Angolo del tifoso
ANGOLO JUVENTUS – L’equilibrio della paura
La Juventus impatta per 0 a 0 nella trasferta a San Siro contro il Milan.
Dopo il pirotecnico pareggio contro i cugini nerazzurri con quattro reti a testa ci si aspettava un nuovo concerto polifonico da parte dalla Juventus di Thiago Motta alla Scala del calcio.
E, invece, chi si è accomodato di fronte alla tv (circa 150 paesi collegati con il capoluogo milanese) o ha preso posto sugli spalti del Meazza (con costi del biglietto pari anche a € 500) per assistere ad un match spettacolare ha avuto una cocente delusione, data la totale assenza di acuti. Due squadre contratte in difesa e confusionarie in attacco hanno dato vita ad un incontro soporifero, dove a dominare è stato esclusivamente il timore di perdere. Uno spot ben poco edificante a livello globale per il nostro movimento pallonaro nonché l’ennesima batosta alla pazienza dei tifosi, depauperati nel portafoglio e defraudati nelle aspettative.
Quello che si è visto in campo è uno sconcertante bilanciamento di intenti, orientato verso il basso e indirizzato dalla comune trepidazione.
L’equilibrio della paura.
Attenuanti? Fino ad un certo punto
In tutto questo, ci sono delle attenuanti per il tecnico e i giocatori della Juventus? La risposta è: fino ad un certo punto. Certo, il buon Thiago ha gli uomini contati con solo cinque giocatori di movimento in panchina; sicuramente ha delle carenze enormi in un reparto, vedi l’attacco privato in contemporanea del titolare Vlahovic, della riserva Milik e della soluzione di emergenza Nico González; indubbiamente il continuo ruotare degli schieramenti causa infortuni non gli ha finora consentito di trovare una formazione base. Ma, perdiana, tutto questo non può servire da alibi per l’inqualificabile spettacolo offerto sabato pomeriggio.
In sintesi: un insistito possesso palla, talmente ricercato da risultare nauseante. Un occhio al pallone e l’altro al compagno più vicino, l’importante è continuare a tessere la ragnatela dei passaggi e far scorrere i giri d’orologio. Gli avversari da tenere innanzitutto alla larga dalla propria area, non certo da aggredire nelle vicinanze della loro.
In poche parole: l’equilibrio della paura.
Uomo d’area di rigore cercasi
E poi, nel caso in cui la sfera arrivi in zona tiro a causa di una estemporanea iniziativa di un singolo come il diamante grezzo Yildiz, è la mancanza di uno specialista del settore a spiegare il mancato gonfiarsi della rete. Degli altri abbiamo già detto sopra, all’elenco dei latitanti manca solo il nome dell’ultimo grido in materia di bomber raffazzonati. Considerato il remoto passato da centravanti di ruolo, considerata pure la recente vena realizzativa (e non si dimentichi il DNA da attaccante ereditato magari da papà George), Timothy Weah, alla vigilia, era il candidato più accreditato per piazzarsi al centro dell’attacco.
Ma, per sfortuna del tecnico italo brasiliano, le sue precarie condizioni fisiche l’hanno condannato alla panchina. Cosi, a spartirsi oneri e onori della posizione più avanzata, si sono alternati il panzer olandese Teun Koopmeiners e il furetto incursore Wes McKennie. L’impegno? C’è stato da parte di entrambi. I risultati? Deficitarii in egual misura. Non bastano il passo cadenzato del tuttocampista orange o il piglio da assaltatore del Texas boy a surrogare in maniera efficace il killer instinct da uomo d’area di rigore. E ad ogni tentativo andato a vuoto, diminuisce la voglia di provarci e aumenta il timore di fallire.
L’equilibrio della paura.
Sussulti dalle retrovie
Infine, non c’era neanche da aspettarsi che qualcuno posizionato un po’ più indietro riuscisse a pescare in extremis il jolly che risolve la partita. La mancanza di un centrocampista con il pallino del gol è stato uno dei nodi del mercato della Juventus la scorsa estate. I numerosi arrivi alla Continassa avevano fatto sperare che fosse finalmente arrivato l’uomo adatto per risolvere il problema. Ma, purtroppo, acciacchi vari e difetti di condizione atletica non hanno consentito agli aspiranti alla carica di fornire sussulti dalle retrovie. Qualcosa come una bella castagna dai venti metri oppure una fulminea incursione con annesso stacco di testa risolutivo. Le conseguenze? Il settimo pareggio su tredici incontri disputati e un deciso ritardo in classifica rispetto alle posizioni importanti.
Tempo e modo di recuperare terreno c’è, a patto di avere il coraggio di osare di più. Piuttosto che accontentarsi di insipidi pareggi, figli dell’equilibrio della paura.
(Foto: Depositphotos)