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NUMERO 14 – L’ordine completa il caos

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Tarda primavera 1958, la Nazionale del Brasile è in partenza per la Svezia, il luogo dove si disputerà il Mondiale. La maniacale preparazione all’evento ha imposto un interminabile ritiro di tre mesi, il c. t. Vicente Feola ha il compito di formare il gruppo dei prescelti scegliendo i 22 più affidabili da ogni punto di vista, compreso quello della solidità mentale. Lo psicologo del gruppo, il Dottor João Carvalhaes, ha sottoposto ogni candidato ad un apposito test psicoattitudinale, compilando poi per ciascuno una dettagliata scheda. Su Pelè, il più giovane della comitiva, è stato lapidario: “Edson Arantes do Nascimento, 17 anni, presenta un evidente profilo infantile. Gli manca lo spirito necessario per combattere. È troppo giovane per sopportare colpi o aggressioni e rispondere adeguatamente. Non ha il necessario senso di responsabilità o spirito di squadra. La sua convocazione non è consigliabile”. E anche sull’ala Garrincha, la mina vagante del gruppo, non ha usato mezze misure: “Manuel Francisco dos Santos ha un’intelligenza inferiore alla media. Non è aggressivo e questo è un problema quando si tratta di affrontare rivali attuali e fantasmi del passato. E’ un giocatore difficile con cui convivere. La sua convocazione non è consigliabile”. Feola non ha dubbi circa il valore tecnico dei due ma il parere di Carvalhaes getta una pesante ombra sulla loro attitudine al gioco di squadra. Presi singolarmente sarebbero due pesci fuor d’acqua, forse assieme potrebbero sublimare le loro qualità. La  razionale visione di gioco di Pelè abbinata alle rapsodiche improvvisazioni di Garrincha. L’ordine completa il caos.

Il talento contro i pregiudizi

Un cronista viene a sapere delle valutazioni espresse dallo psicologo e chiede ai due se siano attendibili. Pelè glissa sulla questione: “Può anche darsi che abbia ragione, ma di certo non capisce nulla di calcio”. Garrincha è sarcastico: “Non sarò Rui Barbosa, ma per fortuna non sono neanche Mazola”. In sintesi: non pretendo di essere considerato alla stregua di uno dei più grandi intellettuali del paese ma non sono neanche al livello del centravanti Josè Altafini, per tutti “Mazola”. Feola sceglie proprio quest’ultimo come titolare dell’attacco nella prima gara del Mondiale contro l’Austria. Il Brasile vince per tre reti a zero con doppietta di Altafini. Pelè e Garrincha hanno strappato il pass per la Svezia, sono nel gruppo ma i dubbi su di loro persistono, anche per motivi razziali. I giocatori di colore non convincono: troppo instabili emotivamente, inadatti a reggere le pressioni, a disagio persino con il rigido clima dell’Europa settentrionale. Feola li tiene fuori anche nella seconda gara contro l’Inghilterra ma lo scialbo pareggio per zero a zero  impone un cambio di rotta. Il c. t. si consulta con i senatori della squadra, il capitano Bellini, il carismatico centrocampista Didì, il terzino Nilton Santos: tutti concordano che, nel terzo e decisivo incontro contro l’URSS, Pelè e Garrincha debbano scendere in campo. Al diavolo i pregiudizi: la sommatoria dei loro diversi talenti sarà indispensabile per contrastare l’atletismo strabordante dei sovietici. L’ordine completa il caos.

Brasile – URSS

Nella terza partita c’è, dunque, Pelè ad  affiancare il centravanti Vavà come seconda punta mentre sulla fascia destra si muove  Garrincha. E’ il momento che entrambi aspettavano con ansia. Il ragazzino ha il fuoco nelle vene, l’ala è pura dinamite. Bastano tre minuti perché a tutti sia chiara la situazione: Garrincha prende palla, si invola verso l’area avversaria dribblando chiunque si trovi davanti e scaglia un terrificante destro che scuote la traversa. L’azione successiva si sviluppa in fotocopia: discesa irresistibile, innumerevoli avversari lasciati per strada e assist per Pelè che stampa il pallone sul palo. Terza iniziativa di Garrincha: progressione devastante, sovietici saltati come birilli e passaggio per Vavà che insacca la rete del vantaggio. Il Brasile macina gioco come se i suoi giocatori danzassero sulle note di una samba, i sovietici faticano a reggere il ritmo. Una seconda rete di Vavà fissa il risultato finale dell’incontro. L’assist, naturalmente, è di Garrincha. Lui ha vivificato il gioco della sua squadra iniettandogli estro ed inventiva a profusione, Pelè ha armonizzato il tutto con le sue geometriche intuizioni. L’ordine completa il caos.

