Milan
Milan, è notte fonda per Fonseca
Caduta libera. No, non stiamo parlando del programma di Gerry Scotti ma piuttosto della squadra per la quale fa il tifo: il Milan.
Privato di Hernandez e Reijnders per squalifica, e con Pulisic non al meglio, il Diavolo perde quota giornata dopo giornata.
Stavolta lo ha fatto per la prima volta davanti ai propri tifosi contro un solido Napoli di Conte sempre più capolista.
L’analisi
Gli uomini di Fonseca si presentano al big match del turno infrasettimanale con una formazione decisamente rimaneggiata e il binomio difensivo Thiaw – Pavlovic lo testimonia. L’ex Lipsia si era presentato a Milano in pompa magna e sembrava essere immediatamente diventato il leader di una difesa che faceva (e fa) acqua da tutte le parti.
Ma così non è stato. Nonostante la sua stazza soffre infatti costantemente la possenza di Lukaku, addosso al quale rimbalza in occasione del vantaggio del Napoli.
A centrocampo l’assenza di Reijnders ha comportato la mancanza di qualità. Tuttavia si tratta di un’alibi troppo debole per poter giustificare una manovra offensiva che vive di fiammate.
E se anche Pulisic e Leao non scendono in campo dal primo minuto (nel caso del primo la causa è stata una gastroenterite) ecco che mancano estro ed imprevedibilità.
Ad onore del vero Okafor e Chukwueze provano a dare una scossa già nella prima frazione ma ogni barlume di speranza viene spazzato via da un incredibile gol di Kvaratskhelia.
Il georgiano riceve palla sull’esterno, si accentra con un rapidità bruciante e calcia nell’angolino da 25 metri. Poco reattivo Maignan che forse non vede partire la palla.
Nella ripresa i rossoneri provano una reazione dettata però più dall’orgoglio e dalla voglia che da una vera idea di gioco. Un problema palesatosi anche in altri match giocati dai rossoneri in questi primi due mesi di stagione.
Ed è stata probabilmente questa la grande differenza con la squadra partenopea che invece è apparsa, una volta di più, organizzata, cinica e grintosa di raggiungere un risultato importantissimo all’inizio del tour de force.
Un Milan sterile che non ha fatto mancare il proprio impegno per provare a ribaltare la partita ma che di fatto non ha mai davvero impensierito Meret. Unica eccezione il gol di Morata poi annullato dal VAR per fuorigioco che forse avrebbe aperto ad un secondo tempo differente.
Ora i rossoneri si ritrovano a -11 dalla vetta (anche se con una partita in meno) e l’obiettivo scudetto assomiglia più ad una montagna da scalare che ad un sogno nel cassetto.
Caso Leao
Ormai lo possiamo definire un caso. Dopo la sostituzione a metà del secondo tempo contro il Bruges e le panchine delle giornate precedenti Rafa Leao ha iniziato fuori anche il big match contro il Napoli. Un’involuzione difficile da spiegare per un calciatore che tre anni fa sembrava essersi consacrato divenendo il leader tecnico del diciannovesimo scudetto del Milan.
«Rafa ha lavorato bene, non c’è nessun caso, tornerà a essere il campione che tutti conosciamo — aveva spiegato Fonseca alla vigilia — Che sta succedendo? Che l’allenatore non lo sta facendo giocare, perché se lo facessi giocare non ci sarebbero problemi».
Dunque nessun problema almeno apparentemente. Tuttavia è evidente che il feeling tra i due non è scattato.
Ma può questo Milan fare a meno di Leao? La domanda sorge spontanea in quanto la produzione offensiva della squadra di Fonseca rimane circoscritta, al momento, allo straordinario inizio di stagione di Pulisic.
Troppo poco per un club le cui ambizioni erano quelle di puntare al vertice. A ciò va aggiunto che il mercato condotto da Moncada e Furlani non ha aggiunto un bomber da 25 gol.
Per questa ragione in tanti si chiedono se non sia il caso di recuperare (soprattutto mentalmente) Leao che attualmente è fermo ad un gol in campionato.
Certo, dal suo canto il numero 10 del Milan deve cambiare registro. L’isolamento di Roma durante il cooling break e l’atteggiamento in campo, che spesso è poco devoto al sacrificio, rappresentano fattori che farebbero storcere il naso a chiunque.
Emblematiche a riguardo le parole di Fonseca nel post gara: “Un allenatore non deve andare a mendicare l’impegno”, sintomo di come manchi la giusta attitudine da parte del calciatore.
Per questa ragione Leao deve decidere cosa vuole diventare da grande. A 25 anni non è più un ragazzino e nel calcio, come ama ripetere qualcuno, ci sono le categorie.
Il passaggio da ottimo giocatore a campione sembra da tempo dietro l’angolo ma non è più così scontato. Avverrà prima o poi? Ai posteri l’ardua sentenza.