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Addio ad Antonio Juliano, la storia di una vita dedicata al Napoli

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C’è una Napoli che piange, quella che ha recentemente perso il suo ex capitano e poi dirigente Antonio Juliano all’età di 80 anni. Per tutti, tifosi e compagni, era semplicemente  “Totonno”.

Il passato del Napoli non è solo legato al mito di Maradona, ma c’è una storia prima del campione argentino fatta di uomini come Juliano. Uomini diventati bandiere e che hanno dedicato la propria carriera, o addirittura una vita intera, ad un unico club.

Tra gli anni ‘60 e ‘70, Totonno Juliano è stato il simbolo nobile della città di Napoli. Per ben 17 stagioni consecutive si è cucito l’azzurro sulla pelle, di cui 12 con la fascia al braccio.

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Chi era Antonio Juliano ?

Nato il 26 dicembre del 1942 a San Giovanni a Teduccio, nella zona orientale di Napoli, Totonno inizia a dare calci ad un pallone per le strade della città come un vero scugnizzo. Da giovanissimo indossò la casacca del suo quartiere per poi essere notato dall’osservatore dell’epoca, Giovanni Lambiase, che lo portò nelle giovanili del Napoli quando aveva appena 14 anni. Juliano era un regista puro, forse il migliore che il Napoli abbia mai avuto nella sua storia, che rappresentava il numero 8 per eccellenza del calcio dell’epoca. Definito da Dino Zoff, suo ex compagno di squadra, un “napoletano atipico”. Juliano aveva un carattere distante dagli stereotipi e dai luoghi comuni della cultura partenopea. In campo però rappresentava una città intera, ammirato dai tifosi dentro e fuori dal campo.

La carriera a Napoli

Dopo la trafila nelle giovanili, a farlo debuttare in prima squadra ci pensò il “Petisso” Pesaola. A soli 19 anni, Juliano esordisce con la maglia del Napoli in Coppa Italia e d’allora non è mai più uscito. Una vita dedicata al Napoli: 394 presenze con la maglia azzurra, oltre cinquecento se si tiene conto delle giovanili, e 26 gol in 17 stagioni. Vince per due volte la coppa Italia (1962 e 1976), una coppa delle Alpi (1966) e una coppa di Lega Italo-Inglese (1976). Il rimpianto di uno scudetto mai vinto, ma solo sfiorato per ben due volte. Il primo nel ‘68, il secondo nel ‘75 con il memorabile “calcio totale” targato Luis Vinicio di cui lui era il fulcro del gioco. Una sola stagione al Bologna, prima di chiudere la carriera nel 1979, in cui, anche lì, è decisivo per la conquista della salvezza, per poi tornare a Napoli con le vesti da dirigente.

La Nazionale

Per amore del Napoli Antonio Juliano rifiutò offerte importanti, tra cui quella dell’Inter che gli avrebbe permesso di giocare in Nazionale per sempre. In Nazionale ci giocò comunque, diventando ancora di più l’orgoglio dei tifosi per essere il primo napoletano ad indossare la prestigiosa maglia dell’Italia. Con l’azzurro della Nazionale conquista nel 1968 l’Europeo e partecipa a tre Mondiali: Inghilterra ‘66, Messico ’70 e Germania ’74. Nella spedizione messicana del ‘70 gioca anche 16 minuti nella finale persa contro il Brasile di Pelè.

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Il ritorno da dirigente

Conclusa la sua carriera da calciatore, il Napoli continuò ad essere al centro della vita di Totonno Juliano. Se Corrado Ferlaino è stato il presidente che ha portato alle falde del Vesuvio Maradona il merito è di gran parte del dirigente napoletano. Il suo blitz a Barcellona fece si che la trattativa del secolo andasse in porto per 13 miliardi di lire e diede inizio alla leggenda. Ma prima del pibe de oro, nell’80 Juliano portò a Napoli il primo straniero dopo la riapertura delle frontiere: l’olandese volante Rudy Krol. Poi il ritorno nella stagione 1998/99 con gli azzurri in Serie B, ancora come dirigente e sempre per amore. Ma la seconda non fu fortunata come la prima: il Napoli era ormai invischiato nei debiti e sempre più prossimo al fallimento. Esperienza tutt’altro che memorabile ma che non offusca però il passato.

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(Foto: LBDV)

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