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Brasile – Galles

Ora è la fase dell’eliminazione diretta. Pelè e Garrincha sono in campo dal primo minuto, ormai Feola punta tutto su loro. Di fronte c’è il Galles: calcio d’Albione, poca inventiva ma tenacia ed agonismo portati all’eccesso. Il futebol bailado dei due parrebbe  il grimaldello ideale per scardinare l’inespugnabile cassaforte che i britannici hanno installato nella loro area di rigore. Garrincha è, al solito, imprendibile ed imprevedibile: riceve palla, mulina velocemente le sue gambe storte, sbilancia l’avversario diretto e fugge via lasciandolo sul posto. Una, due, tre, infinite volte. Sempre la stessa finta ma sempre lo stesso risultato: difensore tramutato in una statua di sale e un compagno lanciato a rete. Che, nella maggior parte dei casi, è il centravanti Vavà o Pelè. Il ragazzino ha già metabolizzato l’emozione dell’esordio e smania dalla voglia di prendersi la scena. Il momento culminante è al minuto 66: passaggio smarcante di Didì in area di rigore, Pelè si gira in una frazione di secondo, supera il terzino Mel Charles con un mezzo pallonetto e scaglia la sfera in rete. E’ il suo primo gol ai Mondiali, si accascia con le lacrime agli occhi mentre i compagni lo sommergono di abbracci. E’ la marcatura che decide l’incontro: Garrincha ha sfiancato i gallesi con le sue esplosive serpentine, Pelè ha capitalizzato con sagacia l’unica occasione che gli avversari gli hanno concesso. L’ordine completa il caos.

Brasile – Francia

E’ la semifinale, di fronte c’è la Francia. Un impegno da far tremare i polsi: il centravanti Fontaine e il trequartista Kopa guidano una formazione temibile, una seria candidata alla conquista del trofeo. Garrincha imprime subito alla partita il suo marchio: discesa sulla fascia, assist per Vavà, Brasile in vantaggio. Fontaine, su passaggio di Kopa, riporta il risultato in parità. Sull’1 a 1 sembra che la Francia possa giocarsela alla pari con gli avversari: cinque occasioni da rete per i transalpini, sette per i brasiliani. Tutte propiziate da un Garrincha versione purosangue: aggancio del pallone, scatto a bruciare il marcatore, galoppata in crescendo e traversone al centro. Oppure conclusione diretta: un paio di suoi tiri si infrangono sui pali, una sua rete viene ingiustamente annullata. Sul finire del primo tempo è il metronomo Didì a riportare in vantaggio i suoi con una conclusione dal limite dell’area. Nella ripresa è Pelè a dominare il palcoscenico con una tripletta: destro, sinistro e ancora destro all’incrocio dei pali. L’altro gol francese di Piantoni serve solo per il tabellino. Il Brasile è in finale, gli artefici dell’impresa sono proprio i due che stavano per essere ripudiati. Il dribbling inebriante di Garrincha abbinato alla sapienza demiurgica di Pelè ha fornito il biglietto d’ingresso all’ultimo atto del Mondiale. L’ordine completa il caos.

Brasile – Svezia

Ultimo incontro, quello che assegnerà il titolo. C’è da giocarselo con i padroni di casa, quella Svezia che ha tutti i pronostici a suo favore. E’ davanti al suo pubblico, ha avuto un percorso molto meno accidentato per giungere in finale, ha una squadra formata da giocatori di grande talento ed esperienza. Il centrocampista Liedholm segna la rete del vantaggio scandinavo dopo un doppio dribbling in area. Dopo appena cinque minuti il pallone arriva a Garrincha sugli sviluppi di un calcio d’angolo. L’ala polverizza il terzino avversario e crossa rasoterra al centro. Pelè non ci arriva, Vavà si: è pareggio. Il Brasile produce azioni a ritmo tambureggiante, gli svedesi cominciano ad avere il fiato corto già alla metà del primo tempo. Il terzino Djalma Santos imbecca Garrincha sulla trequarti: fuga solitaria, terzino disperso nel percorso, passaggio rasoterra per Vavà e rete. Brasile in vantaggio 2 a 1. L’inizio ripresa illumina i riflettori su Pelè, autore di un capolavoro. Cross al centro del terzino Nilton Santos, il ragazzino effettua un controllo orientato del pallone con il petto e poi supera il difensore facendogli passare la sfera sopra la testa con un pallonetto. Ormai libero segna con un violento tiro prima che la palla tocchi terra.  E’ il suo biglietto di visita al mondo: questo sono io, questo sono capace di fare. C’è ancora spazio per un gol dell’esterno Zagalo per il Brasile e del centravanti Simonsson per la Svezia prima che il numero 10 firmi un altro gol per la sua personale doppietta. E’ la vittoria, la Coppa del Mondo salirà su un aereo diretto in Sudamerica. I due protagonisti dell’impresa vivono il trionfo ognuno a modo suo: Pelè piange lacrime di gioia sul petto del portiere Gilmar,  Garrincha chiede candidamente al suo capitano Bellini quando si giochi la finale di ritorno. L’inconsapevolezza dell’ala, le emozioni del ragazzino. Questa è stata la chiave del successo del Brasile. L’ordine completa il caos.

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