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NUMERO 14 – Tra due guerre

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Strano Destino quello di Mathias Sindelar, il più grande calciatore mai espresso dal calcio austriaco. Campione dai piedi flautati, al punto da meritarsi il soprannome di “Mozart del pallone”, ha vissuto una adolescenza segnata dalla scomparsa del genitore nella Grande Guerra del ’14-’18 per poi concludere misteriosamente la sua vita alla vigilia del Secondo conflitto mondiale.

Lo chiamavano Cartavelina

Nasce nel 1903 a Kozlov, un piccolo paese della Moravia. La povertà estrema in cui  si trova la sua famiglia obbliga i suoi ad emigrare a Vienna, allora capitale dell’impero austro-ungarico, in cerca di una vita migliore. Il piccolo Sindelar cresce nel quartiere popolare di Favoriten, popolato essenzialmente di immigrati, avendo come passatempo principale le partite di calcio su strada con i coetanei.

La sua infanzia sostanzialmente serena viene però bruscamente interrotta nel 1917: il padre Jan, muratore di mestiere e soldato per coscrizione, muore in battaglia, sul fronte dell’Isonzo. A sua madre, titolare di una lavanderia, non resta che rimboccarsi le maniche e affrontare mille sacrifici per tirare su lui e le sue tre sorelle. Dal canto suo Matias non può fare altro che lasciare la scuola e trovarsi un impiego per aiutare la famiglia, prima come apprendista fabbro e poi come commesso in un negozio di articoli sportivi.

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Tuttavia la sua passione per il calcio non si affievolisce e, complice lo sguardo attento di Karl Weimann, insegnante di professione e talent scout per passione, viene reclutato nelle file dell’Hertha Vienna, la squadra del suo quartiere.

Il suo talento, le finte di cui si serve per seminare gli avversari e l’intelligenza tattica gli consentono di farsi strada fino alla prima squadra, dove i compagni gli affibbiano ben presto il soprannome di “Der Papierene” ovvero “Cartavelina”, in omaggio al suo fisico slanciato ed elegante ma molto esile.

Una pausa di un anno

La trafila è stata breve, Sindelar ha debuttato in massima serie nell’estate 1921 e dopo un anno e mezzo, inverno 1923, è già un titolare fisso. Gioca da centravanti di manovra, fronte alta e visione di gioco di molto superiore alla media, evita con eleganza i contrasti troppo duri e sa sempre aprire i varchi giusti per indirizzare i compagni verso la porta avversaria. A fermare la sua ascesa non sarà il rude intervento di un difensore ma un banale incidente domestico, una caduta in bagno che gli costerà un intervento al menisco destro. L’operazione, avveniristica per l’epoca, viene eseguita dal luminare del campo, un famoso medico viennese, il Dottor Hans Spitzy e lo restituisce all’attività agonistica anche se la completa guarigione gli comporta un anno di assenza dai campi di gioco.

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La nuova squadra

Al rientro dall’infortunio e dopo aver ripreso il suo posto di centravanti titolare Sindelar scopre che la situazione finanziaria del suo club è drammatica: per evitare il tracollo i dirigenti hanno già pianificato la cessione dei pezzi migliori della squadra. Il suo nome è in cima alla lista dei partenti ma il desiderio di non allontanarsi dalla sua famiglia gli fa scartare una ricca proposta da parte della Triestina in favore di quella dell’Amateure di Vienna, che di li a poco cambierà nome in Austria Vienna.

La nuova squadra non appartiene all’elite del calcio austriaco ma la sua carismatica presenza, aggiunta all’acume tattico di alcuni suoi compagni  la trasforma in un team di tutto rispetto, capace di scontrarsi ad armi pari con le grandi rivali italiane e cecoslovacche e di portare a casa dei trofei di prestigio come la Mitropa Cup e la Coppa dell’Europa Centrale.

Wunderteam

Intanto le sue prestazioni con la maglia viola dell’Austria gli hanno fruttato le attenzioni di Hugo Meisl, l’allenatore della nazionale austriaca, che lo fa debuttare, all’età di 23 anni, nella partita contro la Cecoslovacchia. Sindelar non sente il peso dell’esordio e si muove in campo con la disinvoltura di un veterano. Alla fine della partita restano negli occhi degli spettatori solo le sue eleganti giocate  e il gol che ha segnato. Meisl, da esperto uomo di calcio qual è, intuisce subito il suo folgorante talento e ne fa un punto fermo della squadra, con obiettivo dichiarato la supremazia nel calcio continentale.  Tuttavia i problemi vengono presto a galla: Sindelar gioca un calcio fatto esclusivamente di tecnica, non tiene minimamente in conto altri fattori come il sacrificio tattico o l’aggressività atletica.

