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Chiesa – Belotti, destini incrociati

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Non è un parallelismo facile da afferrare, quello tra Andrea Belotti e Federico Chiesa. Eppure, quattro giornate di Serie A lo hanno reso palese. Suae fortunae quisque faber est, avrebbe sentenziato Sallustio; ad ognuno la sua semina, oggi. Non è un parallelismo semplice, eppure è talmente chiaro che risulta quasi banale. Inversamente proporzionale, il destino dei due, costruito su scelte opposte e incongiungibili tanto quanto il loro stesso essere. Incroceranno una sola volta i loro cammini, in questo parallelismo voluto forse dal troppo ragionare, ma che riflette, seppur in minima parte, tanto del calcio di oggi.

CHIESA, IL PRODIGIO SENZA TESTA

Padrone nemmeno in casa sua: Federico Chiesa non se la sta certo passando bene. Nemmeno con il trasferimento a Torino. Osteggiato dalla stessa tifoseria che l’ha cullato, ha scelto di fare il grande salto. In bianconero, ora, è uno dei tanti; dovrà dimostrare quel genio di cui tanto si è parlato e di cui ancora si parla, spesso offuscato sulle travi in rovere del Ponte Vecchio. Mai per colpa sua, si è detto spesso, la cui unica colpa è il non essere andato via prima. Forse, per un attimo, lo ha pensato anche lui.

Il sodalizio con la Vecchia Signora, però, è cominciato con uno sgambetto della sorte. Il cartellino rosso sventolato dall’arbitro è l’icona più significativa degli ultimi mesi del “figlio d’arte”. Che da talento opaco si è riscoperto uomo, e come uomo soverchiato da pressioni che, di fatto, farebbero mancare il fiato anche al più incaponito dei testardi. “Un prodigio senza testa”, si può leggere spulciando i commenti tra l’azzurro e il bianconero – ormai in viola c’è posto solo per le critiche. Una “testa” che dovrà trovare, scoprire e far maturare, l’avesse persa. Il salto è stato fatto; ora serve dispiegare le ali.

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NOTRE-DAME DE PARIS

Non si direbbe essere un cigno, Andrea Belotti. Non è certamente bello, vederlo giocare. Lui i piedi da terra non li ha mai sollevati; ha preferito guardare il pallone e correre come un matto, scorrazzando avanti ed indietro. Per la squadra, con la squadra. Perfetto esempio di pragmatismo, non un sussulto né un prestigio. Eppure è lì: capitano di una squadra che ancora deve racimolare punti, ma che ha tanto, tanto cuore. Una fascia al braccio che dice tanto, anche più delle parole. Delle prestazioni che gridano vendetta di fronte ad una classifica impietosa. Quattro goal in tre partite, tanta voglia di prendersi tutto. Con il Torino, per il Torino. Nonostante una squadra fuori giri, nonostante le critiche e le polemiche, Belotti si erge scudo ed alfiere granata. Senza vincoli imposti. Senza attanaglianti rimorsi. Con la sola voglia di riuscire.

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Chi ha deciso di saltare e chi, invece, è rimasto coi piedi per terra. E già ora c’è sentore di schieramenti, di serragli e di trincee. Solo il tempo darà ragione all’uno o all’altro. Si affronteranno a dicembre, l’uno contro l’altro. Destini opposti che avranno il loro punto di congiunzione. Non resta altro che aspettare e vedere su chi si abbatterà la scure delle scelte sbagliate.

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