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Tango, dagli scontri al tifo italiano: intervista a Pierluigi Spagnolo
Tango, rassegna letteraria salernitana, il 27 marzo ospita Pierluigi Spagnolo, redattore della Gazzetta dello Sport.
Abbiamo parlato con lui di tifo e degli ultimi episodi accaduti in Italia.
Cosa ti ha portato a focalizzarti sul tifo e a scriverne due libri?
“Sono nato a Bari e tifo per la Bari. Ho iniziato a frequentare lo stadio da bambino, alla fine degli anni Ottanta. Mi sono subito accorto di essere più attratto dalla curva, dai tamburi e dalle bandiere, da chi tifava in piedi, che dal gioco in sé. Ho iniziato presto a seguire le partite in mezzo agli ultras, non ho più smesso. Lo faccio ancora adesso, quando il lavoro e le distanze me lo permettono. Diciamo che del calcio mi piace proprio questo aspetto, l’aggregazione, la passione popolare, la socializzazione che c’è dietro il tifo, con i suoi rituali, con la sua trasversalità. Per questo motivo, qualche anno fa, con “I Ribelli degli Stadi” ho provato a ricostruire la storia del movimento ultras e delle curve italiane, oltre mezzo secolo di passione per il calcio, anche per sfatare tutta una serie di stereotipi e luoghi comuni che le curve degli stadi si portano dietro. E più tardi, nel 2020, con “Contro il calcio moderno” ho fatto un’analisi critica di come oggi il calcio stia diventando un prodotto prettamente televisivo, uno spettacolo di intrattenimento, con i tifosi trasformati in clienti, in consumatori”.
Di recente le squadre italiane sono state protagoniste di eventi spiacevoli, partendo dagli scontri tra romanisti e napoletani. Cosa ne pensi di quanto accaduto? La risposta della Lega è stata giusta?
“Quello degli ultras è un mondo complicato, controverso, conflittuale. Nasce dal 1968 ed esplode nel clima caldissimo degli anni Settanta, portandosi dietro quell’esperienza di fortissima contrapposizione politica. È innegabile che ci siano rivalità storiche, puramente calcistiche o legate al campanilismo, così forti da sfociare talvolta in episodi di violenza. Non piace a nessuno, nessuno giustifica gli scontri, ma di fatto succede così da oltre mezzo secolo ed è un’illusione che la situazione potrà cambiare. Avremo un calcio senza violenza quando avremo una società senza violenza. Alle istituzioni spetta quindi il compito di limitare le occasioni di teppismo, di ridurre il rischio che due tifoserie antagoniste si incontrino, di fare in modo che tutto fili liscio. Domenica 8 gennaio, quando gli ultras di Napoli e Roma si incontrarono e scontrarono in autostrada, sarebbe bastato evitare la quasi concomitanza tra le due trasferte (quella dei napoletani verso Genova e quella dei romanisti verso Milano). Con una Serie A spalmata dal venerdì al lunedì non sarebbe stato troppo complicato far giocare Roma e Napoli in giorni diversi o ad orari molto distanti, al momento di suddividere il programma della giornata. E invece, chi è preposto a ridurre i rischi, ha sottovalutato questo banale accorgimento che avrebbe evitato gli incidenti. Poi, come reazione, sono state vietate per due mesi le trasferte a entrambe le tifoserie. Altra scelta insensata, perché così si è finito per punire tutti, indistintamente, non solo i responsabili delle botte sulla A1”.
L’altro violento scontro è stato quello tra i tifosi del Napoli e quelli dell’Eintracht, cosa ne pensi?
“Io ripeto sempre che bisognerebbe conoscere davvero il mondo ultras, capire le sue dinamiche, per poter ridurre il numero di episodi di violenza. Chi conosce la mentalità degli ultras aveva compreso subito che vietare la trasferta allo stadio ‘Maradona’ agli ultras tedeschi non sarebbe stata la giusta soluzione. Anzi. La chiusura del settore ospiti ai sostenitori dell’Eintracht è stata percepita dai tedeschi come un’ingiustizia. Si sono presentati lo stesso a Napoli, perché da cittadini europei nessuno poteva impedire loro di viaggiare verso l’Italia. Hanno deciso di fare un corteo in città, provocando gli ultras napoletani, che non avrebbero mai potuto accettare che i rivali andassero a passeggio nel loro territorio. Sono dinamiche incomprensibili per la gente comune, forse logiche tribali, ma sono quelle del mondo ultras, da oltre mezzo secolo. E conoscerle è l’unico modo per fare scelte che riducano i possibili rischi per l’ordine pubblico. Invece a Napoli si è fatto tutto il contrario di quello che sarebbe stato giusto fare, con i risultati che abbiamo visto”.
Dopo quest’ultimo scontro, molti hanno invocato un “metodo Thatcher” anche in Italia, può essere una soluzione?
“In Italia c’è il mito del cosiddetto ‘Modello inglese’. Dopo ogni episodio di violenza, in tanti invocano le leggi speciali che dagli anni Ottanta il Regno Unito ha varato contro gli hooligans, per rendere gli stadi dei luoghi più sicuri. In realtà quelle leggi non hanno completamente eliminato la violenza, l’hanno soltanto spostata dagli stadi (diventati costosi e controllatissimi) verso l’esterno. Esattamente quello che avviene anche in Italia, dove tutti gli episodi di cronaca di cui parliamo si sono svolti in autostrada, in città, lontano dagli impianti. In Inghilterra qualche giorno fa c’è stato un morto al termine di una rissa tra tifosi di due squadre di Championship, la loro Serie B. E le risse tra tifoserie di Premier League si ripetono ogni settimana, in strade, stazioni, parcheggi attorno agli stadi. Ripeto, serve la logica, la conoscenza del fenomeno, per fare le scelte più giuste e ridurre gli episodi. Ma purtroppo un calcio completamente senza violenza non lo avremo mai”.
Comparandole con quelle dei maggiori campionati europei, come giudichi le tifoserie italiane che spesso arrivano a scontri anche violenti con le compagini rivali?
“Oggi le tifoserie italiane sono di gran lunga meno pericolose, meno aggressive, rispetto a quelle che provengono da altri Paesi europei. Da Est, soprattutto: da Serbia, Croazia, Polonia, Ungheria, Grecia e Turchia si stanno affacciando gruppi difficili da gestire e controllare, più simili agli hooligans inglesi degli anni Ottanta che non agli ultras italiani del passato. Per questo le partite delle coppe europee stanno diventando un nuovo e complicato terreno di scontro. E temo che la situazione non migliorerà in futuro”.
(Foto: LBDV)
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