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Troppe partite e troppi infortuni: Il calcio moderno a rischio collasso

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Calcio generica
Tempo di lettura: 3 minuti

Il calcio moderno è arrivato a un punto critico. Giocatori infortunati, calendari intasati e competizioni che sembrano non finire mai. Il primo campanello d’allarme di questa stagione è stato suonato da Rodri, centrocampista del Manchester City, che ha espresso apertamente la sua frustrazione: “Non siamo dei robot, né intendiamo diventarlo. Per offrire qualcosa di più brillante dobbiamo poter riposare”. Parole che riflettono una situazione ormai insostenibile sul piano fisico, con il giocatore che ha persino ventilato l’ipotesi di uno sciopero, sostenuto da molti colleghi.

L’ironia del destino ha poi colpito lo stesso Rodri, costretto a uno stop per un grave infortunio al ginocchio durante la sfida contro il Liverpool, con un ritorno in campo previsto solo in primavera.

Il suo caso è solo uno dei tanti che stanno colpendo il calcio a livello globale. In Italia, l’inizio della stagione ha già visto una lunga lista di infortuni gravi, come quello di Ruslan Malinovskyi del Genoa contro il Venezia, insieme a Scamacca, Scalvini, Ebuhei, Florenzi, Bremer e da ultimo Zapata del Torino.

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Anche all’estero la situazione non è diversa: il Barcellona ha perso Ter Stegen, Dani Olmo e De Jong, mentre il Bayern Monaco e il PSG devono fare i conti con assenze importanti come Neuer, Hernandez e Kimpembe.

Mentre il Real Madrid dovrà fare a meno del suo capitano Carvajal che nell’ultima gara ha riportato la rottura del legamento crociato anteriore, la rottura del legamento collaterale esterno e la rottura del tendine popliteo della gamba destra. Un infortunio che richiederà un lungo periodo di stop, secondo i media spagnoli ci vorranno infatti almeno 10 mesi per rivedere in campo il giocatore

Un calendario insostenibile

Il problema principale sembra essere il calendario sempre più fitto. Il numero di partite è aumentato a dismisura: la nuova Champions League è passata da 32 a 36 squadre, il Mondiale per Nazioni da 32 a 48, e la Coppa del Mondo per club, che si terrà negli Stati Uniti nel 2025, vedrà partecipare ben 32 squadre.

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A questo si aggiungono competizioni come la Nations League, che ha sostituito le amichevoli internazionali, e le Supercoppe nazionali che spesso si giocano in Paesi lontani, come quelli del Golfo. Di conseguenza, le partite di calcio ormai si giocano quasi ogni giorno, tra campionati, coppe nazionali ed europee.

Mentre la Bundesliga e la Ligue 1 hanno ridotto il numero di squadre a 18, Premier League, Serie A e Liga spagnola rimangono ferme a 20, contribuendo all’intensificazione del calendario.

Ma i giocatori possono reggere questo ritmo? Secondo Rodri, il punto di rottura è molto vicino, e le continue assenze per infortunio sembrano confermare questa previsione.

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Colpevoli e responsabilità

Se da un lato sono le federazioni internazionali come UEFA e FIFA ad ampliare continuamente il calendario per massimizzare i profitti, dall’altro c’è chi punta il dito contro i club stessi.

Il Telegraph ha sollevato la questione, accusando le grandi squadre di non opporsi a questi cambiamenti, accettando tour estivi e impegni che riempiono le casse societarie e dei giocatori stessi, come nel caso del Manchester City.

Ma c’è un limite? Marco Van Basten, leggenda del calcio, ha recentemente lanciato un monito su Eurosport:

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“Stiamo mungendo il prodotto del calcio. Dobbiamo stare attenti che la fame di guardare il nostro sport rimanga nei tifosi”.

In effetti, il rischio è che l’eccesso di partite e la ridotta qualità dovuta agli infortuni possa allontanare i tifosi, danneggiando il calcio a lungo termine.

Come uscirne?

Tagliare il numero di partite è una delle soluzioni più discusse, ma la resistenza delle grandi federazioni e dei club sembra difficile da superare, dato il peso economico che il calcio genera a livello globale.

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In alternativa, potrebbe essere necessario un cambio di approccio da parte degli allenatori e dei preparatori atletici, per gestire meglio la condizione fisica dei giocatori. Ma il vero interrogativo è: chi avrà il coraggio di dire basta per primo?

La questione rimane aperta, e nel frattempo la lista degli infortuni continua ad allungarsi. Se non si prenderanno presto delle misure, il calcio moderno rischia di collassare sotto il peso del suo stesso successo.

(Foto: DepositPhotos)

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