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NUMERO 14 – Una telefonata dal Ministero

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“Il presidente Fraizzoli? L’Onorevole Andreotti vorrebbe parlarle. Glielo passo.” Il tono cortese della segretaria non fa altro che aumentare l’inquietudine del proprietario dell’Inter. Quella telefonata può avere una sola motivazione.

Tarda primavera 1983, a Roma sono giorni di festa: la squadra capitolina ha appena vinto uno storico scudetto, i tifosi giallorossi sono in delirio, i giocatori vengono celebrati come protagonisti di una grande impresa.

Tuttavia, il più acclamato di loro, il leader del gruppo, il centrocampista brasiliano Paulo Roberto Falcao, non riesce a godersi la gioiosa atmosfera, ha la testa da un’altra parte. Il suo tempo a Roma è finito.

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Il suo procuratore, l’Avvocato Cristoforo Colombo, omonimo del celebre navigatore genovese, ha messo a punto per il suo assistito un trasferimento clamoroso all’Inter, certificato da un contratto triennale che gli garantisce  un ingaggio miliardario e un ruolo chiave in una squadra ambiziosa che punta decisamente al tricolore.

Gli argomenti del procuratore sono solidi, li ha enumerati con dovizia di particolari: Paulo, hai trent’anni e qui hai già dato il massimo, hai bisogno di una nuova sfida in un altro ambiente e, in ogni caso, una proposta cosi generosa non te la faranno mai più. E’ adesso il momento di cambiare, l’anno prossimo sarà già troppo tardi.

Parole piene di buon senso, almeno agli orecchi del giocatore che non si è fatto pregare per mettere il suo autografo sul contratto con l’Inter. Sandro Mazzola, il dirigente incaricato dell’operazione, l’ha mostrato gongolante al suo presidente: è il primo tassello nell’opera di rilancio del club ai massimi livelli.

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Un compiaciuto Fraizzoli, a questo punto, ha sentito il dovere di comunicare al presidente della Roma, l’Ingegnere Dino Viola, che ha l’accordo con il giocatore e quindi, per concludere l’affare, basta concordare una cifra adeguata tra le due società.

Viola ascolta, prende atto ma non da una risposta definitiva, chiede un po’ di tempo.

Quindi risolleva la cornetta, compone un altro numero e si fa mettere in contatto con la segreteria dell’Onorevole Giulio Andreotti a cui racconta l’intera vicenda.

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E’ l’unico che può mandare a monte il trasferimento di Falcao: ha gli strumenti per farlo e soprattutto ha interesse ad impedire il cambio di casacca del brasiliano.

E’ tempo di elezioni e la base principale del suo elettorato, nella Capitale, prenderebbe molto male la partenza del giocatore: ci sarebbe di certo un calo di consensi che gli precluderebbe non la sicura rielezione, ma la possibilità di tornare al governo dopo anni di mancati incarichi come Ministro.

Non c’è tempo da perdere: contatta il suo fidato braccio destro, Franco Evangelisti, lo informa su tutto e gli da ampio mandato per risolvere il problema. Presto e bene.

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Quest’ultimo tenta un approccio originale alla questione: fa sapere alla Signora Azise, madre di Falcao e, in assoluto, la persona che ha la maggior influenza sul giocatore e le sue scelte, che persino il Papa Giovanni Paolo II non gradirebbe la sua partenza.

Si fa perno, quindi, sulla profonda religiosità della cattolicissima Azise che, dal canto suo, non perde tempo nel chiedere al figlio lumi sulla faccenda, concludendo poi con una domanda retorica: “Non vorrai mica dare un dispiacere al Santo Padre, vero?”.

Massimo rispetto per l’opinione di una simile Autorità, argomentano Falcao e il suo procuratore, ma ormai il contratto è firmato e l’impegno è preso: si va a Milano.

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A questo punto, Evangelisti, consapevole di aver esaurito i suoi assi nella manica, rimette il mandato ricevuto dal suo principale con un gesto eloquente: la faccenda deve risolverla lui, in prima persona. Non c’è altro modo.

Andreotti, nel frattempo, si è cautelato: ha studiato il suo prossimo interlocutore, ha preso le dovute informazioni ed è pronto a sferrare il colpo decisivo.

Si fa cercare il numero di Fraizzoli dalla sua segretaria e gli chiede di passargli la chiamata, ha qualcosa di molto importante da riferirgli.

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All’apparecchio il tono dell’Onorevole è garbato, com’è nel suo stile, le sue parole sono  sottili ed insinuanti. Fa solo un rapido cenno al prossimo cambio di maglia di Falcao, la maggior parte della conversazione è sull’attività di famiglia dei Fraizzoli.

Il presidente dell’Inter è un imprenditore tessile, proprietario della Fabbrica Italiana Uniformi Civili, ereditata dal padre. Un business importante, un giro di svariati miliardi di lire annui e una fondamentale commessa che gli garantisce l’esclusiva della fornitura di tutte le uniformi del personale dei vari Ministeri.

“Mi hanno detto che per lei è un affare molto importante”: Andreotti è arrivato al punto e Fraizzoli ha inteso perfettamente: preferisce conservare la proficua commessa con i Ministeri o perderla pur di vestire di nerazzurro il brasiliano?

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Il presidente dell’Inter, a telefonata conclusa, non perde neanche un minuto: convoca d’urgenza Mazzola nel suo ufficio e, quando lo ha di fronte, gli ordina perentoriamente di stracciare il contratto di Falcao e di non parlarne più.

Mazzola è attonito, ma Fraizzoli non ritiene di dovergli altre spiegazioni. Falcao è da considerarsi ormai roba superata. Meglio concentrarsi su altri affari di mercato.

Poche settimane più tardi le elezioni si risolveranno con un trionfo personale per Andreotti e Viola: il primo, sommerso da una valanga di voti, sarà Ministro degli Esteri nel primo Governo Craxi mentre il secondo sarà eletto senatore nelle file della Democrazia Cristiana. E tutto anche grazie a quella telefonata.

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