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ZONA CESARINI – Punto sul mercato giallorosso: due punti e punto e virgola
E’ stato un mercato estenuante, diciamoci la verità. Lo è stato per tutti, a causa della crisi pandemica, anche i “ricchi” hanno aspettato l’ultimo minuto per abbassare pretese e nel tentativo di togliersi il peso degli esuberi in rosa.
La Nuova Roma dei Friedkin non ha fatto eccezioni e la priorità è stata abbassare tetto ingaggi, ricavare plusvalenze non dai titolarissimi (almeno qui ci si discosta dal passato recente), ma da chi garantiva poca continuità o fiducia al mister.
LE MOSTRO IL BECCACCINO
Questo diceva Abatantuono al “confuso” Bentivoglio nel bellissimo Turnè (1990), quando il suo stato rischiava di ostacolare il Cechov in corso. E questo più o meno ha fatto Fienga dalle aperture dei mercati indicando la porta ad alcuni tesserati: Schick ha preso definitivamente la via bavarese, Leverkusen, per 30 milioni, impensabili fino a poco tempo fa; Gonalons e Defrel acquistati da Granada e Sassuolo come da contratto a salvezza raggiunta; un pelo più dolorosa (in termini di assist e punizioni almeno) la cessione di Kolarov, ma età e recente rendimento difensivo mitigano il distacco, peraltro spinto decisamente dal serbo; l’attacco “decimato” con Under, già praticamente all’ombra del Vesuvio che vola invece verso Leicester alle cifre richieste dai giallorossi; Kluivert sul filo di lana al Lipsia (per ripetere il miracolo Schick, come se i Red Bulls fossero una clinica riabilitativa); Antonucci alla Salernitana in Serie B, livello forse più adatto momentaneamente per il pur talentuoso ragazzo, che ora allieterà i cilentani (almeno sul lungomare con la bella Ginevra).
Perotti, anche lui all’ultimo secondo, vestirà il giallonero del Fehnerbache. Non sono mai stato un grande fan dell’argentino e sono soddisfatto della cessione. Troppo incostante, troppi infortuni, unico con la palla tra i piedi, ma poco incisivo nel tiro e nel passaggio. Però a lui un saluto va fatto, perchè è l’uomo degli “addii”, ha salvato la festa di Totti e di De Rossi col gol vittoria e – più importante – ha segnato al Qarabag un gol senza il quale, forse, la bella cavalcata Champions, non ci sarebbe stata. E poi ha sempre dato tutto, e questo, alla Roma, ha sempre un valore, indipendentemente dal risultato.
Via Bouah al Cosenza (prestito) e Coric (il grande colpo in prospettiva di Monchi) al Venlo in Olanda, così come Riccardi (Pescara in prestito) e Fuzato al Gil Vicente. Ancora, sul filo, Olsen all’Everton, destinazione non gradita da Pau Lopez, ma Ancelotti un favore alla sua Roma doveva farlo in qualche modo. Cetin, uno dei primi al Verona diventato poi pedina nell’affare Kumbulla. L’inspiegabile situazione di Florenzi merita pochi commenti, ma il ragazzo va in prestito al PSG… BAH!
Tentativi poi falliti si sono rivelati Santon (ora papabile tra i titolari, così come Karsdorp di fatto preso dall’Atalanta e poi saltato), Peres, Pau Lopez, Jesus e Fazio, questi ultimi fuori dai radar del mister, ma ora numericamente importanti. Pastore è rimasto, invendibile anche dopo l’operazione all’anca e al massimo lo prenderà una RSA, ma a titolo gratuito.
Respinte al mittente le insistenze su Veretout, Zaniolo (pre crociato) e Dzeko, della cui telenovela con Milik si è già abbondantemente parlato.
AMICI VECCHI E NUOVI
In entrata il primo “colpo” è stato l’acquisizione definitiva di Mhkytarian, svincolato dall’Arsenal, con cui si è provato anche lo scambio Diawara-Torreira, poi saltato. Di retaggio “Petrachiano” l’acquisto di Pedro a parametro zero: il campione iberico porterà classe, esperienza e mentalità. Colpo da maestro Kumbulla, uno dei migliori difensori della scorsa stagione, desiderato da mezza Serie A: i giallorossi se lo sono accaparrato ad una cifra importante (30 milioni) ma con giochi di prestiti e contropartite tecniche (Cetin su tutti).
Molto difficoltosa la ricerca di un vice-Dzeko, tanto che si paventava il reintegro di Kalinic (ora al Verona): dell’indeciso Milik si è già detto, delle suggestioni Cavani e Suarez è decoroso soprassedere, alla fine la scelta è caduta sul giovane Borja Mayoral, in prestito dal Real, di prospettiva ma con media gol bassina per essere una prima punta. Tentativo in extremis di riportare El Shaarawy, ma sia lui che lo Shenhua Shangai pare volessero essere pagati… inaccettabile.
A proposito di “ritorni”, si è offerto Benatia e si è parlato anche di Rudiger, ma entrambe le soluzioni non si sono approfondite. In quel ruolo, solo una era la richiesta dei tifosi ed è stata una trattativa tipo Beautiful: il ritorno di Smalling. Come Brooke Logan, tutti lo volevano ma, al contrario di Brooke Logan, lui non voleva tutti: voleva solo la Roma.
Alla fine, i giallorossi riportano a casa l’inglese, innamorato perso di Roma, dopo un braccio di ferro bimestrale ma alle cifre volute: 15 milioni, più 5 se la Roma vince la Champions in 3 anni (che è un pò come la clausola pallone d’oro di Gerson). Tutto questo sul filo del rasoio più che di lana: firmato tutto pochi minuti prima della chiusura e inviato il fax, ma sembrava ci fossero problemi e la trattativa non potesse convalidarsi. Poi papà Dan Top Gun Friedkin ha chiamato in FIGC e tutto è stato ratificato (svejasse prima no, Danny? Je volemo fa prende un infarto a Guido Fienga?).
Con la Roma fatta, la perplessità stavolta è sul numero di giocatori: 2 portieri, 6 difensori (di cui 2 il mister neanche li vede a torto o a ragione), ok i terzini e risicato il centrocampo, con “solo” 5 attaccanti. Speriamo gli infortuni diano tregua.
Il mercato in sè può, nei nomi, essere ritenuto sufficiente, ma solo nell’ottica del “buon padre di famiglia”, che fa le scorte per l’inverno appena iniziato. In effetti, il monte ingaggi registra un -11 milioni. Se tutto questo sarà prodromo per la costituzione – dalla prossima stagione – di una Roma in cerca di competitività ad alti livelli, sarà stata un’attesa dolce, altrimenti la “scure” della critica cadrà anche sui nuovi americani perchè, ad essere obiettivi, Pallotta lo avremmo (giustamente) massacrato per un mercato del genere, così confusionario. Ai Friedkin posso, al momento, rimproverare la poca organizzazione e il fatto di aver lasciato solo Fienga, inesperto in un ruolo non suo, in mezzo a un branco di lupi procuratori e, se permettono, una battuta, bonaria…