Calciomercato
NUMERO 14 – Uno esclude l’altro
E’ il destino di chi è sempre in discussione, perennemente in bilico tra idolatria e sprezzo: avere un antagonista. La critica avversa sintetizza tutte le mancanze dell’esaminando e poi le sublima in qualcun altro, creando cosi una netta contrapposizione. Il passo successivo è la partigianeria: due opposti schieramenti si affrontano senza esclusione di colpi per stabilire chi sia il migliore. Gianni Rivera, uno che naturalmente divide gli animi, non fa eccezione. Chi lo vede come il fumo negli occhi ha già scelto il sostituto, quello che deve scendere in campo al suo posto. Uno esclude l’altro.
Un derby nel Derby
Il suo rivale ha i baffi, indossa la maglia dell’Inter e ha un cognome più pesante di un macigno. Si chiama Sandro, Sandro Mazzola. Suo padre Valentino è stato il più grande calciatore della sua epoca, la sua morte nel rogo dell’aereo sulla collina di Superga l’ha proiettato direttamente nella leggenda. I paragoni con un genitore così ingombrante hanno segnato la sua carriera fin da quando militava nelle giovanili. I suoi allenatori l’hanno seguito con cura, evitando di lanciarlo troppo presto nella mischia, almeno finchè non l’hanno ritenuto abbastanza maturo per reggere il confronto senza esserne schiacciato. Sandro ha ripagato la fiducia con un gol lampo (appena tredici secondi di gioco!) al Milan il giorno del suo esordio nella sfida stracittadina. Dall’altra parte c’è Rivera, tra i due si svolge un derby nel Derby, in palio non c’è solo la vittoria ma anche un posto in Nazionale. Uno l’esclude l’altro.
Gol al debutto
Gianni fa già parte del gruppo azzurro, Sandro debutta in Nazionale pochi mesi dopo l’impresa di San Siro. E’ una gara amichevole, si gioca sempre nello stadio milanese, di fronte ci sono i campioni del mondo brasiliani guidati da Pelè. I due giocano assieme, Rivera come interno e Sandro come punta. Dopo che il centravanti italo-brasiliano Sormani ha sbloccato il risultato all’Italia viene assegnato un calcio di rigore. Toccherebbe a Rivera andare sul dischetto ma quest’ultimo vuole che Sandro bagni il suo esordio con una marcatura. Gli consegna il pallone e lo invita a tirare. Sandro realizza e dopo fornisce anche l’assist per la terza rete ad opera di Bulgarelli. Non ha avuto paura di confrontarsi con il carisma del portierone carioca Gilmar e ha sfruttato al meglio l’occasione che il suo futuro antagonista gli ha dato. Adesso sono compagni, un domani si sfideranno per una maglia da titolare. Uno esclude l’altro.
Una coesistenza difficile
Il conflitto esplode alla vigilia del Mondiale messicano del 1970. Fino a quel momento fra i due c’è stata una convivenza pacifica, con alcune partite anche disputate in coppia. Ma una parte della stampa ha già cominciato a metterli in competizione, si sostiene che insieme siano un lusso che la squadra non può permettersi. Il c. t. Ferruccio Valcareggi preferisce non affrontare direttamente la questione, aiutato in questo anche da provvidenziali infortuni che, spesso, mettono fuori causa uno dei due. Nell’ultima amichevole di preparazione viene varato il definitivo tandem d’attacco Boninsegna-Riva con conseguente rinuncia di Mazzola al ruolo di centravanti. Sandro ormai si sente a tutti gli effetti un interno e questa scelta lo pone in diretta concorrenza con Rivera. Il milanista gioca una partitella d’allenamento con la squadra delle riserve e capisce di essere stato fatto fuori in favore del rivale. Non accetta la decisione dell’allenatore e convoca una improvvisata conferenza stampa per esprimere il suo disappunto, facendo anche intendere che è pronto ad abbandonare il ritiro. Solo l’intervento diplomatico dei dirigenti e i saggi consigli del Mister Nereo Rocco lo inducono a tornare sui suoi passi. Ma ormai il caso è scoppiato, ci sono due candidati al ruolo. Uno l’esclude l’altro.
