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La comunicazione al tempo dei social

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Calcio generica
Tempo di lettura: 4 minuti

di Susanna Marcellini

Ci siamo abituati al cambiamento climatico ma non a una diversa forma di comunicazione. E dire che ci dovrebbero far soffrire di più i 45 gradi a luglio che non la mancanza di accesso agli spogliatoi delle squadre di calcio. Sembra impossibile, eppure succedeva. Succedeva che ai tempi di Roberto Pruzzo i giornalisti al fischio finale dei 90 minuti facessero compagnia ai calciatori tra lo shampoo e il balsamo. Oggi nel 2023 non ci sono rimasti né i 90 minuti né la possibilità anche solo di avvicinarlo il calciatore. Tutto questo con un eccezione: quella del calciomercato, quando allora tutti, per bisogno o smania di protagonismo, tornano a fare squillare i cellulari dei giornalisti (sempre che il giornalista mantenga il segreto).

Se tutto questo era la normalità, oggi l’avvento dei social media ha stravolto prima la comunicazione in generale e poi, col tempo ha toccato e cambiato anche il modo di parlare e raccontare il calcio. Negli ultimi anni addirittura molti media e personaggi pubblici hanno dovuto rivedere il proprio modo di comunicare e anche di usare i social. Complice il tempo libero a disposizione, calciatori e poi club hanno rotto le ultime barriere dell’intermediazione nel dialogo con i tifosi.

I social hanno permesso di fruire di un approfondimento mentre si è in giro, sul treno, al mare o in montagna e nel contempo permettono di mischiare informazione e intrattenimento. Tutto questo a scapito dei nostalgici che, se da una parte hanno fatto il tifo per la Var, dall’altra si augurano di tornare ad avere rapporti “più umani”. Il punto cruciale per i giornalisti che lavoravano negli anni 80 è il non poter entrare e uscire dagli spogliatoi, accompagnare i giocatori a casa e avere esclusive che oggi per la quantità di giornalisti e di testate sarebbe impossibile solo immaginare.

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Una volta le testate sportive importanti erano tre, poi c’era qualche giornalista di quelli bravi, qualche inviato e stop. Oggi le radio che fanno calcio sono un numero imbarazzante, i siti internet nemmeno si contano, e tra giornali, televisioni nazionali e quelle private in una conferenza stampa o in zona mista si trova la calca come ad agosto sulla Salerno-Reggio Calabria. Per non parlare della cessione dei diritti di cronaca e di immagine.

Ma se da una parte tutto questo penalizza il lavoro di chi vorrebbe lo scoop, dall’altra ci ha aiutato a guardare il calcio da diverse angolazioni. L’esser costretti a fare a meno di Mourinho, che parla solo quando vuole e solo con chi vuole, o prendere per buoni certi comunicati stampa ufficiali di società sportive che potremmo paragonare al Borgonovo di Oronzo Canà, ci ha regalato un’apertura mentale che non solo ci fa sopravvivere, ma ci regala la possibilità di giocare con le parole che ci piacciono senza paura di smentita.

In un momento in cui dobbiamo essere tutti belli e magri si parla di dieta mediatica anche nell’informazione e così non siamo più obbligati a star dietro ad un palinsesto televisivo o all’agenda degli uffici stampa, ruolo sempre più marginale e ridotto a impiegato che firma (quasi sempre) comunicati decisi da altri. Oggi possiamo scegliere di fruire dei contenuti quando e dove vogliamo e nella stessa misura siamo liberi di scrivere anche senza il virgolettato, sapendo che tanto, prima o poi, i calciatori, i procuratori e i presidenti avranno nuovamente bisogno di chi li racconta per vendere e comprare a buon prezzo.

Susanna Marcellini è una giornalista, scrittrice e conduttrice radio e TV.

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Direttore della Comunicazione del Palermo Calcio dal 2011 al 2013.

Autrice delle biografie ufficiali di Roberto Pruzzo, Nando Orsi,  Sandro Tovalieri, Vincenzo Nardiello.

Vincitrice del Premio internazione di Letteratura Sportiva Antonio Ghirelli

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