Angolo del tifoso
SPECIALE 2020 – Angolo Juve
E’ SEMPRE L’ANNO BUONO
Abbiamo imparato a convivere con il sentimento della nostalgia, quest’anno. Delle occasioni mancate, di quello che avremmo potuto fare, degli sguardi incrociati e rimandati, di messaggi che attendono ancora risposte, dicendo ancora a noi stessi “non lascerò che mi accada mai più”. Se c’è una cosa che ci ha insegnato il 2020, è che le occasioni che ci capitano nel corso della vita vanno abbracciate. E che ogni vittoria, anche la più piccola e banale, è una montagna scalata.
Maurizio Sarri lo sa. Il suo è un Everest, con le pendici che affacciano sui campetti di provincia. E tanti di noi ancora non ci credono che lo scorso luglio sia stato lui a portare il trentottesimo trofeo (trentasei, per chi non ha avuto l’onore di festeggiare sul campo ma nelle aule di tribunali) in processione nella sala più bella dello Juventus Museum. L’ultima grande gioia prima della paura del lockdown, una perla rara di Dybala in casa nostra, contro i direttissimi rivali dell’Inter di Antonio Conte. Dopo quel giorno, il buio della paura, dei numeri sempre più gonfi, del non si sa come finirà questa storia. Poi il caldo torna, l’estate, le porte degli stadi ancora chiuse ma la voglia di normalità in grado di rompere qualsiasi lucchetto, di buttar giù ogni cancellata. Il tecnico di Figline Valdarno non riesce a legare in alcun modo con la tifoseria bianconera. Eppure da che mondo è mondo, il miglior modo per legare tecnici e tifosi è portare risultati.
Ma quel giorno con la Samp non basta. Dopo aver pareggiato con la corazzata atalantina e vinto contro la Lazio che ormai ha la testa altrove dopo aver seriamente messo in pericolo l’egemonia juventina, Sarri porta una squadra che in realtà non ha mai trovato una sua identità a vincere contro i blucerchiati, e a conquistare il suo nono scudetto di fila. Un numero mostruoso, ma che ai più pare scontato. Anzi, dovuto. Perché la Juventus di Cristiano non può permettersi di arrivare agli sgoccioli del campionato per doverlo conquistare, non può avere un mister che non si amalgama con l’ambiente.
Io non credo che lui l’abbia amata. Quando si parla di Juve non c’è sfumatura, non ci sono mezze misure, o la ami o la odi. O sei un dipendente stipendiato. La terza forse fa al suo caso, non l’avrà amata, ma si sarà emozionato eccome ad alzare quella coppa nello Stadium vuoto. Poi c’è stato il Lione, uno di quelli da savana, con le zanne affilate, cosa ve lo ricordo a fare, stiamo ancora a pensare a quella sera.
Presentazione in grande stile intanto per Pirlo, neoallenatore dell’Under 23. Poi in un pomeriggio d’estate, dopo la serata leonina, tra i saldi al 50% che costellavano i negozi della Capitale quasi mi cadono i sacchetti colmi di occasioni scontate. Sarri via? Si sta realizzando il sogno per cui il resto dell’Italia non gobba ci prende in giro da almeno due anni? No, Pep Guardiola non è nel nostro destino, nemmeno quest’anno, ce ne faremo una ragione. Anche perché siamo troppo impegnati ad esultare, ad unirci di nuovo, perché Pirlo non allenerà mica l’Under 23. Andrà a dare direttive ai suoi ex compagni, a Buffon, Bonucci e Chiellini, e se c’è una cosa di cui devo dare atto a questa dirigenza è che magari per un solo giorno tutti i bianconeri si sono stretti intorno a quei colori, intorno a questo ragazzo che di esperienza non ne ha.
Ma Andrea Agnelli un po’ sì. Sarà stato un azzardo il buon Sarri? Sì e no. Lo sapevamo da ben prima che arrivasse alla Continassa che più di un dipendente per il club non poteva essere. Ma forse, dopo Max Allegri che l’ha coccolata, dopo Antonio Conte che l’ha malamente ripudiata, avevamo bisogno ancora di affetto. Sarà un azzardo a sua volta, il giovane Pirlo, ma uno di quelli fatti col coraggio. Andrea vuole il primo americano della storia della Juve, ed ha ragione a volerlo vista la prima parte di stagione di Weston McKennie. Torna a casa Alvaro Morata, dopo che in tanti avevano nominato Giroud, in diversi pregavano per Dzeko, ma tutti in realtà avevamo sperato nell’arrivo di Suarez – sul resto esoneratemi dal proferire parola. Va via Pjanic, dopo anni meravigliosi passati insieme, nello scambio dell’estate con l’omologo blaugrana Arthur. Entra Danilo, arriva agli sgoccioli del mercato il promesso sposo da tempo Federico Chiesa, coperto di insulti da una parte della sua ex tifoseria. Se ne sarà fatto una ragione anche lui.
Quattro mesi sulle montagne russe sono il risultato di un gruppo che si sta lentamente assestando. Un giorno piazzi tre ganci al Barcellona a casa sua, un altro pareggi a Crotone, impaurito come un cucciolo di schnauzer. I tifosi cominciano a soffrire di uno strano sdoppiamento della personalità, un comportamento bipolare che risponde agli ordini dei goal segnati.
Di una cosa non ci stanchiamo mai, però. Di Cristiano Ronaldo, perché a due anni di distanza fa ancora strano pensare che nell’immagine proiettata qualche giorno fa sul Burj Khalifa la stella portoghese indossasse la maglia bianconera. E di quella fila di senatori che popolano lo spogliatoio, e di cui speriamo di non liberarci mai.
Di cosa abbiamo bisogno, ancora. Di una punta di riserva, il ritornello che rimbalza nelle chat bianconere. E di quel Centrocampista con la C maiuscola che sogniamo dai tempi di Marchisio e Vidal. Ma questa Juve ha davvero bisogno di altri ad indossare la sua maglia? O ha solo bisogno di se stessa?
Come si fa a dare un voto? Per alcuni l’amore per la Juve acceca, non permette di vedere errori, falle, parole sbagliate. Meglio così, fidatevi. Vi auguro per il nuovo anno di innamorarvi dei vostri colori esattamente allo stesso modo, di vivere costantemente in un otto pieno, anche se su un ottovolante.
Allo stesso modo, auguro a Paulo Dybala di mettersi quel dieci sulle spalle e non toglierselo mai più. E a Paul Pogba di tornare sui suoi passi, quelli che portano in Corso Scirea.
Ecco, l’ho detto.
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