Un avvio stentato
Rivera ha contro anche la maggior parte dei compagni. Il suo ridotto dinamismo e la scarsa propensione ai ripieghi difensivi gli alienano le simpatie dei difensori e degli altri centrocampisti. Nessuno è disposto a sobbarcarsi un carico di lavoro extra per sopperire al suo mancato apporto. Nella prima partita del Mondiale contro la Svezia Gianni è in panchina. L’Italia stenta, riesce a vincere di misura solo con un tiraccio casuale di Domenghini. Riva, isolato dal gioco della squadra, spinge per l’inserimento di Rivera: ha bisogno dei suoi lanci per segnare. Valcareggi, tuttavia, non cambia formazione: con due scialbi pareggi a reti bianche contro Uruguay ed Israele gli azzurri sono comunque qualificati al turno successivo. E’ chiaro a tutti adesso che serve un cambio di marcia. La sorte da una mano all’incerto c. t.: un virus gastrointestinale debilita Mazzola. Sandro non ce la fa a disputare novanta minuti, si accorda con l’allenatore per giocare un tempo soltanto. L’altro sarà appannaggio di Rivera. Uno esclude l’altro.
Staffetta tra campioni
Italia – Messico è partita da dentro o fuori, solo chi vince va avanti. Dopo 45 minuti le squadre sono in parità, esce Mazzola. Al suo posto, come da programma, Gianni Rivera. E’ la nascita ufficiale della staffetta tra i due campioni: Rivera da spettacolo, segna e fornisce assist per Riva. Finisce 4 a 1 per gli azzurri, siamo in semifinale contro la Germania. Alla fine del primo tempo, sul risultato di uno a zero per l’Italia, Valcareggi cambia Mazzola con Rivera. L’interista non gradisce ma si adegua, il rossonero entra in campo con l’aria da padrone. Lo striminzito vantaggio azzurro non regge, l’assedio prolungato degli ariani crea una insperata parità, si va ai tempi supplementari. La partita da ordinaria diventa epica e poi leggendaria: sorpasso dei tedeschi, immediata risposta degli italiani, contro sorpasso degli azzurri che poi vengono di nuovo acciuffati in extremis. In quest’ultimo episodio Rivera ha le sue responsabilità: il sanguigno portiere Albertosi lo ricaccia in avanti a furia di insulti dopo che un suo errore ha regalato il pareggio agli avversari. Il Golden Boy riprende palla, poi appoggia su Facchetti che lancia sulla sinistra Boninsegna. Rivera segue la discesa del compagno e si fa trovare pronto a centro area per riceverne il passaggio: morbido colpo di piatto ad incrociare il pallone e indirizzarlo dove il portiere avversario non può arrivare. E’ rete, è il definitivo 4 a 3, è la sua firma su un incontro che diventa paradigma, simbolo, espressione. Gianni ha dato un senso all’avvicendamento con Mazzola. Uno esclude l’altro.
Gli ultimi sei minuti
L’eroica impresa conduce alla finalissima contro il Brasile di Pelè. Valcareggi sa che l’enorme sforzo ha prosciugato le energie del gruppo ma non se la sente di fare cambi. La formazione è la stessa dell’incontro precedente, Mazzola è tra i titolari, Rivera è pronto a subentrare. Nel primo tempo gli azzurri reggono il confronto con i funambolici sudamericani e tengono in risultato in parità. Ad inizio ripresa tutti, compreso Mazzola, si aspettano che ci sia posto per Rivera ma stavolta Valcareggi decide non far entrare il milanista. L’Italia ha i muscoli e le idee appannate a causa della fatica dei supplementari di quattro giorni prima e viene surclassata: finisce 4 a 1 per il Brasile. Rivera, inchiodato alla panchina per tutto il secondo tempo, fa il suo ingresso solo negli ultimi sei minuti. E non al posto di Mazzola. La staffetta non è mai stata approvata in pieno dal tecnico, è stata solo un parafulmine utile ad arginare polemiche che ci sarebbero state in ogni caso. Uno esclude l’altro.