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NUMERO 14 – Il pittore del football
Maggio 1934, vigilia del Campionato del Mondo di calcio. Alpino, un piccolo borgo sulle sponde del Lago Maggiore, è stato scelto dal C. t. dell’Italia Vittorio Pozzo, come sede del ritiro della Nazionale per preparare il Mondiale. Il luogo è incantevole, il clima è salubre, gli abitanti garantiscono massima riservatezza. Tutti elementi indispensabili per lavorare sodo e creare il giusto spirito di squadra. Pozzo sa bene che non gli sarà perdonato alcun errore: il Duce non capisce granchè di calcio ma è ben conscio del prestigio che un trionfo porterebbe in dote al suo governo. Di conseguenza la vittoria non è una possibilità ma un obbligo. A lui il compito di condurre il gruppo fino all’obiettivo, ha avuto ampio mandato in merito. Di questa autonomia ne hanno fatto le spese alcuni celebri esclusi dall’elenco dei convocati, anche per motivi di indisciplina. Ma l’elemento chiave della squadra è proprio uno dei più difficili da gestire: talento da vendere ma anche vizi a profusione. Ha 24 anni ma è già un idolo delle folle, accarezza il pallone con la disinvoltura dell’artista della pedata. Giuseppe Meazza, il pittore del football.
Il ragazzo di Porta Vittoria
A prima vista i due appaiono del tutto incompatibili. Da una parte c’è l’austero tenente degli alpini durante la Grande Guerra, un uomo che ha fatto del sacrificio il suo unico credo. Dall’altra un giovane esuberante e parecchio insofferente alle regole. Peppìn, cosi lo chiamano gli amici, ha avuto in dono dal Destino due piedi magici. E’ un orfano di guerra: suo padre è morto nella battaglia del Carso. Sua madre, per mantenere lui ed i fratelli, ha fatto la verduraia a Porta Vittoria, la via della periferia milanese dove è nato. Non ha frequentato molto i banchi di scuola, la maggior parte del suo tempo era dedicata alle partite di strada: sempre a piedi nudi, sempre con una palla di stracci. La generosità di un passante gli ha garantito l’uso delle sue prime scarpe da calcio, il caso ha voluto che un osservatore dell’Ambrosiana lo notasse e gli facesse fare un provino. A 17 anni già esordisce in prima squadra, tra lo stupore dei compagni. A venti li conduce alla vittoria del campionato, aggiudicandosi anche il titolo di capocannoniere. Inevitabile, a questo punto, per Pozzo convocarlo in Nazionale: insieme i due arriveranno alla conquista della prestigiosa Coppa Internazionale. Il ragazzo di Porta Vittoria ha riscattato la povertà dell’infanzia con uno scintillante successo. E ne gode, appieno, i frutti: vestiti eleganti, macchine di grossa cilindrata, belle donne e gioco d’azzardo. I dirigenti dell’Ambrosiana spesso chiudono un occhio sui suoi eccessi, tanto Peppìn in campo è sempre decisivo. Pozzo, invece, lo vorrebbe concentrato esclusivamente sul calcio, impegnato a dipingere gol ed assist. Il pittore del football.
Lavorare senza distrazioni
La sola presenza del Peppìn in ritiro costituisce un problema. Anche se, in verità, si dovrebbe parlare di permanenza. La scelta di un luogo isolato dove riunirsi per trovare la concentrazione giusta per lavorare senza distrazioni è una idea del C. t. Pozzo. Mezza è abituato a ben altro: di solito raggiunge il resto della squadra direttamente in albergo, a poche ore dall’inizio della partita. Spesso è ancora in smoking, residuo della notte brava appena trascorsa. Ovvio che in Nazionale un atteggiamento del genere non sarebbe concepibile, altrettanto ovvio che il Peppìn sopporti a fatica una simile clausura. Pozzo lo conosce a menadito e sa bene che al suo purosangue, di tanto in tanto, occorre allentare le briglie. Quindi ha stilato per lui un metodo di preparazione personalizzato. Meazza partecipa diligentemente alle dure sedute atletiche con il resto del gruppo, indispensabili per garantire fiato e resistenza. Allo stesso modo segue le regole di convivenza imposte dal C. t. : pasti regolari, poco alcool e a letto presto, con giusto qualche mano di poker senza però giocarsi soldi. Se il Peppìn ha rigato dritto allora il vecchio alpino fa uno strappo alla regola e gli da qualche ora di libertà per spassarsela con il suo compare, il mediano romanista Attilio Ferraris. Un artista ha bisogno anche di staccare per un attimo per dare poi il meglio di sé e Meazza non fa eccezione. Che si goda il momento prima di prodursi nei suoi capolavori sul campo. Il pittore del football.
