Angolo del tifoso
ANGOLO NAPOLI – Viso aperto e mani vuote
“La più grande prigione in cui vive la gente è il timore di quel che pensano gli altri”.
L’avrà scritto, pensato e ripetuto più volte a menadito Walter Mazzarri alla vigilia della prima uscita europea al Bernabeu.
Non tanto per motivare la squadra scelta per scendere in campo, perchè certe sfide si preparano da sole. Ma soprattutto per provare ad affrontare una trasferta complicata nell’unico modo in cui ha senso farlo a certi livelli. Vale a dire a viso aperto e senza timori reverenziali di sorta.
Non una novità per gli uomini azzurri in maglia blu, ma neppure scontata consuetudine tenuto conto di quanto accaduto nel recente passato in Portogallo e Germania con altra guida tecnica.
Vantaggio immediato su una bella combinazione rifinita da destra. pareggio-flash mentre si stava ancora esultando, sorpasso poco più tardi col Real Madrid spietato nel sottolineare le troppe distanze dei difensori centrali ospiti ed un primo tempo giocato con continui ribaltamenti di fronte regalati a chi – sugli spalti – ha avuto la sensazione vera di ammirare una avvincente partita di Champions.
Il pareggio di inizio ripresa ha restituito fiducia ed orgoglio al gruppo in festa intorno al proprio allenatore. Con mezz’ora successiva nella quale Kvaratskhelia e compagni hanno tentato addirittura il colpaccio, restando in partita grazie – però – a difetti di mira degli avanti Real ed a buone parate dell’estremo difensore in trasferta.
Il calcio sa – però – essere spietato e, come nella vita, capita che qualcuno non riesca a vivere i propri sogni e le proprie certezze perché schiacciato dalle proprie paure.
Succede periodicamente ad Alex Meret, del quale spesso si dimenticano i buoni interventi a causa della presenza – ad intervalli di tempo non troppo distanti nel tempo – di incertezze e parate non proprio ineccepibili. Sbagliato certamente crocifiggerlo per il grave errore di valutazione su un tiro rasoterra partito da lontanissimo, ma parimenti impossibile assolverlo per un errore capitato nel momento topico del match.
Il 3-2 pone fine alla partita, con gli ultimi minuti significativi solo per ammirare ancora di più la corsa naturale, maestosa e prolifica del talento cristallino e meraviglioso di Bellingham, programmato per giocare a calcio in maniera moderna ed efficace.
Il Napoli di Mazzarri è rimasto in partita, di fatto, fino alla fine, rientrando in Italia col rimpianto di aver subito un paio di ripartenze che gridano vendetta nei momenti migliori e di aver commesso errori difensivi figli di inesperienza ed incapacità (speriamo ancora solo momentanea) di giocare a certi livelli in contesti così significativi.
Al Santiago Bernabeu, dinanzi al Real Madrid di Carlo Ancelotti, candidato come d’abitudine alla vittoria finale, nonostante le assenze, errori d’impostazione, sbavature tecniche e difetti di personalità non sono consentiti, puniti – come è accaduto – ad ogni occasione utile.
Il Napoli si rituffa in campionato e nella sua fase cruciale del girone d’andata con convinzioni certamente ritrovate, ma anche con la consapevolezza e la rabbia di una partita che si poteva perdere senza troppo rammarico (come è stato), ma che ha confermato sensazioni e possibilità di una squadra ancora capace di giocare per larghi tratti alla pari coi più bravi di tutti.
Alcune partite, probabilmente, è meglio giocarle così, invece di scendere in campo giocando sempre dietro la palla, cedendone il possesso, coprendosi e pregando di resistere arroccati il più a lungo possibile. Specie quando non si hanno certe caratteristiche ed è necessario accompagnare gli istinti, invece che mortificare i desideri.
E’ stata – quella del mercoledì sera di Coppa – un’altra trasferta finita male a Madrid, ma non c’è bisogno di scegliere tra giocare certe partite e perderle prendendo quattro gol e non giocarle affatto.
Ed anche tra un gioco positivo e propositivo ed un’impostazione rinunciataria e passiva.
In Spagna il Napoli è andato a giocare a viso aperto ed è tornato a mani vuote.
La prima è una scelta coraggiosa, la seconda una conseguenza spesso inevitabile dalle parti del Santiago Bernabeu, dove i tifosi di casa entrano a ridosso del match cantando e vanno via festanti molto oltre il fischio finale.
A viso aperto e a mani vuote.
Come può accadere nella penultima giornata dei gironi di Champions, in un gruppo finora non troppo complicato.
Come – auspicabilmente – non dovrà accadere più da qui alla fine.
Ripartendo dall’abbraccio diffuso e partecipato di un gruppo ritrovatosi nuovamente tale che – però – sarà presto chiamato a probanti e decisive verifiche nei rettangoli verdi dei confini nazionali, dove si costruiscono le certezze e si provano a ripetere i sogni.
(Foto: Depositphotos)