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Napoli: non sarà facile ripartire

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De Laurentiis Napoli
Tempo di lettura: 3 minuti

L’ultimo Napoli-Bologna prima di quello andato in onda l’11 maggio 2024 c’è stato un milione di anni fa, nell’autunno 2022, prima dei Mondiali.

Si era appena insediato Motta sulla panchina rossoblù, con Mihajlovic oramai impossibilitato a continuare.

Vinse il Napoli, con maggiore difficoltà rispetto a tante esibizioni. Era appena tornato Osimhen, dopo un infortunio patito contro il Liverpool. Si capiva che sarebbe stato l’anno buono a Napoli, mentre a Bologna il solito anno senza aspirare alle coppe e senza tremare per la B.

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Quasi venti mesi dopo tra Napoli e Bologna, è cambiato tutto.

In Campania si è festeggiato lo scudetto, ma quel 4 maggio 2023 verrà ricordato non solo come data del via ai festeggiamenti ma anche come genesi degli orrori della stagione successiva.

De Laurentiis evidentemente fan dell’Alberto Sordi del Borgorosso Football club, dopo l’addio di Spalletti e Giuntoli ha inanellato una sequela di errori, forse non collezionati nei diciannove precedenti.

Se oggi Motta siede ancora sulla panca rossoblu e non su quella napoletana, è anche grazie al surreale periodo dell’immediato post scudetto, in cui De Laurentiis oltre ad annunciare il casting per la panchina, specificava a Fabio Fazio ed altri interlocutori che quel Napoli era forte e lo avrebbe potuto allenare chiunque.

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Nello steso periodo De Laurentiis provinava presso i suoi uffici Motta, già sulla lista di Giuntoli, ma era il provinato a rifiutare la parte, dicono i ben informati perchè perplesso dal trovarsi di fronte a un presidente contemporaneamente vice coach, direttore sportivo, direttore generale e pure pr, abituato com’era il buon Thiago alla presenza a Bologna non del proprietario ma di Sartori.

A distanza di dodici mesi quelle affermazioni appaiono ancora più paradossali: il film nelle sale mostra come Spalletti ha rappresentato per il terzo scudetto ciò che Diego era stato per i primi due.

Spalletti non era solo il tecnico così come Diego non era stato solo il numero 10 di quei Napoli. Spalletti ha fatto da padre, leader, guida, guru, mamma, faro per un gruppo sostazialmente inesperto.

Vedere i discorsi di Luciano durante il film e poi immaginare quelli di Rudi, Walter o Calzona quest’anno fa comprendere come i giocatori, seppur responsabili anche loro, possano essersi sentiti orfani quest’anno. Non sarà facile ripartire, come dice il titolo.

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Quando il Napoli ha dovuto ripartire l’ultima volta, dopo l’infausta Napoli Verona, c’era sì una delusione enorme, ma c’era anche un gruppo che aveva disputato un ottimo girone di ritorno,che poi, con Spalletti, con la sola aggiunta di Anguissa, sfiorò lo scudetto già l’anno dopo. Quest’anno la situazione complessiva sembra molto più ingarbugliata.

I giocatori sembrano ormai svuotati, incapaci di dare il pur minimo apporto, ogni gara sembra un Everest da scalare, ormai per la gioia degli scomettitori, ogni giocatore a secco tra gli avversari, trova contro il Napoli, il suo momento di gloria.

E’ successo a Cerri, Kamada, Success, Abraham e molti altri, ed è successo anche contro i felsinei con Ndoye e Posch.

ADL non dovrà vedere come mette la squadra in campo Tizio anzichè Caio, dovrà in primis trovare un mister capace di praticare un vero e proprio elettroshock sui giocatori che resteranno.

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Pioli, Italiano non sono allenatori scarsi, ma occorre qualcuno in grado di affascinare il gruppo, di affabulare la piazza così come è riuscito a fare Luciano, che partì nella sua esperienza napoletana da una paraculata, ossia le pettorine con la scritta “Sarò con te e tu non devi mollare”.

Fu una mossa da figlio e’ndrocchia, ma ammorbidì un poco la piazza napoletana preoccupata dalla caratterizzazione di Spalletti ad opera di Gianmarco Tognazzi e da tutta la narrativa tottiana.

Ora serve un Antonio Conte, che già resuscitò la Juventus di Del Neri, reduce ancor prima dall’annata con Ferrara e Zaccheroni, senza coppe, riuscì a risvegliare l’orgoglio in molti giocatori che non sembravano da Juve, come Bonucci.

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Preghiamo affinchè le trattative fra Aurelio e Conte siano ancora in piedi o, meglio ancora, che già ci sia stata già una firma, così come avvenne due anni fa con Spalletti, già bloccato da gennaio mentre il mondo a maggio ragionava ancora su Conceicao e Galtier.

Se non dovesse essere Conte, si abbia il coraggio lo stesso di far fuori l’80% della rosa, a costo di perdere soldi.

Sembra facile parlare con le tasche degli altri, ma i giocatori che oggi vestono l’azzurro, sembrano ormai allergici all’azzurro.

Più si cambia, meglio è, ache a costo di prendere giocatori poco noti, magari qualcuno pure dalla B, un Busio, un Tessmann, un Bernabè o dalla bassa A, un Baschirotto, un Gallo, un Nandez, tanto per fare dei nomi, ma l’importante è che arrivi gente che veda, almeno al suo approdo, Napoli come l’Eldorado, senza un bagalio pregresso di amarezze, di discussioni con il Presidente.

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Un po’come avvenne due anni fa, quando partirono dei totem, che però troppi ricordi in chiaroscuro conservavano, per far spazio alla freschezza dei Kim, dei Kvaratskhelia, dei Raspadori.

Se il monte stipendi non può salire, si abbia il coraggio di recdere il cordone ombelicale con i Giuffredi boys, in particolare quei Politano, Rui, a cui sono stati fatti contratti ricchi nonostante la carta di identità reciti over 30, in antitesi a quanto scelto per tutti gli altri.

Si deve voltare pagina in definitiva.

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(Foto: Depositphotos)

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