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Beckenbauer, nessuno come lui

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Bayern Monaco Bundesliga
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L’estate del 1971 si porta via Jim Morrison, poeta della canzone e magnetico cantante dei Doors. La sua morte sconvolge i membri superstiti del gruppo, nessuno dei quali vorrebbe proseguire l’avventura. Tuttavia la casa discografica pretende da loro almeno un altro disco. Si rende necessaria la scelta di un nuovo frontman: più di trenta interpreti fanno un provino, neanche uno lo supera. Impossibile per chiunque anche solo avvicinarsi al carisma e fascino del precedessore. La stessa situazione si ripresenta nella primavera del 1977, quando Franz Beckenbauer, libero e capitano della Germania Ovest, chiude la sua carriera con la Nazionale tedesca. I vari commissari tecnici provano infinite volte a scovare un valido sostituto. Tutto inutile: la sua maglia aspetterà invano un degno erede per classe e carisma. Nessuno come lui.

Uno schiaffo al Destino

Nasce l’11 Settembre 1945 a Giesing, un quartiere popolare di Monaco di Baviera. Il paese deve risollevarsi dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, la sua famiglia non ha molto da offrirgli, trascorre una infanzia dickensiana tirando calci ad un pallone fatto di stracci in strada. Sogna di andarsene e diventare un calciatore professionista a dispetto del volere di suo padre che lo immagina geometra. Il suo Virgilio è lo Zio Alfons, operaio socialista ed ex attaccante del Bayern Monaco in gioventù. E’ il primo ad intuirne le doti e a pronosticargli un futuro con la maglia rossa della sua vecchia squadra. In verità, il giovane Franz, come tutti i ragazzini dell’epoca, simpatizza per il Monaco 1860, la formazione più prestigiosa del paese. Ma la Sorte decide altrimenti: una finale di un campionato under 14 giocata proprio contro le giovanili del Monaco è la causa della rottura. Beckenbauer, schierato come ala sinistra, fa impazzire l’intera difesa avversaria. Uno dei difensori, esasperato dalle sue finte, perde la testa e lo schiaffeggia nel corso di una rissa. La sua squadra vince la finale ma lui se la lega al dito: non giocherà mai per quel club. Rifiuta l’opzione già sottoscritta con la dirigenza del Monaco 1860 ed entra nel vivaio dell’assai meno rinomato Bayern Monaco. L’ancora adolescente Franz ha già la fierezza di un futuro kaiser. Nessuno come lui.

Crescita parallela

In quel periodo il club è a margini del calcio tedesco: vivacchia in seconda divisione e ha solo un titolo in bacheca, un campionato vinto più di trent’anni prima. Tuttavia la squadra e Beckenbauer hanno una crescita parallela. La società viene rilevata dall’imprenditore edile Wilhelm Neudecker che ingaggia come tecnico l’ex mediano della nazionale jugoslava Zlatko Ĉajkovski. Quest’ultimo, allenatore innovativo e innamorato del gesto tecnico, rifonda  la formazione incentrandola su tre giovani provenienti dalla primavera. Il primo è Franz Beckenbauer, trasformato da eclettica ala sinistra  ad elegante mediano di impostazione. Gli altri due sono l’acrobatico portiere Sepp Maier e il rapace centravanti Gerd Muller. La promozione a titolare precede di poco l’investitura a leader assoluto della squadra per abilità tecnica e temperamento. I risultati arrivano in sequenza: c’è la promozione in prima divisione e la conquista della Coppa di Germania. Il Bayern adesso conta qualcosa, Franz è pronto a prendersi la ribalta. Nessuno come lui.

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L’abbraccio del Ragno Nero

Il selezionatore della Nazionale gli mette subito gli occhi addosso. Debutta con la maglia bianca il 26 Settembre 1965 contro la Svezia. Ai successivi Mondiali inglesi del 1966 è già il perno del centrocampo. Si impone come uno dei migliori mediani della rassegna sin dal debutto. Due reti segnate alla Svizzera con due conclusioni da fuori area.  Segna ancora nei quarti di finale contro l’Uruguay e brilla nella semifinale con l’Unione Sovietica. A difendere la porta dei russi c’è Lev Jascin, il leggendario Ragno Nero. E’ enorme quanto agile, incute timore a tutti gli avversari. Eccetto lui, che riesce a superarlo con un missile dalla distanza. E’ la rete della vittoria e dell’accesso alla finalissima con i padroni di casa. Jascin, atleta ed uomo di valore assoluto, ammira senza riserve il giovanissimo avversario, gli riserva un caloroso abbraccio. Nell’ultimo incontro le disposizioni del suo tecnico gli impongono la marcatura di Bobby Charlton, il cervello della formazione inglese. Il tecnico dei rivali ha dato la stessa mansione al suo regista. I due si annullano a vicenda e la Coppa va ai britannici con un gol contestato. Beckenbauer ne esce comunque come vincitore morale, ha un carisma e uno stile impensabile per qualsiasi coetaneo. Nessuno come lui.

Il braccio al collo

Dopo il Mondiale viene avvicinato dai dirigenti dell’Inter che gli fanno firmare un precontratto. La squadra nerazzurra è una delle migliori d’Europa e il suo compenso è da favola: 900.000 marchi per il trasferimento in Italia. Purtroppo il fallimento della spedizione azzurra ai Mondiali inglesi comporta la chiusura delle frontiere per i calciatori stranieri. Franz resta in patria come leader del Bayern e della Nazionale tedesca. Gli Europei del 1968 lo vedono eliminato dalla fase finale ad opera della Jugoslavia del fuoriclasse Dzajic ma a Messico 1970 guida i suoi fino alla storica semifinale contro l’Italia. E’ la partita del secolo, è il match delle infinite emozioni che culminano nel 4 a 3 finale per gli azzurri, è l’apoteosi del lato epico del calcio. E lui contribuisce ad edificare il mito di quell’incontro rifiutandosi di uscire a venti minuti dalla fine dei regolamentari nonostante abbia una spalla lussata. Non può lasciare i compagni in dieci: si fa fasciare e giocherà fino alla fine da par suo anche se ha il braccio fissato al collo dalla benda. Tra le tante immagini iconiche di quel giorno c’è anche la sua, più forte anche della sfortuna. Nessuno come lui.

Consacrazione di una leggenda

Gli anni Settanta gli portano in dote i maggiori trionfi, sia a titolo personale che di squadra. Nell’estate del 1972, ruolo di libero e fascia da capitano al braccio, conquista il titolo europeo. E’ l’uomo ovunque: imposta il gioco da dietro, lancia a rete i compagni e chiude con eleganza ogni varco d’accesso alla propria area di rigore. Bissa il successo ai successivi Mondiali casalinghi del 1974, con la vittoria in finale contro l’Olanda del suo eterno rivale Cruyff. Vince anche due il Pallone d’Oro come miglior giocatore europeo dell’anno, grazie anche ai ripetuti successi del suo Bayern in Coppa dei Campioni. La sua maniera innovativa di interpretare il regista difensivo lo rende un modello insuperabile per tutti i futuri interpreti del ruolo. La scelta di emigrare in America, nel cimitero degli elefanti calcistico del Cosmos di New York, priva la Germania del suo più grande giocatore di sempre. Nessuno come lui.

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