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Un grimaldello chiamato Superlega
No, non si tratta della “rivincita di Andrea Agnelli”. La sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ha legittimato l’organizzazione di tornei calcistici non gestiti da UEFA e FIFA, è qualcosa di ben diverso.
La possibile apertura di uno spiraglio utile per l’ingresso nel calcio continentale di soggetti finora rimasti ai margini.
Un potenziale passepartout per chi voglia conquistare visibilità mediatica attraverso lo show business del pallone.
E’ la più rapida via d’accesso per chi non può schierare una propria formazione in Champion’s League. E, quindi, cerca di intrufolarsi attraverso una porta di servizio, forzandola con l’aiuto di uno strumento che sembra progettato allo scopo. Un grimaldello chiamato Superlega.
Vento d’Arabia
Ricordate? Correva la primavera del 2021 e veniva annunciato in pompa magna il primigenio progetto della Superlega. Un grande torneo, pensato e gestito in autonomia da 12 prestigiosi club europei, in diretta concorrenza con la Champion’s League e con l’ambizione di soppiantarla prima o poi.
Le reazioni furono immediate: i massimi organismi del calcio dichiararono guerra all’iniziativa, minacciando gravi sanzioni per chi avesse aderito. Buona parte dell’opinione pubblica si schierò contro la nuova competizione, bollandola come un tentativo dell’aristocrazia del pallone di far man bassa di tutti gli introiti a discapito delle piccole squadre.
Alla fine l’intero progetto, cosi come era stato pensato, crollò miseramente. Tuttavia l’idea era stata lanciata e adesso, dopo la succitata sentenza, torna di attualità.
Ad esempio potrebbe interessare i plutocrati degli Emirati Arabi, da tempo a caccia di un modo per infiltrarsi nel redditizio mondo della sfera di cuoio. Anche con l’ausilio di un marchingegno da scassinatore. Un grimaldello chiamato Superlega.
Visto d’ingresso
Le avvisaglie circa le loro intenzioni sono state molteplici. La nascita della Saudi Pro League (padrino d’eccezione la star Cristiano Ronaldo); l’ingaggio di un big come Roberto Mancini per la guida della Nazionale; la probabile assegnazione di un prossimo Mondiale (già nel 2034?). Da quelle parti si fa sul serio: i capitali necessari per l’operazione ci sono, quello che manca è il visto d’ingresso per i salotti buoni della nobiltà pallonara.
E’ già stato messo in chiaro che la nuova competizione sarà riservata “solo ai club europei”. Tramontata, così, l’ipotesi di iscrivere una propria squadra all’attuale Champion’s tramite una wild card, i magnati arabi hanno pensato ad una soluzione alternativa per entrare comunque nel giro che conta. Un grimaldello chiamato Superlega.
Cambio di proprietà
Si può sbarcare in Europa anche acquisendo la maggioranza azionaria di un club già partecipante alla competizione. Uno come la Juventus, ad esempio. La società bianconera è stata un precursore nel campo degli investitori dall’estero (la partnership con la Libia, rammentate?) e, del resto, al giorno d’oggi, diventa difficile immaginare qualcuno in grado di rifiutare soci cosi munifici. Nessuno, a Torino, ha dimenticato il recente, glorioso passato e c’è gran voglia di rivivere quelle sensazioni. Ma c’è la consapevolezza che, senza adeguato sostegno finanziario, è quasi impossibile che si arrivi una nuova finale di Champion’s, tantomeno vincerla. Quindi ben venga il cambio di proprietà, una volta ripulito il bilancio e risistemata la squadra. La Juventus avrebbe gli strumenti per puntare al massimo, i suoi nuovi proprietari la chiave d’accesso al desiderato mercato occidentale. Una chiave graziosamente offerta dalla Corte di Giustizia Europea sotto forma di sentenza legittimante nuove manifestazioni. Un grimaldello chiamato Superlega.
Obiettivo trionfo
Magari appare come un copione già visto ai tempi dell’acquisizione del Paris Saint Germain da parte dei qatarioti. Similitudini solo in apparenza: il Paris era un club di seconda fascia, vivacchiava senza costrutto nel suo campionato nazionale e aveva un curriculum pressoché nullo a livello europeo. A seguito dell’avvento dei nuovi proprietari c’è stata una razzia generalizzata di grossi nomi sia per il campo che per la panchina. A parte Cristiano Ronaldo e Josè Mourinho il meglio che il mercato aveva da offrire è finito all’ombra della Tour Eiffel. Risultato? Un predominio sterile in patria annacquato da delusioni a catena in Champion’s. Se gli arabi dovessero diventare i nuovi padroni della Juventus la musica sarebbe diversa. Nessuna corsa folle alle superstar del momento, tanto ormai è assodato che non sono garanzia di successo. Più probabile l’adozione di una strategia a medio o lungo termine: costruzione oculata di un gruppo adeguato alle ambizioni della società, ingaggio di un tecnico abile a valorizzare i talenti in erba, crescita programmata nel tempo di un nucleo di giovani, obiettivi da raggiungere in periodo prefissato. Un programma ambizioso ma ben lontano dalla voglia di avere tutto e subito.
Tanto il traguardo più importante, l’ingresso nella parte migliore del calcio europeo, sarebbe già stato raggiunto. Grazie a un grimaldello chiamato Superlega.
(Foto: Depositphotos)