasia era già sul 5 a 5. Gli fu immediatamente proposto un contratto di collaborazione (aveva già un regolare impiego alla “Shell” a Venezia) ed esordì con il già citato incontro con la Germania a Bologna. Una partita che avrà, come vedremo, un peso rilevante nella sua vita in futuro. E che non potrà commentare per un capriccio della Sorte. La voce del Destino.

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La voce del regime

L’anno dopo è lui ad accompagnare il cammino della Nazionale nel Mondiale disputato in casa. La manifestazione è stata voluta a tutti i costi dal governo fascista per esaltare le virtù del Bel Paese agli occhi del mondo intero. E’, negli intenti del Duce, l’occasione per sublimare le doti dei suoi connazionali, senza alcuna concessione all’esterofilia. Per questo viene bandito l’uso, nelle cronache sportive, di qualsiasi termine straniero. Carosio, anche se cresciuto alla scuola dei commentatori britannici, non può svincolare. Tuttavia, riesce a dare la sua personale impronta ai suoi resoconti a dispetto delle limitazioni. Non rinuncia al rigore formale né all’enfasi teatrale. Si inventa un vocabolario di espressioni idiomatiche che diverrà, negli anni, il bignami di qualsiasi aspirante cronista sportivo. Nelle sue parole il “corner” diventa “calcio d’angolo”, il “cross” si tramuta in “traversone” e il travolgente “gol” si trasforma nel liberatorio “rete”. E’ il suo inimitabile timbro a scandire i due successi di Roma 1934 e Parigi 1938 per la gioia di tutti gli italiani. In quegli anni è di sicuro la seconda voce più ascoltata del Paese, alle spalle dell’ineffabile Duce. Una voce apprezzata, popolare anche se è quella del regime. In attesa di diventare la voce del Destino.

Appuntamento a Lisbona

Gli anni dell’immediato dopoguerra vedono l’egemonia del Grande Torino. Carosio, ormai punta di diamante delle radiocronache, spesso è al seguito del formidabile team di Valentino Mazzola. Dovrebbe accompagnare la squadra anche nell’amichevole di Lisbona per l’addio al calcio del capitano dei lusitani Ferreira. Ma un impegno familiare (la cresima di suo figlio) gli fa rinunciare, all’ultimo minuto, alla trasferta in Portogallo. E’ una decisione che gli salverà la vita. Il 4 Maggio 1949 l’aereo che riportava la squadra granata in patria si schianta contro la Basilica di Superga. Il tragico incidente è stato causato da una cortina di nebbia fittissima che ha impedito al pilota di accorgersi in tempo del pericolo. Se Carosio avesse deciso di andare a Lisbona sarebbe stato il suo appuntamento con la morte. L’episodio  rafforzò il suo naturale fatalismo: inutile fare programmi, le decisioni vengono prese sempre e comunque dalla sorte. Si era fatta sentire la voce del Destino.

Incidente diplomatico

Con l’avvento della televisione Carosio passa alle cronache davanti al piccolo schermo. Il suo stile, giocoforza, deve adeguarsi al nuovo mezzo di comunicazione. Adesso non è più la guida che deve stimolare l’immaginario di un ascoltatore, semmai il compagno di viaggio di un vorace osservatore. Non rinuncia ai suoi stilemi, li evolve. La sua narrazione si fa più sintetica: meno descrizioni, più partecipazione. Ammira il sano agonismo atletico, disprezza le esibizioni di pura accademia (“Questo è calcio da salotto!”). Apprezza gli esteti del pallone, meno il loro narcisismo (celebre un suo rimprovero al dribblomane Corso: “Mariolino, meno veroniche e più sostanza!”). Si esalta alle manifestazioni di entusiasmo del pubblico (“Si alza forte il grido Italia! Italia!”). Ai Mondiali del Messico 1970 è, naturalmente, la voce narrante delle partite dell’Italia. Durante Italia – Israele, esasperato dai continui errori a nostro danno da parte del guardialinee etiope Sejum Tarekegn, si abbandona a dure considerazioni sulla condotta del collaboratore dell’arbitro. Ne nasce un caso diplomatico, viene accusato di razzismo, l’Ambasciata Etiope ne chiede l’allontanamento. Viene salvato dalla solidarietà dei suoi colleghi ma deve cedere il microfono al suo rivale Martellini per le successive partite dell’Italia. Non sarà lui a raccontare l’epica semifinale Italia – Germania, l’ideale contraltare del suo lontano debutto, la chiusura perfetta della sua parabola di insuperabile cronista. La voce del Destino

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