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Tiago Pinto: “La rosa è migliore di quella che ho trovato”
Nei giorni del 20 e 21 novembre si è svolta all’Olimpico di Roma, la sesta edizione del Social Football Summit.
Tra gli ospiti, è intervenuto il GM della Roma, Tiago Pinto.
Queste le sue dichiarazioni:
Come è cambiato il tuo lavoro?
“Buonasera a tutti e grazie per l’invito. Penso che questa cosa è cambiata tanto negli ultimi anni anche in Europa. Basta guardare i 20 club di Premier League, il calcio è evoluto tanto. Se non parli le lingue è difficile fare il direttore sportivo perché il mercato è globale. Se non hai conoscenze legali non puoi chiudere la trattativa e se non sai i numeri non sai gestire il FFP. Il mercato incide per il 20-30% sul risultato. Il resto dipende dalle persone che lavorano (circa 100) in una squadra. Ci sono tanti dipartimenti che influiscono sul risultato finale. Tu come GM o ds devi avere le giuste skill e molto diversificate altrimenti è molto difficile”.
Il settore giovanile?
“Il settore giovanile è la luce dei miei occhi, la mia strategia sportiva è quella. È molto importante il settore giovanile, oggi abbiamo Gombar, Alberto De Rossi, Bruno Conti che gestiscono il quotidiano. Una delle grandi fonti della Roma è il settore giovanile, mi piace molto”.
Pensate alla squadra B?
“Bella domanda, è vero che la Roma ha prodotto sempre tanti giocatori dal punto di vista giovanile, ma farne esordire tanti come fatto negli ultimi anni non era scontato. Il ruolo dell’allenatore sotto questo aspetto è importante, se Mourinho non ti apre le porte della prima squadra, se non ha il coraggio di metterli in campo, non serve a nulla. La Roma ha sempre avuto tanti giocatori dal settore giovanile, ma negli ultimi tre anni ce ne sono stati tanti e abbiamo anche ottenuto ricavi. Oltre al mio lavoro, c’è tanto anche dell’allenatore. Squadra B? Vengo dal Benfica dove la squadra B è un progetto importante, i miei dubbi in Italia sono con i regolamenti che abbiamo, dobbiamo spendere tanti soldi e poi ho dubbi che la squadra possa avere la capacità di salire in Serie B che è dove noi potevamo portare a casa più risultati. Ho paura che la squadra B serva per posticipare l’uscita dei giocatori, quando sono arrivato avevamo tipo 40 giocatori sotto contratto in uscita, la nostra strategia è stata cercare il percorso giusto per quei giocatori, ci ha aiutato Mauro Leo in questo. Tante volte abbiamo mandato via i giocatori gratis ma mantenendo una percentuale di rivendita per chi possa far parte della Roma. Ci stiamo pensando, ma in questo contesto italiano, mi dispiace dirlo ma non sono convinto che la squadra B sia importante”.
Calcio sostenibile?
“All’inizio mi prendevano in giro, ora lo dicono tutti. La parte economica comanda, dobbiamo essere allineati con i paletti della Lega e della UEFA. Sui dati: noi ogni giorno cerchiamo di capire cosa ci possa aiutare a vincere e fare bene. Secondo me è più una cosa che può aiutarci rispetto ad essere fondamentale. Non voglio fare nomi ma anche quei club che dicono che lavorano con i dati e fanno bene prendono giocatori sbagliati come fa Tiago Pinto. Io ho lavorato anche nella Polisportiva del Benfica e i dati sono un cosa che ci aiuta ma errare è umano”.
Cosa non vedono i dati?
“Il successo o l’insuccesso del giocatore dipende da tanti fattori. I dati ti danno tante cose ma serve anche l’occhio. A me non vedrete mai parlare dei talenti scoperti come fanno altri. Il nostro lavoro è trovare il potenziale nel lavoro degli altri. Tutti sapevano chi era Endrick o Kvaratskhelia. Il lavoro però viene bene con una somma di fattori. Lo scouting è fondamentale come i dati. Prendere il potenziale è il 20-30% ma farlo emergere è un’altra cosa. Ci sono giocatori considerati fenomeni che però non fanno bene poi”.
