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DIVERSO PARARE – Attaccàti agli attaccanti

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«Il Napoli davanti è veramente forte e certi rimpianti, per me, rimangono altissimi». Così, subito dopo Napoli-Crotone, si era espresso Umberto Chiariello, uno dei più accesi esponenti del fronte anti-Gattuso.

Proviamo a leggere qualche numero che ci possa aiutare a capire in parte cosa sia successo al Napoli «davanti», lì dove «è veramente forte». Chissà che dai numeri non si ricavi qualche spunto di riflessione, qualche attenuazione di determinati giudizi.

Settima giornata del girone d’andata, il Napoli vince a Bologna con un goal di Osimhen il quale, di lì a pochi giorni, si infortunerà giocando con la propria nazionale. Alla settima di campionato, sesta partita disputata sul campo a causa del rinvio di Juventus-Napoli in programma il 4 ottobre, il Napoli è secondo in classifica con 15 punti, a meno due dal Milan ma con una partita in meno. Gli azzurri hanno una media punti di 2.5 a partita, hanno segnato 15 goal.

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Alla dodicesima di campionato, poi, il Napoli perde a Milano, con l’Inter, sia la partita che Mertens. Alla dodicesima, con undici partite realmente giocate, il Napoli in classifica è terzo, a meno quattro dal Milan e sempre con una partita da recuperare. La media punti è 2.18, i goal fatti, 26.

Da quel momento, inizia un periodo buio che, curiosamente, è anch’esso di 11 partite, il che forse consente una comparazione di una certa sostanza. Senza Mertens ed Osimhen il Napoli mette insieme 16 punti, con una media che crolla ad 1.45. I goal fatti sono comunque 21, ma forse l’assenza degli attaccanti e la conseguente minore pericolosità comporta anche squilibri complessivi nel sistema di gioco. Magari ANCHE in conseguenza di ciò, cresce il numero di reti subite (9 nelle prime 11 giornate, 15 nelle successive 11, quelle affrontate in un’emergenza offensiva che ad un certo punto sarà resa drammatica dagli infortuni a Lozano e Petagna).

Da quando, più o meno a partire dal derby di ritorno contro il Benevento, il Napoli ha potuto contare sui propri due attaccanti centrali titolari in condizioni presentabili, le cose sono nuovamente cambiate. In questa mini tranche di 7 partite, infatti, sono arrivati 16 punti, per una media di 2.28, con 16 reti segnate. Insomma, con Mertens ed Osimhen entrambi in efficienza, i numeri parlano di un Napoli che in 13 partite (le prime sei e le ultime sette) ha segnato 31 reti e totalizzato 31 punti, per una media di 2.38. Detto per inciso, la media punti dell’Inter capolista è di 2.42.

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Un ulteriore dato. Quello che era, nei programmi, il terzo centravanti, il volenteroso ed utile Petagna, si è ad un certo punto ritrovato a fare il titolare: da inizio campionato, l’ex Atalanta e Spal ha disputato 21 partite, fra spezzoni e non, ed ha messo insieme 4 centri. Di questi, tre sono arrivati da subentrato, a squadre avversarie già stanche, uno da titolare (all’andata contro il Crotone, a partita già chiusa). Anche la necessità di fare affidamento sul solo Petagna, forse, avrà inciso sul rendimento del Napoli.

Si parla tanto delle responsabilità dell’allenatore per una presunta occasione scudetto mancata, e di sicuro Gattuso avrà sbagliato qualcosa. Se però, come fanno in tanti, si prendono in esame le 11 partite buie per formulare un giudizio di condanna senza appello nei confronti del solo allenatore (altra bizzarria, ma lasciamo perdere), onestà intellettuale consiglierebbe – forse – di ritenere altrettanto significativo un altro blocco di estensione pressoché identica. Parliamo, infatti, di tredici sfide, le sei che vanno da Parma- Napoli a Bologna-Napoli nel girone d’andata e le ultime sette disputate fino al recupero con la Juventus: sembrerebbe opportuno confrontare, dunque, i match in cui il Napoli non ha potuto schierare né Osimhen né Mertens con quelli in cui li ha avuti in (piena) efficienza. A leggere i numeri che emergono dalla comparazione, viene da pensare che la vera sciagura del Napoli di quest’anno si sia determinata fuori dal campo, sì: ma in infermeria, non in panchina.