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Ora, su un campo in perfette condizioni, la sua abilità palla al piede non conosce ostacoli ma, quando il terreno viene reso pesante dalla pioggia, diventa un lusso che né lui né la squadra possono permettersi. Pertanto, all’indomani di una pesante sconfitta per 5 a 0 contro la Germania del Sud, caratterizzata da una prestazione deficitaria del giocatore, lo esclude dal giro della nazionale.

L’esilio di Sindelar dura ben 14 partite, periodo nel quale impara i rudimenti della tattica, e al suo ritorno è pronto per diventare la guida di quella che diverrà nota come il Wunderteam ( Squadra delle meraviglie): una serie irripetibile di vittorie (12 su 16 incontri) nelle partite contro le migliori formazioni d’Europa, con il picco assoluto costituito da una più che onorevole sconfitta di misura (3-4) contro i maestri inglesi a Stamford Bridge nel Dicembre 1932. Protagonista assoluto del match naturalmente è “Cartavelina” Sindelar: realizza un gol da favola dopo aver dribblato in metà campo praticamente tutta la squadra avversaria e fa ammattire il suo marcatore diretto con finte, cambi di passo e altri numeri di alta scuola.

Il Mondiale in Italia

Ormai il Wunderteam è pronto per conquistare un titolo e l’occasione propizia sembra essere quella del Mondiale del 1934 in Italia, dove l’Austria si presenta da favorita per la vittoria finale, assieme ai padroni di casa e alla Cecoslovacchia.

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Tuttavia la manifestazione è una opportunità troppo ghiotta per il regime fascista di  mostrare all’Europa il proprio brutale efficientismo con una schiacciante affermazione, il clima che si respira è pieno di sospetti di favoritismi per gli azzurri. Per tutti gli avversari, Wunderteam compreso, non sarà facile averne ragione, al di là dei valori tecnici in campo. Sindelar guida la  formazione da par suo fino alla semifinale di Milano, l’avversario è l’Italia guidata dal c. t. Vittorio Pozzo.

Quest’ultimo, attento osservatore del calcio europeo, lo conosce bene ed è consapevole del fatto che lasciargli troppa libertà in campo equivarrebbe ad una sicura sconfitta. Quindi, sin dal fischio iniziale, ha ordinato al suo più truce difensore, l’oriundo argentino Luis Monti, di prenderlo in consegna e di limitarlo in tutti i modi, leciti o illeciti che siano. Il centromediano esegue alla lettera gli ordini di Pozzo e si incolla al centravanti austriaco che, già acciaccato dai precedenti incontri, passa l’intera partita a cercare di sfuggire all’implacabile avversario e innescare i suoi compagni con millimetrici passaggi. L’arbitro dell’incontro, lo svedese Elkind, chiude spesso e volentieri un occhio sugli interventi di Monti ai danni di Sindelar e, alla fine, la partita si chiude con un 1 a 0 in favore degli azzurri che andranno a giocarsi il Mondiale nella finalissima di Roma contro la Cecoslovacchia.

La partita dell’addio

Questa sconfitta sembra segnare la fine definitiva del Wunderteam, privato anche della guida di Meisl, deceduto nel 1937. Tuttavia Sindelar vuole fare un ultimo tentativo, sfidando nuovamente gli italiani detentori del titolo ai Mondiali di Francia dell’anno successivo. Stavolta è la Storia in persona a fermarlo: nel marzo 1938 il dittatore tedesco Adolf Hitler ordina alle sue truppe di invadere l’Austria per annetterla alla Germania. E’ la fine dell’indipendenza della sua patria e anche della sua nazionale, i cui migliori elementi vengono invitati a vestire la maglia bianca della selezione tedesca, evento celebrato da una partita-farsa tra le due selezioni organizzata apposta per sancire l’apparente unione tra i due paesi, in una atmosfera da finta legalità.

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Il giorno è il 3 Aprile del 1948, Sindelar indossa la fascia di capitano della nazionale austriaca  e si permette il lusso di rovinare il programma della giornata ai gerarchi nazisti presenti allo stadio. Segna, propizia una seconda marcatura, determina il 2 a 0 in favore dell’Austria al posto del concordato pareggio e, per finire, si rifiuta di omaggiare gli invasori facendogli il saluto nazista previsto dal protocollo organizzativo, assieme al suo fidato amico Karl Sesta, autore del secondo gol della giornata.

E’ la sua ultima partita in nazionale, non giocherà mai il Mondiale con la maglia della Germania e anche la sua vita è ormai agli sgoccioli. Verrà ritrovato privo di vita nel suo appartamento meno di un anno dopo, assieme alla sua fidanzata italiana Camilla Castagnola, insegnante di religione di origine ebrea. L’autopsia ufficiale parla di avvelenamento da monossido di carbonio, originato da una stufa difettosa.

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