Tu come GM della Roma vedi prima la tecnica o la parte economica?
“Io prima ho detto che facevo il lavoro al 50% di un CEO e Anna si è arrabbiata. Nello scouting della Roma, dove sono coinvolti anche i ragazzi dei dati, ci sono 4 livelli per dividere gli obiettivi: A che sono i campioni, AB quelli che potrebbero fare i titolari nella Roma, B che sono utili ma non più forti di quelli in rosa e C quelli che non servono alla Roma. Nel nostro database abbiamo 5mila giocatori. Io penso che il 90% della lista A non li possiamo prendere. È la realtà. Pure i giocatori fenomeni di 17 anni costano tanti soldi. Io negli ultimi 3 anni ho dovuto cercare l’equilibrio tra quello che ha bisogno la squadra, le richieste del tecnico, le assunzioni dello scouting e, il principale, le capacità finanziarie che abbiamo. Ci sono cose che abbiamo gestito bene come Dybala o Lukaku. Il parametro economico oggi è molto molto importante, se non il più importante”.
Bisogna prima vendere e poi comprare?
“Io sono portoghese, è sempre così. Si vende sempre prima. Se faccio il direttore del Real Madrid, non mi devo preoccupare molto di vendere. Dipende molto dal club in cui sei. Non voglio fare l’arrogante, non voglio fare il fenomeno, ma considerando la rosa che abbiamo ereditato, con tanti calciatori cronici di infortunio e over 30 più tanti fuori rosa di cui non si sapeva il valore econoico, credo che fare in 3 anni più di 150 milioni di vendita è un buon risultato. Qualcosa l’abbiamo fatto bene, no?”.
Non ti dà fastidio che questo non venga sottolineato?
“Io capisco quello che succede, ma non so bene cosa dicono di me. Sull’equilibrio finanziario della Roma c’è una cosa che paga: il tempo. Il tempo, magari non ci sarà io, ma il tempo ci dirà il lavoro che abbiamo fatto in questi tre anni. Non siamo fenomeni ma fare 150 milioni di vendite e portare tanti giovani in prima squadra così come Dybala, Matic, Wijnaldum, Lukaku, Mourinho… in tre anni abbiamo fatto tante cose difficili insieme. Ognuno giudica come vuole, ma io avevo un grande compito: lasciare la Roma meglio di come l’ho trovata. Finanziariamente non c’è dubbio e continuando così in due anni sarà molto meglio. Nel tema del settore giovanile è chiaro quello che abbiamo fatto. Penso che anche la rosa sia migliore di quella che ho trovato. Rispetto l’opinione di tutti ma non ci sono dubbi”.
I colpi Lukaku e Dybala?
“Secondo me questi due esempi che hai fatto, a cui aggiungo Mourinho, che sono sti i tre nomi che forse le persone non potevano aspettarsi sarebbero arrivati. La prima cosa è far capire l’ambizione della proprietà, anche con tutti questi paletti, una proprietà che si coinvolge per portare Mourinho, Dybala e Lukaku è perché vuole arrivare a qualcosa. Poi, siamo stati bravi nel timing delle tre situazioni. In tutte e tre le situzioni siamo stati svegli e intelligenti nel timing. Poi quello che ha fatto la differenza è il lavoro di squadra con il coinvolgimento della proprietà e dell’allenatore. Poi c’è una cosa… non voglio fare il paraculo con i tifosi ma giocatori come Paulo e Romelu e un allenatore come Mourinho, sanno perfettamente che l’amore e la passione che possono avere a Roma non la trovano da altre parti, anche se hanno giocato in tanti club importanti”.
Il tuo futuro?
“Questa è la domanda meno interessante che hai fatto. L’importante è la Roma e il futuro della Roma. Queste cose me le chiedete sempre prima e dopo le partite, ma come ha detto Mourinho, su questo tema devo rimanere difensivo. Di queste cose si parla internamente. L’unica cosa importante è la Roma, dal punto di vista della strategia sportiva stiamo facendo qualcosa di importante per il futuro del club”.
(Foto: Depositphotos)