Un altro elemento interessante potrebbe venire dalla ricognizione delle squadre con le quali il Napoli ha giocato nei diversi tronconi in cui se ne sta dividendo il campionato. Fino a quando Mertens ed Osimhen sono stati entrambi disponibili ad inizio stagione, il Napoli ha perso con il solo Sassuolo (oggi a 40 punti), battendo invece Parma (20), Genoa (32), Atalanta (58), Benevento (30), Bologna (34). Nelle cinque partite disputate poi prima di perdere anche Mertens, il Napoli ha vinto contro Roma (51), Crotone (15) e Samp (36), perdendo invece contro Milan (60) ed Inter (71). In verità, fino all’infortunio di Mertens a San Siro si era sullo 0-0, quindi tecnicamente non si potrebbe neppure parlare di partita persa, nell’ambito di questa analisi. Nel complesso, il Napoli dotato dei suoi due terminali offensivi titolari – ancorché diversissimi fra loro per caratteristiche individuali e tipologia di apporto alla manovra – o anche di uno solo di essi, ha perso con squadre che oggi hanno almeno 40 punti in classifica e occupano come minimo il nono posto (il Sassuolo, ad un solo punto dall’ottava piazza).

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Da quando sono mancati il belga ed il nigeriano, il Napoli ha battuto ancora alcune squadre che si collocano sotto la cifra dei 40 punti in classifica (Cagliari, 22; Udinese, 33; Fiorentina, 30; di nuovo il Parma) ed ha steso la Juventus (59) – tirando in porta solo sul rigore decisivo di Insigne -, ma ha anche cominciato a frenare contro compagini come il Torino (24), al quale ha lasciato un punto; lo Spezia (29), corsaro al Maradona; il Verona (41), vincitore in casa propria; il Genoa (32), impostosi a Marassi. Il quadro si completa poi con le sconfitte contro le “pari grado” Lazio (52) ed Atalanta (58). Per un curioso scherzo del destino, tre sono le squadre incontrate sia nel primo periodo positivo, quello in cui Mertens e Osimhen erano abili ed arruolabili, sia nel periodo di crisi. Ebbene, se si eccettua il derelitto Parma – battuto in entrambi i casi – con Genoa ed Atalanta si è vinto quando la rosa era tutta a disposizione, si è perso quando i due attaccanti erano ai box o si apprestavano a in campo ma erano in condizioni fisiche men che precarie. Il discorso, si ribalta, se si pensa alle sfide con la Juve: vittoria all’interno del “filotto negativo”, sconfitta nel periodo di ripresa (però sarebbe interessante osservare come il Napoli, potendo schierare i suoi attaccanti, sia stato molto più pericoloso a Torino che a Napoli).

Considerando infine il periodo di sette partite in cui i due centravanti sono stati recuperati, c’è poco da dire: pari a Reggio Emilia, vittorie in serie contro Benevento, Bologna, Crotone (queste tre a Napoli), Milan e Roma (sconfitte in casa loro), sconfitta a Torino sponda bianconera.

Insomma, i numeri sembrano suggerire che la fase di declino, con i punti persi contro le medio-piccole dei quali tanto e tanto spesso ci si lamenta, abbia una collocazione temporale ben precisa: ancora una volta, la contestuale assenza di Osimhen e Mertens rappresenta un dato di fatto incontestabile, che poi ciascuno potrà leggere in ottica di (con)causa diretta o, in altra prospettiva, come mera coincidenza. Per farla breve: se Mertens ed Osimhen non si fossero rotti, oggi parleremmo di Napoli da primato? Non lo sa chi scrive, nessuno può saperlo; chi scrive, anzi, ritiene che svariati siano i motivi per i quali il Napoli ha perso punti, e fra questi motivi vanno di certo annoverati anche errori commessi dalla guida tecnica. Se però può essere eccessivo quanto dichiarato da Fabio Caressa («con Mertens e Osimhen il Napoli ne avrebbe segnati quattro a partita»), pare davvero ingeneroso attribuire a Gattuso tutte le colpe per una stagione che sta dando meno di quanto avrebbe potuto.

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Ah, a proposito: nel recupero con il Sassuolo l’Inter ha staccato forse più di un pass per lo scudetto. Per la cronaca, ha vinto 2-1, con goal di Lukaku, il ventunesimo, condito da 9 assist, su 28 presenze, e di Lautaro, arrivato a 15 goal e 5 assist su 29 incontri disputati. Si è alla 29esima, il che vuol dire che, fra partite intere e spezzoni, Lautaro le ha giocate tutte, Lukaku ne ha saltata una: un’assenza totale in due, un apporto di 36 reti e 14 assist, 50 reti sulle quali i dioscuri dell’attacco di Conte hanno impresso il proprio marchio. Serve altro?

a cura di Andrea Carpentieri

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