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ANGOLO NAPOLI – La prima dei Campioni

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Se, giocando con la macchina del tempo, si potesse – come si faceva un tempo – andare avanti e indietro con le cassette vhs e vedere unicamente quel di cui si ha voglia, il primo tempo di Napoli-Udinese sarebbe il collante e l’ideale prosecuzione del cammino trionfale dello scorso anno con una stagione, quella attuale, da poco iniziata, ma già ricca di fatti ed eventi non proprio trascurabili.

Pronti-via con tanta pressione offensiva, Kvaratskhelia subito sugli scudi e arrembaggio davanti finalizzato con un rigore sacrosanto realizzato da Zielinski.

Poi tanto possesso palla, continue sortite in attacco ed anche importanti corse all’indietro necessarie ad azzerare le potenzialità friulane. Raddoppio arrivato nel momento giusto verso la fine della prima parte, premio meritato ad una mirabile costruzione di squadra ed impreziosita da un assist al bacio di Politano per il centravanti nigeriano che nulla ha fatto per nascondere uno stato d’animo poco sereno e per nulla felice.

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Prestazione collettiva di qualità, ma un protagonista assoluto e migliore per distacco insieme al favoloso numero 77: è Stanislav Lobotka, capace di prendere per mano la squadra zoppicante e balbuziente di inizio stagione per ricordare a tutti che quel che campeggia al centro della maglia più bella di sempre non è un ricamo qualunque.

Il secondo tempo, invece, è servito a vedere due bei pali ed un gran gol del campione georgiano, il vero esordio di un danese destinato ad avere sempre più spazio, ma anche la conferma che il centrale brasiliano tutto mancino con la maglia numero cinque può, man mano, regalare belle sorprese, che Samardzic è un centrocampista di qualità assoluta e che Giovanni Simeone da trasformare in oro ogni minuto passato sul rettangolo verde.

Se cinque giornate sono bastate ai più per provare a far dimenticare tutto, per gettare fango, per mettere in discussione  qualità, progetti e ambizioni, costruendo nemici immaginari e fantasmi, non basta certamente la sesta, anche se giocata con brillantezza, senso di responsabilità e orgoglio, a ritenere del tutto invertita la tendenza. Ne seguiranno trentadue, che sono ancora poco di meno che un intero campionato.

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Servirà vedere quel che accade – ad esempio – nei prossimi dieci giorni, con due importanti match di campionato intervallate da una seconda giornata da sogno in Champions contro il grande e glorioso Real.

Servirà, altresì, osservare l’evoluzione di una cronaca dagli spogliatoi fino a ieri poco edificante e dei comportamenti individuali, apparsi nell’ultimo mese censurabili ed oltremodo rivedibili.

Contro la scialba Udinese di inizio campionato bisognava innanzitutto vincere. L’aver convinto e dominato in modo così netto, però, è chiaramente assai meglio.

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Victor Osimhen deciderà – in assoluta autonomia – se rimettere o meno sul proprio profilo social immagini che già sono storia, quel che conta sarà sudare e meritare la maglia numero 9 più bella di tutte fino all’ultimo giorno  in cui sarà orgogliosamente sua.

Più che di procuratori di pirandelliana memoria, il calcio al tempo dei social avrebbe bisogno di uomini animati dallo spirito e dalla diligenza del buon padre di famiglia, utile non solo nel diritto che si studia sui libri, ma anche nella gestione quotidiana di fatti e vicende dei quali i calciatori spesso sono solo vittime.

A Udine si è materializzato l’anno scorso il sogno scudetto.

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Contro l’Udinese riparte quest’anno il cammino azzurro col tricolore orgogliosamente stampato sul petto.

In mezzo tanta roba: moltissima festa, ma anche più di un guastafeste.

Il turno infrasettimanale è stato, finalmente, “la prima dei Campioni”.

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Dinanzi al solito dilemma del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto è ancora troppo presto per azzardare previsioni, ma anche per esprimere giudizi.

Meglio continuare a vedere, se possibile strabuzzando e stropicciando gli occhi come accaduto per oltre novanta minuti in una bella serata di fine settembre.

 

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