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Tre cose su….Benevento – Messina

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Benevento
Tempo di lettura: 2 minuti

Battuta d’arresto per il Benevento che in casa contro il Messina si vede raggiungere a tempo praticamente scaduto.

SEGNALI PREOCCUPANTI?

In verità non tanto. Se Winnie the Pooh è diventato, in un film horror, un killer psicopatico, ci può stare che Ciciretti, Ciano e compagnia, dopo diverse prestazioni stratosferiche, diventino “normali”. Non sempre i singoli, anche se molto bravi, possono essere continuamente galattici.

Ci può stare che una squadra conduca una partita “normale”, nè sottotono, nè da Champions League. Perché, quei singoli, non saranno stati brillanti al punto di chiuderla, però nel primo tempo hanno cercato, scavato, ritentato, con molti mezzi e per più volte, trovato la via del gol, seppur con una deviazione da flipper.

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Sembrava fatta, sembrava chiusa. Poi non si è riusciti a ripartire al pressing del Messina, decisivo ma non così asfissiante a dire il vero.

Rimane una mentalità più conservatrice del legname messo in cascina, che non gestrice di un vantaggio; più remissiva di attesa che non attenta a mordere chi si scopre; più tradizionalista del “un gol più degli altri” che non amministratrice lungimirante di palla al piede e ripartenze dalle idee chiare.

Fase difensiva (difensori e centrocampisti) troppo traballante e in sofferenza da poter rilazarsi. E qui la mano dell’allenatore c’entra poco. Un pò come un sacco da boxe continuamente picchiato, che poi torna indietro al punto di partenza per essere malmenato di nuovo.

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Quale tecnico vorrebbe mai rivedere per un’ora il remake del “Giorno della Marmotta”.

SEGNI DI MAGIA

Seppur con quest’atteggiamento, non era affatto detto che il Messina riuscisse a trovare il pari. Che, infatti, è arrivato allo scadere dei 90 minuti, al termine di un buon secondo tempo ordinato, grintoso e mai domo.

E come è arrivato! Con un tiro che definirlo “della domenica” sarebbe sminuirlo. Una magia degna di Harry Potter, quella di Frisenna, disegnata con la bacchetta di un sinistro artistico nel set. Una parabola imprendibile diventata oro.

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Poco prima Zunno aveva spaccato la traversa dopo aver fatto lo slalom tra due difensori avversari in area. Segni che conducono in un porto sicuro i siciliani.

Abituati a non abbassare la testa dopo uno svantaggio: per la quarta volta in questa stagione hanno rimontato uno svantaggio, aggiungendo punti preziosi alla loro classifica. Pari meritato, quaranta punti e sogni, anche questi d’oro, che portano maggiore tranquillità all’ambiente.

A QUEL SEGNALE, SCATENATE LO STOP

C’è stato un momento, in una parentesi che va, soprattutto, dai 5 minuti finali della prima frazione ai 10 minuti dell’inizio della ripresa, in cui sembrava si volesse omaggiare il papà di Goku, Akira Toriyama.

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Forse mancava soltanto l’onda energetica per completare l’opera. Scintille incontrollabili. Meglio rifugiarsi nella “Stanza dello Spirito e del Tempo” per venire a più miti consigli. Sei ammonizioni, tra dentro e fuori dal campo, parole di troppo, gomitate e spinte come se non ci fosse un domani.

Segno anche di un nervosismo che va qualche livello più sopra del sano e semplice agonismo. L’importante è che niente sia sfociato in violenza gratuita verbale o fisica. Altrimenti si poteva rischiare di uscire fuori “di testa”, come per il caso D’Aversa di ieri. Un gesto, non andato a segno, pessimo, antisportivo e aggressivo, assolutamente contrario ai principi e ai valori dello sport.

Non ci siamo andati vicini a Benevento in quell’arco temporale e, per fortuna, non s’è mai neanche sfiorata o pensata per un attimo la bellicosità gratuita, ma i segnali iniziavano ad essere preoccupanti. Come dire, s’è introdotto il freno a mano istantaneo al minimo segnale di degenerazione.

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A quel segnale, fermatevi, frenate l’irruenza, scatenate uno stop immediato.

(Foto: DepositPhotos)

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