Angolo del tifoso
ANGOLO JUVENTUS – Questione di scelte
La Juventus pareggia per 2 a 2 l’incontro casalingo con l’intraprendente Parma di Fabio Pecchia.
Gli uomini dell’ex centrocampista bianconero hanno affrontato l’esame dello Stadium con il piglio dello studente che si è preparato a dovere per prendere un buon voto. Controlli efficaci dietro e ripartenze fulminee in avanti, il pareggio non è l’obiettivo massimo.
Di fronte a tanta spavalderia ci si aspettava che i ragazzi di Thiago Motta prendessero il controllo delle operazioni e imponessero la legge del campo.
E, invece, dopo essere stati colpiti a freddo nei primi minuti, si sono trovati costretti a rincorrere l’avversario ancora una volta. E alcune decisioni del tecnico italo brasiliano non hanno pagato fino in fondo. Questione di scelte.
Il declino di un campione
Nessuno di aspettava di vedere schierato ancora Danilo da titolare. La prestazione da incubo di San Siro, con almeno due reti degli avversari sulla coscienza, era ancora troppo fresca.
Eppure il suo allenatore gli da fiducia e lo manda in campo, forse sperando in uno scatto d’orgoglio dell’ex capitano. Ma la carta d’identità non fa sconti a nessuno e lo stato di forma nemmeno. Di quello che era stato un pilastro difensivo dell’era Allegri, sia da terzino che da centrale, è rimasto solo il ricordo.
L’immagine del secondo gol subito dalla Juventus, con il difensore brasiliano saltato con irrisoria facilità, è quella che fotografa impietosamente il declino di un campione. Lento, goffo, scoordinato: questo è il Danilo attuale.
Adesso si è capito perché fosse stato confinato in panchina, il suo ripescaggio è stato dettato dalla carenza di effettivi nel reparto. Ma i recuperi forzosi difficilmente sono anche fruttuosi. Questione di scelte.
Grinta ma non a sufficienza
A suo fianco nel mezzo della retroguardia c’è Federico Gatti. Era stato escluso dall’undici iniziale contro l’Inter per essere poi chiamato in causa solo nel finale di partita. Molti avrebbero voluto vederlo in campo dal primo minuto per sfruttare al meglio la sua arrembante fisicità contro gli attaccanti nerazzurri.
Thiago Motta lo ripropone contro gli emiliani, forse sperando che trasmetta ai compagni la sua proverbiale rabbia agonistica. In realtà, però, la sua grinta da duro dell’area di rigore non è sufficiente per intimorire gli avversari. Che, al primo duello aereo, lo sovrastano nello stacco e piazzano la rete del vantaggio.
E si permettono anche il lusso, poi, di doppiarlo in velocità in alcuni uno contro uno. A vederlo in azione molti hanno rimpianto le puntuali chiusure difensive di Kalulu. Ma la maglia da titolare era sulle sue spalle, non su quelle del francese. Questione di scelte.
Squilli sulla fascia
Chi eravamo sicuri, invece, di rivedere all’opera, era Francisco Conceição. L’ex bomber bianconero Christian Vieri ha affettuosamente fatto notare al padre Sergio (suo compagno ai tempi della Lazio) quanto suo figlio sia più bravo di lui nel compito di esterno offensivo.
E, in effetti, il giovanotto, dopo aver fatto a fette la difesa interista tre giorni fa, si è esibito anche stasera nelle sue proficue scorribande sulla fascia. Ogni volta che gli arriva la sfera e punta l’uomo sembra di avvertire lo squillo di una tromba che invita all’assalto. I compagni lo cercano ogni volta che gli è possibile, gli avversari cercano di raddoppiarlo all’istante.
E lui, nove volte su dieci, riesce comunque a sgusciare via e a trovare il corridoio giusto per piazzare l’assist. Se va male ne esce fuori un corner o una punizione. Se va bene la rete avversaria si gonfia, come nel caso del secondo gol, a firma Timothy Weah.
Imbeccato alla perfezione da una vertiginosa incursione dell’estroso figlio d’arte, ormai prima opzione dell’allenatore per il ruolo. Questione di scelte.
L’uomo dell’ultima mezz’ora
E, quando l’orologio dello stadio si appresta a fare il sessantesimo giro, scocca l’ora di Kenan Yildiz. I 30 minuti scoppiettanti di San Siro, con annessa spettacolare doppietta, gli hanno cucito addosso l’etichetta di “uomo dell’ultima mezz’ora”.
Non sono mancati neanche i commenti maligni di chi lo ritiene un “giocatorino”, più bello da vedersi che utile alla causa e provvisto di una autonomia limitata. Il mister, in ogni caso, gli ha ritagliato su misura questo compito e non ha timore di affidarsi al suo talento per sbloccare situazioni difficili. Lui entra quando le squadre hanno due gol a testa (il primo dei bianconeri è un colpo di testa di Wes McKennie) e prova a far pendere la bilancia dalla parte dei suoi.
La sua missione è quella di insinuarsi tra le linee, prendere il tempo al marcatore e stuzzicare l’eterna fame da gol di Dusan Vlahovic con allettanti inviti alla conclusione.
O, in alternativa, partecipare al banchetto in prima persona. Ma le sue veroniche, stavolta, non consentono né a lui né ad altri di chiudere la serata in gloria. Ci riproverà di certo, il numero sulle spalle non lascia dubbi sul suo destino. Né sulle decisioni di chi gli consegna le chiavi della squadra. Questione di scelte.
(Foto: DepositPhotos)