Inizia il Mondiale
Il ritiro della squadra prosegue a Firenze, in attesa della partita inaugurale contro gli Stati Uniti. Il gruppo ha lavora bene e si è compattato: ormai le scorie del campionato appena finito sono state smaltite. La lunga convivenza ha avuto effetti portentosi: due nemici giurati come il centromediano italo-argentino della Juventus Luis Monti e il centravanti del Bologna Angelo Schiavio si sono ritrovati in camera assieme e hanno legato al punto di diventare amici. Pozzo sorride: ha trovato gli uomini che gli servono per tentare la grande impresa. Il match di esordio è poco più di una formalità, gli States vengono regolati con un roboante 7 a 1. Meazza partecipa alla festa con una marcatura ma è il primo a sapere che si tratta solo di uno stuzzicante antipasto. I veri impegni cominciano adesso, con il quarto di finale contro la Spagna. E il loro leader è la sua bestia nera, l’unico a cui non ha mai segnato un gol in incontri ufficiali. Uno sfidante all’altezza del pittore del football.
Italia Spagna 1 – 1
Si chiama Ricardo Zamora, è arrivato al Mondiale con la fama di miglior portiere del mondo. Si dice che le sue doti tecniche intimoriscano gli avversari al punto che non osano guardarlo negli occhi per timore di venirne ipnotizzati. Peppìn ha un conto aperto con lui e prova a saldarlo già al dodicesimo minuto: solo un intervento di un difensore della linea salva lo spiazzato Zamora dal suo perfido colpo di testa. La Spagna reagisce e impegna severamente il portiere azzurro Combi in vari interventi mentre i tentativi degli italiani si infrangono tutti di fronte alla maestria dell’estremo difensore spagnolo. Zamora sembra davvero insuperabile anche per Meazza e, alla mezz’ora del primo tempo, quando la Spagna passa in vantaggio sembra davvero finita per l’Italia. Pozzo incoraggia i suoi a non mollare e i suoi incitamenti sembrano produrre effetti catartici: Zamora respinge corto un pallone vagante, l’interno Ferrari se ne impossessa e tira a rete, Schiavio copre la visuale del portiere ed è gol. Il punteggio viene fissato sull’1 a 1 e non cambierà neanche al termine dei tempi supplementari. Il pareggio impone, come da regolamento, la ripetizione della partita il giorno successivo. Un nuovo incontro dopo sole 24 ore sembra una sfida impossibile da vincere. Meazza abbassa le spalle curve e si concentra. C’è bisogno del suo talento per spuntarla. C’è bisogno delle invenzioni del pittore del football.
Italia Spagna 1 – 0
Lo scontro con gli iberici è stato durissimo, molti sono costretti a marcar visita. Pozzo preferisce inserire elementi nuovi in formazione, come il gladiatorio Ferraris. Ci sarà da lottare con il coltello tra i denti, uno così serve come il pane. Dall’altra parte manca, a sorpresa, proprio Zamora. I colpi ricevuti il giorno prima sono stati impossibili da assorbire, il portiere deve accontentarsi della tribuna. L’Italia parte subito a mille, impegnando Nogués, il sostituto di Zamora, in vari interventi. La porta spagnola capitola però già al dodicesimo minuto: angolo battuto dall’ala Orsi e colpo di testa di Peppìn ad insaccare. Gli spagnoli non ci stanno a perdere e si riversano in attacco ma Ferraris fa buona guardia a centrocampo, non disdegnando qualche intervento ai limiti del regolamento. Meazza orchestra il contropiede cercando anche il raddoppio in prima persona. Orsi insidia Nogués con una punizione velenosa. Combi sventa una buona occasione al novantesimo e la partita finisce con la vittoria di misura dell’Italia. Un successo propiziato da una prodezza del Peppìn Meazza. Il pittore del football.