Angolo del tifoso
Il vento del deserto
“Le dimissioni da C. t. della Nazionale sono state una mia scelta personale”. Con questo laconico post su Instagram Roberto Mancini ha reso noto il suo addio alla panchina azzurra. Una decisione improvvisa, ancora non giustificata, ma non completamente inaspettata nell’ambiente. Da parecchio circolavano voci sulla scarsa convinzione del tecnico a proseguire il cammino intrapreso nel Maggio 2018, a sei mesi dalla mancata qualificazione al Mondiale in Russia. Aveva raggiunto lo Zenit in questo ruolo con la vittoria all’Europeo 2020, immortalata dall’iconico abbraccio, entrambi in lacrime, con l’amico di una vita, l’indimenticabile Gianluca Vialli (cfr. http://NUMERO 14 – Il tempo è galantuomo). Dopo, soltanto amarezze in serie: il flop nella marcia verso il Mondiale in Quatar, le incomprensioni con il Presidente Gravina, lo sgradito avvicendamento dei collaboratori impostogli, persino un contratto rinnovato ma sottoposto ad una clausola-capestro. E, tra i tanti spifferi che circolano su questa vicenda, si sente un forte sibilo, che annuncia il vento del deserto.
Saudi Vision 2030
E’ un fenomeno atmosferico, chiamato Simun, composto da cicloni in grado di modificare totalmente l’ambiente. In maniera devastante: le dune cambiano aspetto, uomini ed animali si sentono soffocare. Allo stesso modo Saudi Vision 2030, il programma di urbanizzazione e modernizzazione impostato dall’Arabia Saudita, stravolge l’odierno assetto del calcio mondiale. Alterando l’equilibrio precedente e spazzando via ogni cosa. L’idea base del progetto saudita è quella di ridurre la dipendenza economica del Paese dall’esportazione del petrolio investendo in altri settori. Il primo da sviluppare è il turismo, l’elemento catalizzatore scelto allo scopo è il calcio. Inteso come attrattiva per folle oceaniche di visitatori, uno spettacolo globale da esportare in tutti i mercati. L’obiettivo è duplice: generare profitti incalcolabili e propagandare un’immagine positiva dell’Arabia agli occhi del mondo occidentale, il cliente più ambito. Per questa missione e’ in via di arruolamento quanto di meglio offra il panorama calcistico attuale, strappato ai vecchi proprietari a forza di assegni in bianco. Come ha già ben spiegato il Direttore Editoriale Daniele Garbo nel suo editoriale del 26 Luglio scorso, non vengono ingaggiati dei vecchi ronzini ormai a fine corsa ma anche dei vigorosi purosangue ancora nel pieno della carriera, perfettamente in grado di offrire quei numeri strabilianti necessari a far fremere le tribune e alzare l’audience televisiva. A questo punto il passo successivo per la totale affermazione del movimento calcistico saudita è conseguire dei risultati soddisfacenti in campo internazionale. L’eliminazione della Nazionale al primo turno nel Mondiale qatariota non ha rispecchiato le aspettative, il C. t. francese Renard ha già tolto il disturbo. La Federazione Araba vuole in panchina una figura carismatica per trascinare i suoi atleti. Josè Mourinho, debitamente interpellato, ha declinato l’offerta. Adesso è alle orecchie di Mancini che sussurra il vento del deserto.
Triennale da sogno
L’offerta è allettante come ci si aspetta: contratto di tre anni, con ingaggio compreso tra i 18 e 20 milioni di euro a stagione. La prima cosa che gli si chiederebbe, in caso di assenso, è costruire una squadra in grado di ben figurare ai prossimi Mondiali del 2026. Sarà un’edizione mastodontica, per numero di squadre partecipanti (ben 48) e paesi organizzatori coinvolti (USA, Canada e Messico). Un enorme circo pallonaro itinerante, il più grande show calcistico mai messo in piedi, una gigantesca tavola affaristica imbandita in cui nessuno vuole accontentarsi delle briciole. In un contesto del genere, chi ha un numero ridotto di partite in cui esibirsi può aspirare solo a fare da comparsa. Un ruolo che non appaga per nulla i desideri dei sauditi, disposti a coprire d’oro il nostro ex C.t. pur di assicurarsi il superamento del primo turno del Mondiale e l’accesso alla fase ad eliminazione diretta. Che si tradurrebbe in maggiore visibilità, ovvero maggiori guadagni, ovvero maggiori capitali da reinvestire in un nuovo, affascinante proposito. Che vedrebbe sempre Mancini sulla tolda di comando e nascerebbe al suono del vento del deserto.
Mondiale 2030
Se dovesse centrare il traguardo richiesto scatterebbe per lui il rinnovo automatico per guidare la selezione saudita fino al Mondiale successivo, quello che si svolgerà nel 2030 e per cui l’Arabia si è già candidata come paese organizzatore unitamente a Grecia ed Egitto. Sempre 48 squadre in lizza, sempre tre Nazioni a dividersi oneri ed onori. Nonché i profitti: è davvero possibile immaginare quanto e quale movimento economico possa generare la più importante manifestazione sportiva esistente (Olimpiadi a parte) nei tre paesi citati, ognuno di essi già provvisto di un consistente flusso turistico? E il ritorno di immagine non sarebbe forse più consistente per l’Arabia rispetto alle altre due nazioni? Quello che adesso appare come un sogno avrebbe una speranza di concretizzarsi se il Mancio accettasse la sfida. E decidesse di mettersi in gioco mentre ai bordi del campo fischia il vento del deserto.
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